Ferruccio Sansa, La Stampa, 18/8/2009, 18 agosto 2009
LA GANG DI ANZIANI CHE ORDINAVA I FURTI AL MARKET - Sì
quelli nella foto siamo noi», Ugo ha 96 anni, la faccia segnata da rughe che sembrano tagli di coltello e le dita spesse di un uomo che ha lavorato tutta la vita. Si passa una fotografia tra le mani e gli occhi gli si riempiono di lacrime. Davanti a lui un’immagine scattata dai carabinieri di Portoria a Genova. «Che cosa volete... io con la pensione non ce la faccio, non riesco a mangiare. E poi non lo sapevo che prendere quella roba, caffè, pane, pinoli, era un reato. Non me lo sarei mai aspettato, io che ho passato tutta la vita a lavorare, a pagare le tasse, trovarmi a novant’anni e passa nei guai con la giustizia».
Neanche il maresciallo Francesco Lo Vecchio se lo aspettava che l’indagine finisse così, con tre romeni arrestati e altri sei indagati per associazione a delinquere finalizzata al furto, ma soprattutto con quindici anziani, pensionati tra i 65 e i 96 anni, che dovranno rispondere di ricettazione o, nella migliore delle ipotesi, di incauto acquisto.
La sorpresa
Gli anziani facevano la lista della spesa e i giovanotti andavano nei supermarket a «rifornirsi» per poi rivendere la merce a metà prezzo. Due diverse povertà, ma alla fine erano tutti contenti. E pensare che il maresciallo Lo Vecchio credeva che questa fosse un’indagine come tante, cominciata per scoprire una banda che ripuliva i supermercati. Lo Vecchio è uno che nel suo lavoro vuole andare fino in fondo, ma alla fine ha scoperto una realtà che fa male. Anche a lui e ai suoi uomini, perché la giustizia è uguale per tutti. Così gli investigatori hanno piazzato una telecamera in piazza Giuseppe Verdi, proprio davanti alla stazione Brignole per scoprire a chi finivano quei sacchi pieni di refurtiva che i romeni raccoglievano nei grandi magazzini.
Ma davanti alle prime immagini, neanche i carabinieri hanno creduto ai loro occhi: a ricevere la merce erano i pensionati che si ritrovano in questo parco spelacchiato, aiuole malconce, piccioni che ti volano tra i piedi, alberi nutriti a traffico e smog. Poi qualche panchina dove si raccolgono gli sbandati e gli anziani del quartiere. E’ cominciato proprio così, difficile dire chi abbia fatto la proposta indecente, se i rumeni che anche loro non se la passavano bene oppure gli anziani con la borsa della spesa vuota.
L’accordo
Ugo e i suoi amici la raccontano in questo modo: «Andavamo ai parchi, per non stare soli, per vedere i pochi amici che mi sono rimasti. Poi abbiamo incontrato quei ragazzi... ci portavano la roba e ce la facevano pagare la metà, a noi bastava. Non immaginate che fatica facciamo per andare a fare la spesa... devi prendere l’autobus, camminare con le borse pesanti, invece i rumeni ci portavano tutto». Ma non è soltanto questo, c’è un altro nodo ancora più difficile da confessare: «Con cinquecento euro non riusciamo ad arrivare a fine mese. Abbiamo fame, capito? Così alla fine ci siamo messi d’accordo». Sono arrivate le prime ordinazioni. Le merci più richieste: pane, caffè, legumi, pasta, pinoli e basilico per il pesto. Ma qualcuno si è tolto anche qualche sfizio come il salmone, «perché a fare questa vita di stenti, quando pensi che non hai tanti anni davanti, decidi di concederti un bel pesce, come la gente normale». Beh, qualcuno forse si è fatto prendere la mano, ha chiesto una boccetta di profumo o piccoli elettrodomestici, magari un telefonino per chiamare i figli in vacanza. E la voce si è diffusa, il parco sgangherato si è trasformato in un bazar.
I romeni eseguivano con «professionalità»: entravano al Basko di via Barabino e alla Standa di via Cecchi, in pieno centro, e indossavano sotto i vestiti un costume intero da donna, poi lo riempivano con una spesa da cinquecento euro che alle cassiere sembrava una normale pancia. Poi di corsa al parco dove mollavano la refurtiva dietro una siepe. Dopo un attimo arrivavano i pensionati e riempivano le borse.
La verità nascosta
Così i carabinieri hanno dovuto fare il loro lavoro, anche se con disagio, perché mettere a verbale queste storie è dura. Non è facile ascoltare una donna di settant’anni che singhiozzando si strofina le mani sulle gambe secche, sulla gonna lisa: «Spero soltanto che non lo venga a sapere la mia famiglia», si sfoga e poi si guarda intorno come se potesse essere vista: «... e i vicini, mio Dio. E’ tutta la vita che sono una persona per bene, che vivo dignitosamente. Che cosa avrebbe detto mio figlio se gli avessi detto che alla mia età sono povera?». Quindici storie così, come quella di una donna di 67 anni che si difende: «Mia madre è viva, ma la sua pensione di invalidità è una miseria. Che cosa devo fare?».
Chissà come finirà. Nei corridoi del Tribunale, nella caserma dei carabinieri sospirano dispiaciuti quasi quanto gli anziani. Ma la Giustizia è lenta, potrebbe arrivare la prescrizione o magari si potrebbe decidere di non perseguire i pensionati e di limitarsi a segnalarli ai servizi sociali.
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