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 2009  agosto 18 Martedì calendario

AFGHANISTAN, PUR DI VINCERE LE ELEZIONI KARZAI SI AFFIDA AI "SIGNORI DELLA GUERRA"


«Lo faccio per salvare l’unità del Paese». Messo sotto accusa dagli sfidanti Ramazan Bashadost e Ashraf Ghani Ahmadzai per i suoi patti con i "signori della guerra", Hamid Karzai barcolla ma non va al tappetto. Nell’unico scontro Tv tra candidati andato in onda domenica sera, a quattro giorni dal primo turno delle presidenziali, il presidente rivendica le discutibili amicizie che dovrebbero assicurargli la conferma al vertice del potere afghano. Fin qui anche i partner occidentali hanno chiuso un occhio di fronte all’audace mosaico di alleanze costruito per le elezioni, dalla poltrona di vice affidata al capo-clan tajiko Mohammed Qasim Fahim all’accordo con Ismail Khan che "copre" l’area di Herat. Ma il ritorno sulla scena del Generale Abdul Rashid Dostum, tornato domenica in patria dall’esilio turco, non poteva passare sotto silenzio. Perché Dostum è al contempo il più sanguinario e il più voltagabbana dei grandi signori feudali che hanno seviziato l’Afghanistan negli ultimi trent’anni. E potrebbe essere lui a dare i voti decisivi a Karzai, quelli dei "suoi" uzbeki, in cambio di nuove posizioni di potere e fette di territorio.
Sembrava fondata la speranza di aver finalmente consegnato il truce Generale alla Storia, in attesa di farlo processare per crimini di guerra. Il più imbarazzante dei quali sarebbe stato commesso quando Dostum collaborava con la "coalizione di volenterosi" guidata dagli Usa. Era fine novembre 2001 e gli uomini di Dostum presero in consegna i talebani che si erano arresi in massa a Kunduz. I prigionieri furono accatastati l’uno sull’altro in dei container per essere trasferiti al carcere di Shenerghan a overt di Mazar-e-Sharif. In quei container morirono soffocati a migliaia - uccisi deliberatamente secondo diversi testimoni che parlano anche di corpi crivellati da proiettili. Le prime accuse risalgono al 2002 ma - secondo un’accurata inchiesta pubblicata recentemente del New York Times - l’amministrazione Bush ostacolò i tentativi di far luce sulla vicenda. Perché Dostum era allora sottosegretario alla difesa oltre che signore e padrone di una buona parte dell’Afghanistan settentrionale. Non era opportuno destabilizzare le neonate istituzione democratiche guidate da Hamid Karzai. Quando la vicenda è riemersa nei mesi scorsi, Obama ha annunciato che «stiamo raccogliendo le prove per fare luce e appurare le responsabilità».
Dostum fino a domenica era de facto in esilio in Turchia da oltre un anno, dopo essere stato accusato di aver fatto sequestrare il rivale Akbar Bai. Processarlo non si poteva perché - come ammise l’allora procuratore generale afgano Abdul Jabbar Sabit - «sette o otto province settentrionali potrebbero sprofondare in una guerra civile se qualcuno si azzardasse a torcere un capello di Dostum». Già riuscire ad allontanarlo era stata un’impresa. Durata poco. Dostum lasciò il Paese che era Capo dello staff militare del presidente Karzai. E Karzai a giugno gli ha riconsegnato discretamente la poltrona, prima di accoglierlo nuovamente a Kabul.
Dostum è pronto per l’ultima giravolta di una carriera iniziata da militare filo-sovietico e difensore del regime di Najibullah. Fino alla vigilia della caduta di Kabul quando passa con la sua milizia al nemico, giusto in tempo per occupare la capitale in compagnia del comandante mujahedin Massoud. alleato di Massoud contro gli uomini di Gulbuddin Hekmatyar, poi con Hekmatyar contro Massoud, di nuovo con Massoud e Rabbani contro i talebani e infine al vertice dell’Alleanza del nord con i liberatori venuti dall’ovest. Un paio di anni fa - scettico di fronte alle operazioni militari della Nato - ha assicurato che «se mi lasciamo mettere in piedi un esercito di 10.000 veterani faccio fuori i talebani in sei mesi». Ora torna per riprendersi il suo, portando in dote il voto del suo popolo.
Gli americani non lo vogliono, l’ambasciata a Kabul comunica che Washington «ha espresso la sua seria preoccupazione per un possibile incarico di governo a Dostum» segnalando che la sua reputazione « solleva la questione delle sue responsabilità riguardo a massicce violazioni dei diritti umani». Per il portavoce Onu a Kabul «l’Afghanistan ha bisogno di più politici competenti e meno signori della guerra». Ma possono poco o nulla di fronte alle regole del gioco afghane. Tanto più alla vigilia del voto.
Del resto neanché il nuovo, "misogino" diritto di famiglia della comunità sciita ha smosso le cancellerie d’occidente. Ad Aprile la bozza di legge che condonava lo stupro matrimoniale ha suscitato una tale riprovazione all’estero da costringere Karzai a fare retromarcia. Dopo un paio di ritocchi cosmetici però la legge a fine luglio è stata promulgata. «Karzai ha venduto le donne afghane» in cambio del sostegno degli strati più oscurantisti, accusa l’ong "Human Rights Watch", che per prima ha denunciato l’operazione. probabile che così il presidente si sia accaparrato un pingue pacchetto di voti tra gli sciiti hazara (15% della popolazione). E questa volta però, stando alle fonti del Times, Stati Uniti e Gran Bretagna avrebbero fatto sapere alla riunione dei Paesi donatori che non intendono protestare rumorosamente. Le elezioni presidenziali sono alle porte. Meglio non disturbare il conducente.