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 2009  agosto 18 Martedì calendario

«AL QAEDA DISTRUGGER HAMAS A GAZA»

L’appuntamento è fissato per mezzanotte, quando le strade di Gaza City sono deserte e le macerie, il ricordo dell’ultima grande offensiva israeliana, restituiscono un’atmosfera spettrale. Il luogo dell’incontro è un appartamentoin un palazzo nel campo profughi di Jabalia, a mezz’ora dalla città. Si attraversano tre check- point di Hamas, poi si cambia vettura. A bordo vi sono due uomini.L’auto adesso percorre strade secondarie per aggirarli.
Dopo dieci minuti occorre farsi bendare gli occhi, consegnare i cellulari.
L’intermediario avverte: «Meglio non iniziare con domande scomode, è gente pericolosa e non abituata ai giornalisti ». Una volta tolta la benda, tre uomini seduti, con il volto coperto da una kefiah, ci attendono nella stanza. Non stringono la mano; al centro il leader, ai lati due miliziani. «Siamo l’organizzazione Kataeb el Tawheed (noti come anche come brigate del tawhiid, Ndr ),
seguiamo i precetti del vero Islam», esordisce il leader. Il suo nome di battaglia è Abu Abdhallah.
Quando è nata la vostra organizzazione? «Quattro anni fa, ma da allora siamo cresciuti, anche se siamo ancora in fase di costruzione, per questo dobbiamo nasconderci». Qual è il vostro obiettivo? La risposta è immediata. «Rovesciare Hamas e instaurare un califfato islamico nella striscia di Gaza. E poi, con l’aiuto di Allah e dei nostri fratelli, estenderlo nei luoghi dove vivono i seguaci della nostra ideologia. Il califfato sarà poi allargato non solo ai paesi musulmani ma anche a tutto il mondo. La democrazia è contro l’Islam».
Lo dice con sicurezza, quasi fosse un’impresa a portata di mano. Un miliziano gli aggiusta la kefiah affinché la parte del viso scoperta non sia troppo evidente. Eppure nello spiraglio che lascia intravedere gli occhi ”da cuisprizza un misto di diffidenza e di odio - si percepisce la loro giovane età. Abu Abdhallah dice di avere 26 anni, e di far parte del gruppo da quattro.
«Hamas ”continua-ha piùa cuore la sicurezza degli ebrei che quella dei palestinesi. Hamas è come Fatah. Entrambi sono nostri nemici». Della cellula si sa ben poco. Fa parte dell’esercito dell’Islam, che secondo lo Shin Bet, i servizi interni israeliani, sarebbe «un’estensione operativa di alQaeda a Gaza».
Il nome del gruppo è stato diffuso in occasione di alcuni scontri con l’esercito israeliano ed è saltato alla ribalta delle cronache quando, secondo i media, orchestrarono a Gaza, nel giugno del 2008, un attentato contro l’ex presidente Usa Jimmy Carter. Attentato sventato dai servizi di Hamas.
Di questi gruppi, che si dichiarano salafiti, ve ne è più di uno: JalJalaat, Jund Ansar Allah e altri. Spesso cambiano nome, identificarli è difficile.
Vi considerate parte di alQaeda? «Siamo sulla stessa strada, come i nostri fratelli Shebaab in Somalia, (secondo gli Usa una ramificazione di alQaeda, Ndr ), come Ansar al Sunna in Iraq o i combattenti dell’Afghanistan», precisa Abu Abdhallah.
Il suo estremismo si spinge al paradosso, fino a definire nemici organizzazioni ben più potenti, che con loro peraltro condividono l’obiettivoprincipe: la lotta contro Israele. Come il movimento sciita Hezbollah. «Sono contro di noi. Sono sciiti, quindi sono sulla strada sbagliata, contraddicono lo spirito della sharia» spiega Abu Abdhallah. Una posizione così radicale da aver spinto Hamas, certo un movimento non moderato, ad arrestarne parecchi già in passato. Abu Abdhallah racconta di essere stato in prigione, torturato e poi rilasciato. «Arrestarono 30 combattenti di cellule simili alla nostra. Alcuni di noi sono ancora in carcere».
Ma quanti sono i loro guerriglieri? «Noi siamo uno dei due maggiori gruppi salafiti di Gaza ». Quanti siete precisamente? Risponde controvoglia: «Qualche decina. La nostra cellula non meno di 80. Io sono uno dei leader. Abbiamo basi dal nord al sud della striscia. In tutto siamo centinaia di miliziani salafiti, e saremo presto migliaia. Ogni gruppo però è autonomo. Temiamo che vi siano infiltrati di Hamas in alcuni gruppi o dell’intelligence israeliana. Stiamo ancora facendo delle verifiche prima di unirci insieme, il passo che rappresenterà la svolta».
Quando si passa all’argomento armi, il leader del gruppo le elenca con naturalezza. «Razzi Rpg, kalasnikov, ordigni esplosivi, mine, ma siamo addestrati a tutto, anche al martirio ». Armi dunque rudimentali. E dove le prendete, visto che dovete condurre una vita da segregati per sfuggire alla caccia di Hamas? «A Gaza è più semplice di quanto si pensi, si acquistano dai contrabbandieri via tunnel ». E chi vi finanzia l’acquisto di armi, chi vi sostiene? «Qualche donazione l’abbiamo ricevuta da amici all’estero. Per il resto riceviamo offerte dalla nostra gente». Il dato più preoccupante, confermato però da altre fonti, è come si siano ingrossate le loro fila. Anche perché se è vero che transitare per i tunnel al confine con l’Egitto è ora più difficile, chi ci riesce lo fa comunque sotto lo stretto controllo di Hamas. «Semplice; 800 guerriglieri provengono dalla brigate Ezzedin al Qassam (il braccio armato di Hamas,
Ndr ). Le hanno abbandonate perché non condividevano più la loro ideologia».
Se fosse vero, sarebbe un segnale inquietante per il movimento islamico. Il punto di forza di Hamas è sempre stato la sua compattezza, la sua disciplina. In questo modo l’ala politica ha vinto le elezioni palestinesi nel gennaio 2006, in questo modo la sua ala militare ha spazzato via le forze di sicurezza di Fatah in soli cinque giorni, divenendo nel giugno del 2007, padrone assoluto di Gaza.
La versione di Hamas è un’altra. «I media internazionali hanno travisato la notizia, hanno esagerato. una manovra dettata dall’intelligence dei paesi nemici», ci spiega il maggiore Islam Shahwan, portavoce delle forze di polizia di Hamas. Eppure nemmeno lui nega la presenza dei gruppi estremisti, di ideologia qaedista, e questa è già una notizia. «Confermiamo la loro esistenza, ma si tratta di piccoli gruppi. Non sono per nulla in grado di minacciare l’integrità di Gaza». Quasi a sminuirne la pericolosità, li definisce «adolescenti »; «abbiamo cercato di curarli ideologicamente» aggiunge. Eppure anche in questo caso il maggiore riconosce che, negli ultimi tempi, qualche membro di Ezzedin ha lasciato l’organizzazione. «Si tratta solo di qualche decina – minimizza- che sono stati espulsi da noi perché non avevano rispettato le regole».
Dopo due ore di conversazione l’impressione è di avere a che fare con gente fanatica. «Per Hamas sono un bel mal di testa» è la definizione di un politico locale. Prima di congedarci e percorrere a ritroso l’itinerario, inclusa la benda sugli occhi e il cambio macchina, il salafita avverte: «Dobbiamo solo avere pazienza, ma l’inizio della fine sarà il collasso dell’Arabia Saudita. Non è lontano ».