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 2009  agosto 17 Lunedì calendario

LE VACANZE SPECCHIO DEI PRESIDENTI


La ragione per cui Barack Obama passerà le vacanze a Martha’s Vineyard - isola celebre ed elitaria della costa Nord degli Stati Uniti, una scelta che già gli si contesta da destra e da una parte della sinistra - saprebbe forse raccontarla meglio di tutti Stephen L. Carter, professore di legge all’Università di Yale, uno dei grandi intellettuali neri americani, indicato nel gruppo dei cinquanta leader del nuovo millennio. Senza personaggi come Carter, e come il professor Gates - proprio quello dell’arresto e della birra riconciliatoria - forse il fenomeno Obama non si sarebbe mai nemmeno materializzato.
Carter è figlio di quella borghesia nera colta, ricca, autorevole che negli anni ha costruito, fianco a fianco ai bianchi, la nuova élite americana. Una élite che con i bianchi ha ormai già una condivisione di anni di certezze, orgogli, riti e potere. Questa condivisione è stata raccontata proprio da Carter in un romanzo scritto nel 2002, molto prima dunque che il fenomeno Obama si affacciasse sul palcoscenico della politica americana. Il libro, che ebbe enorme successo, si chiama The Emperor of Ocean Park, ed è un romanzo a chiave sotto forma di giallo, ambientato a Martha’s Vineyard.
Proprio Martha’s Vineyard, il luogo prescelto da Barack Obama, appunto. L’identità «nera» di Martha’s Vineyard è finita negli anni seppellita sotto la prepotente retorica della mistica dei Kennedy, che in queste zone hanno il quartier generale delle loro vacanze, il loro Camelot privato. Ma, per una storia iniziata qualche secolo fa da una donna che è stata la prima proprietaria terriera di colore e il cui figlio è stato l’unico capitano di colore di una baleniera, anche i neri qui hanno sempre avuto un loro particolare rifugio: qui ha nuotato Martin Luther King, qui si sono ritrovate generazioni di politici e artisti di colore, fra cui oggi Spike Lee, Vernon Jordan e anche il professore aggredito Henry Louis Gates Jr. In mezzo a tutte le polemiche e agli insuccessi di questo inizio d’estate, Obama costruisce dunque queste sue vacanze come un ennesimo omaggio alla storia del suo mondo. Che sia poi un mondo di élite bianca e nera, che include i Kennedy e i King, come i due presidenti Ulysses S. Grant prima e Bill Clinton poi, è esattamente lo specchio di quello che sta succedendo oggi in America.
Non è una novità, tuttavia, questa scelta presidenziale - è anzi in perfetta continuità con tutti i suoi predecessori. Le vacanze come una confessione, apparentemente inconsapevole, di quel che si vuole essere, sono infatti uno dei grandi giochi di specchi della vita politica americana. l’esibizione pura del privato, un finto nascondersi, parte essenziale della costruzione della propria narrativa.
Al punto che sarebbe possibile tracciare un vero e proprio itinerario psicologico e intellettuale della leadership di quel Paese, attraverso i luoghi e le abitudini delle ferie di tutti coloro che lo hanno guidato. L’identità è il centro di questa narrativa. Obama e Clinton, uomini di classe media, senza radici familiari forti, cioè senza storiche case di vacanze, scelgono di identificarsi facendosi assorbire dalla storia di un posto - l’isola di cui si parlava.
Diversi i luoghi, ma identico il percorso per i loro predecessori repubblicani. Bush padre, espressione dei Wasp bianchi conservatori, molto legati alla parte più Nord della costa Usa, come il Maine, ha sempre riaffermato le sue radici tornando alla casa di famiglia di Kennebunkeport. Suo figlio George, invece, in rottura con il modello repubblicano della East Coast del padre, e favorevole a quello conservatore e populista dell’America interna, ha scelto per le sue vacanze il Texas, nel ranch d Crawford.
Prima dei Bush fu Reagan a spostare Washington verso Hollywood scegliendo come luogo simbolo della sua idea della decentralizzazione del «pesante» Stato americano un altro ranch in California, da dove il grande attore, sereno, con un gran cappello in testa, guidò l’ultima sfida del riarmo stellare all’Impero del Male Sovietico. Dei Kennedy, con tutto il loro fluttuare di mogli, figli, fratelli, barche, si è fin troppo detto.
Le operazioni identitarie consumate in tutte queste vacanze sono state enormemente amplificate dal fatto che venissero trasmesse - soprattutto negli anni dei Presidenti fin qui citati - sul palcoscenico globale dei media. Eppure i media non sono stati all’origine di questa narrativa. Tutti i Presidenti americani hanno sempre scelto, in ogni epoca, i loro buon ritiro con impeccabile senso del pubblico. Il timido e casalingo Carter, pur vissuto in epoca di grande attenzione mediatica, tornò sempre a Plains, la capitale delle noccioline, nella sua Georgia. Così come il ligio e grigio Ford preferì sempre passare il suo tempo nel ritiro ufficiale di Camp David.
Forse la più interessante delle scelte negli anni scorsi è stata quella della più singolare figura presidenziale Usa, Richard Nixon. Nemico giurato di ogni moda ed apparenza, Nixon ruppe ogni convenzione, comprando casa a Miami, dove faceva il bagno in piscina (mai in mare), con uno dei suoi migliori amici, il banchiere Bebe Rebozo.
Fin qui il dopoguerra. Nell’epoca della superpotenza nascente, invece, i Presidenti, anche se ricchi personalmente (e la maggior parte di loro lo è stata), non facevano vacanze in proprietà loro, ma dello Stato. Camp David, oggi la più conosciuta tra le residenze ufficiali presidenziali, nasce come Naval Support Facility Thurmont, un campo militare in Maryland, che nel 1935 viene usato per le vacanze famiglie del personale governativo e nel 1942 viene scelto per la prima volta dal presidente F. D. Roosevelt. L’unica eccezione privata del ricchissimo Roosevelt fu per le sue cure, fatte a Warm Springs, in Georgia, dove per altro morì. Il suo successore Harry Truman passò le vacanze in una piccola casa dentro la base navale di Key West, in Florida. Finiamo qui, tanto per rimanere al secolo vicino.
Ma i Presidenti Usa e le loro case sono sempre stati una sola cosa agli occhi dei loro elettori. Il monumento più caro in termini familiari per gli americani è probabilmente la tenuta di Monticello costruita da Thomas Jefferson, presso Charlottesville, in Virginia, nello stile di Villa Rotonda del Palladio, come citazione del grande statista del rapporto fra i valori del classicismo europeo e quelli del nuovo Stato che nasceva.
Va citata invece un’eccezione - che conferma però la regola: il Presidente che non lasciò quasi mai la Casa Bianca è Abraham Lincoln. Ma non c’è di che stupirsi. Lincoln era nato e vissuto in varie case di tronchi d’albero. Di campagna ne aveva probabilmente avuta quanta ne voleva.