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 2009  agosto 18 Martedì calendario

DOMANDE E RISPOSTE A

cosa servono i grandi gasdotti?-

South Stream e Nabucco sono gli unici progetti di maxigasdotti per risolvere il problema dell’approvvigionamento europeo?
No, ci sono anche Galsi, Igi, TransAdriatico per parlare di altri tre progetti allo studio per portare sempre più «oro azzurro» in Italia. Insomma, una ragnatela di tubi per soddisfare la domanda di gas che, archiviati i rallentamenti dell’ultimo anno e mezzo (causa recessione economica), è prevista in aumento.
Quanto crescerà la domanda in Europa e in Italia?
Il dato da cui molti analisti partono è il «buco» da 100 miliardi di metri cubi di gas che si verrà a creare nei prossimi anni a causa dei cali produttivi in Europa. Oggi come oggi un po’ meno della metà del fabbisogno europeo annuo di gas - circa 600 miliardi di metri cubi - è coperto da produzioni (soprattutto offshore) di Paesi del Nord Europa (Gran Bretagna, Norvegia) che in parte si vanno estinguendo o che sono sempre meno economicamente vantaggiose. Per quanto riguarda l’Italia la quota del 10% di fabbisogno nazionale (un po’ più di 8 miliardi di metri cubi di gas) prodotta nel Belpaese da anni non cresce ma scende. Le previsioni immaginano che dagli attuali 250 miliardi di metri cubi annui di gas estratti in varie aree europee si passerà in meno di due lustri a 150 miliardi: un taglio secco di 100 miliardi di metri cubi che dovranno a quel punto essere rimpiazzati da gas proveniente da Paesi extraeuropei. E’ in questo contesto che si colloca la guerra per accaparrarsi le future commesse: da una parte il colosso tra i colossi dell’oro azzurro, la Russia, primo produttore mondiale con oltre 600 miliardi di metri cubi annui (in gran parte garantiti dalla Gazprom), dall’altra una schiera di Paesi composti, dall’Iran (secondo produttore mondiale) al Turkmenistan, dal Kazakistan all’Uzbekistan, dalla Nigeria all’Algeria.
Il campanello d’allarme, in Europa, suona nell’inverno del 2006, l’inverno del possibile blackout?
 nell’inverno del 2006 che Gazprom (pretendendo un adeguamento del prezzo del gas da 50 a 230 dollari per ogni mille metri cubi) taglia le forniture all’Ucraina, Paese che da sempre vive grazie al gas dell’ex grande fratello sovietico, e il taglio causa una forte riduzione del flusso verso l’Ue. Il braccio di ferro si chiude con un accordo ma il contenzioso si riapre un anno esatto dopo e poi di nuovo nell’inverno 2008 e 2009. Da qui la decisione di Mosca di accelerare la progettazione di nuovi gasdotti - il Nordstream verso la Germania e il South Stream verso Austria e Italia - che evitino l’attraversamento dell’Ucraina.
Quindi per l’Italia, gasdipendente al 90%, la scelta è obbligata: gas russo o gas algerino?
Per anni non c’è stata scelta. Scartata l’idea (fatta sua, per esempio, dal Giappone) di puntare anche su rigassificatori e cioè su impianti che consentissero di riportare allo stato aeriforme il gas temporaneamente liquefatto per consentirne il trasporto via nave, per anni la politica di importazione di gas in Italia è marciata in parallelo alle grandi direttrici strategiche dell’Eni fin dai tempi di Enrico Mattei: Russia, Algeria e Paesi del Nord. Una strategia che ha portato alla costruzione dei grandi gasdotti esistenti come il Tag, 1140 chilometri che portano in Italia (attraverso Austria, Slovacchia e Ucraina) 37 miliardi di metri cubi all’anno, o come i 1500 chilometri complessivi di tubi che (attraverso il Ttpc e il Trasmed) portano in Sicilia, via Tunisia e via Canale d’Otranto, gli oltre 33 miliardi di gas naturale algerino. Più vecchi i tubi del gasdotto Tenp, 1000 chilometri che attraversano Germania e Svizzera per portare in Italia gas olandese, e quelli del gasdotto Transitgas, altri 291 chilometri per far arrivare gas norvegese. Più recente (l’entrata in esercizio è il 2004) è l’ultimo gasdotto che collega l’Italia ai giacimenti libici di Wafa e Bahr Essalam: Libia dopo Russia e Algeria, per ora una capacità di trasporto di 8 miliardi di metri cubi all’anno quella dell’impianto che collega la libica Mellitah alla siciliana Gela destinata nei programmi a salire a 11 miliardi di metri cubi entro il 2012.
Un approvvigionamento Eni-dipendente e la concorrenza?
Indubbiamente un monopolio «storico» quello dell’import di oro nero e di oro azzurro del Cane a sei zampe, negli ultimi anni messo però in discussione dall’Autorità dell’Energia ma anche da un nuovo attivismo di gruppi concorrenti - soprattutto Enel ed Edison - decisi a inserirsi in modo sempre più importante nel mercato del gas italiano. Ed è proprio da società nelle quali sono soci Enel ed Edison che sono arrivati due nuovi progetti di gasdotto che potrebbero vedere l’avvio tra il 2012 e il 2013: il Galsi, 900 chilometri di tubi per oltre 600 chilometri sotto il mare, che porterà in Sardegna e dalla Sardegna a Piombino non meno di 8 miliardi di metri cubi di gas algerino, e l’Igi, 800 chilometri di lunghezza, che porterà in Puglia (ad Otranto) altri 8 miliardi di metri cubi di gas proveniente - via Turchia - dal Mar Caspio e dal Medio Oriente.