Paolo Stefanato, il Giornale 13/8/2009;, 13 agosto 2009
«CON WILD TURKEY CAMPARI E’ PIU’ GLOBALE»
Padre austriaco, madre italo maltese, nonno italiano; è nato in Turchia, si è laureato negli Stati Uniti, ha passaporto austriaco e abita a Milano. Vive tra i liquori dall’infanzia, perchè il nonno maltese possedeva un’azienda di spirits a Istanbul che cinquant’anni fa aveva stretto un accordo con la Cinzano. Bob Kunze-Concewitz, 42 anni, dal 2005 è amministratore delegato del gruppo Campari, cui appartiene - i casi della vita - anche il marchio Cinzano. Ha continuato la politica di espansione e di acquisizioni: l’ultima operazione, messa a segno in primavera e che ora sta andando felicemente a regime, è la conquista del bourbon Wild Turkey: pagato 575 milioni di dollari alla Pernod Richard, va ad aumentare i ricavi di 100 milioni di euro all’anno e, soprattutto, porta in dote molte potenzialità: «Erano anni che cercavamo un bourbon per arricchire il nostro portafoglio; siamo stati anche sul punto di lanciare un marchio nostro».
Poi si è creata questa opportunità.
«Wild Turkey è il numero uno al mondo nella fascia premium, ha un margine alto, genera molta cassa e appartiene a una categoria in crescita. Abbiamo aumentato la quota di mercato dal 2,2% al 2,5% negli Stati Uniti, dove avere massa critica è importante per trattare con i distributori. L’acquisto di Wild Turkey è diventato operativo il 1º giugno e ci siamo dati 12 mesi per studiarne tutte le potenzialità di crescita: oggi le sue vendite sono concentrate per il 97% negli Stati Uniti, in Giappone e in Australia, è chiaro che le prospettive di espansione sono enormi».
Gli Stati Uniti per voi sono un grande mercato.
«Col dollaro ai livelli attuali, pesano per il 25% sul nostro fatturato. Oggi negli Stati Uniti abbiamo un’offerta di whisky completa».
Per l’acquisto di Wild Turkey avete aumentato il vostro indebitamento.
« vero: oggi il rapporto con il margine lordo è di 2,6, ma le garanzie che abbiamo sono più capienti, fino a 3,5. Contiamo comunque di portare il debito a 2 volte l’Ebitda grazie alla generazione di cassa. Anche per questo nei prossimi 12-18 mesi non prevediamo acquisizioni di queste dimensioni».
La vostra cultura è quella di un’azienda prudente.
«Lavoriamo con lo sguardo sul lungo termine, non al trimestre. Abbiamo strategie semplici, chiare, coerenti. Quindici anni fa eravamo un’azienda quasi monomarchio e monopaese, con l’Italia che rappresentava il 75% dei ricavi...».
Poi è venuta la stagione delle acquisizioni.
«Sì, il fatturato da allora è quadruplicato fino a quasi un miliardo, e per il 55% è fatto fuori dall’Italia. Metà è stata crescita organica: il brand building è il nostro pane quotidiano, investiamo mediamente in marketing e pubblicità il 18,5% del nostro giro d’affari. Metà con acquisizioni, facilitate dalla redditività e dal forte cash flow: questo ci ha permesso una grossa operazione come Wild Turkey in un momento di crisi mondiale. Ma siamo un’azienda conservativa, i nostri rischi sono ben calcolati».
Il calo dei consumi alcolici è un rischio?
«I consumi sono rallentati, ma nei mercati chiave crescono ancora dell’1,5-3%, rispetto al precedente 5-7%. In tutti i Paesi la nostra performance è sempre migliore della media. Il mercato italiano cala del 3,8% nel semestre, Campari dell’1,2: ma il segmento degli aperitivi, nel quale siamo i leader, è in espansione».