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 2009  agosto 17 Lunedì calendario

LE ALLEANZA PERICOLOSE CON I SIGNORI DELLA GUERRA


KABUL – Incognita maggiore resta la violenza, il peso delle minacce talebane contro i seggi e chiunque si recherà a vo­tare. A primavera gli stessi ufficiali della Nato paventavano che forse addirittura nel 40% del Paese la guerriglia avrebbe imposto il suo diktat. Ora si limitano ad un più sobrio 8-10%, soprattutto nelle zo­ne desertiche delle province di Kan­dahar, Helmand, Kunar, Lowgar, Wardak e Ghazni.

Ma a condizionare i risultati delle pre­sidenziali del 20 agosto emergono molti altri fattori. «La sfiducia nell’apparato sta­tale; la corruzione imperante nell’ammi­nistrazione pubblica; la crescita della cri­minalità; il ritorno dei vecchi signori del­la guerra ora alleati con Hamid Karzai», li riassume Aharoun Mir, direttore del «Centro afghano per la ricerca e lo studio della politica» a Kabul. A detta di Saad Mohseni, giovane direttore di Tolo , la più popolare tv privata, conseguenza di tutto ciò è la ricaduta dell’Afghanistan nei tempi bui del passato. «Quando vie­ne a cadere l’autorità statale, la polizia è corrotta, gli ospedali non funzionano, mancano le strade, i tribunali non garan­tiscono la certezza della pena e l’econo­mia ristagna, inevitabilmente la popola­zione chiede protezione agli antichi siste­mi di organizzazione sociale, che qui so­no le appartenenze etniche, le tribù e la famiglia. I talebani prendono il posto dello Stato. triste dirlo, ma que­ste presidenziali sono molto più condizionate dal fattore etnico-tribale che non quelle dell’ottobre 2004 o delle parlamentari nell’estate 2005», sostiene amaro.

Tra tante incertezze, ecco alcuni dati si­curi resi noti dalla Commissione Parla­mentare afghana. « importante notarlo, tra i fatti positivi: nel passato furono l’Onu e le truppe della coalizione Usa-Na­to- Isaf a organizzare il voto. Questa volta sono gli afghani, con il nostro sostegno esterno per le questioni legate alla sicu­rezza », dice l’ambasciatore Fernando Gentilini, rappresentante civile della Na­to presso il governo afghano. Sono state approntate circa 6.500 stazioni di voto per 16,7 milioni di elettori già registrati, 41% donne (su una popolazione di circa 28 milioni, composta per il 68% da cittadi­ni con meno di 30 anni). I candidati presi­denziali sono 36, tra cui 2 donne. «Ma queste non hanno alcuna possibilità di successo. Sono in lista solo perché piace agli occidentali», sostengono in tanti. Si voterà anche per il rinnovo dei 34 Consi­gli Provinciali: 3.324 candidati, di cui 342 donne. Nel 2005 erano stati 3.200, com­prese 286 donne.

L’opinione più diffusa è che Karzai venga rieletto, però in seconda battuta e con una molto minore affluenza alle ur­ne. L’altra volta lo scrutinio era stato a Ka­bul e nei centri provinciali, ora la prima conta dei voti avverrà ai seggi. L’annun­cio ufficiale dei risultati è previsto per il 7 settembre. Gli ultimi sondaggi danno Karzai vincente con il 45% delle preferen­ze, se dovesse registrarsi una partecipa­zione simile alla precedente, che fu di cir­ca il 74% degli iscritti. La legge elettorale prevede però la necessità della maggio­ranza del 50 più uno. L’ultima volta otten­ne il 54. Se la previsione è confermata, ora si dovrebbe dunque andare al ballot­taggio, previsto i primi di ottobre.

Un periodo elettorale molto lungo quindi, con la possibilità di gravi scontri interni. Le accuse di brogli, già nell’aria, rischiano di delegittimare l’intero proces­so democratico. Karzai ha trascorso alti e bassi da cardiopalma negli ultimi mesi. Dato vincente ai tempi dell’amministra­zione Bush, ha vissuto come un tradi­mento il primo periodo della presidenza Obama. Ed è allora che si è dimostrato un disincantato stratega, tessendo una lunga serie di alleanze con i più contro­versi «signori della guerra», che incarna­no gli anni sanguinosi dello scontro civi­le. Convinto che in Afghanistan trionfi l’antico detto per cui «solo un pashtun può governare con successo», Karzai ha dunque scelto come primo vice presiden­te Mohammad Qasim Fahim, il generale tagiko imputato della morte di migliaia di civili durante la guerra tra milizie mujaheddin negli anni ”90. Altra alleanza molto criticata, quella con il generale uz­beko Abdul Rashid Dostum, responsabi­le tra l’altro dell’eccidio a sangue freddo di centinaia di prigionieri talebani nella piana di Mazar El Sharif nel 2001.

Secondo stime ufficiose del 2004 e rite­nute credibili dalla Cia, il 42% degli afgha­ni sono di etnia pashtun, seguiti dal 27 di tagiki, 9 hazara, 9 uzbeki, 3 turcomanni e 2 baluchi. La base elettorale di Karzai è anche incentrata tra i pashtun di Kan­dahar, dove però ora dominano i taleba­ni. Il presidente uscente ha dunque biso­gno di rafforzare le alleanze con le altre etnie, a qualsiasi prezzo. Mossa che sem­bra pagare. Il diretto avversario, l’ex mini­stro degli Esteri dell’Alleanza del nord, il tagiko Abdullah Abdullah, è al 25% delle preferenze. L’altro sfidante, Ashraf Gha­ni, è fermo al 5. Nelle ultime ore i due contendenti principali hanno cercato di ingraziarselo. Ma Ghani incontrandoci nella sua abitazione chiarisce subito: «Correrò da solo. Nessun altro merita la mia alleanza».