La stampa 13/8/2009, 13 agosto 2009
5 DOMANDE A MAURIZIO PALLANTE
« l’unica maniera per garantire un futuro sostenibile al genere umano»
La decrescita non c’entra né con la morale né col pauperismo». Maurizio Pallante (nella foto), saggista, esperto di tematiche ambientali e fondatore del movimento «Decrescita felice», lo ripete come un mantra.
Professore, è inutile negarlo, il termine non è dei più accattivanti...
«Ne siamo consapevoli, per la cultura attuale questa parola è un tabù. Del resto il paradigma economico e sociale all’interno del quale viviamo si fonda sulla crescita del Pil. C’è un fraintendimento di fondo: il Pil non misura la quantità di beni e servizi prodotti, ovvero il benessere di un Paese, bensì, essendo un indicatore puramente monetario, la quantità di beni e servizi che vengono scambiati. La decrescita mette in crisi questa analogia fra beni e merci».
Che cosa intende?
«Faccio un esempio: ogni anno in Italia per riscaldare le nostre case bruciamo 20 litri di gasolio al metro quadro, in Germania per legge non se ne possono utilizzare più di sette. I tredici litri di differenza fra i due Paesi non sono un bene, ma semplicemente una merce. Inoltre dagli Anni 60 abbiamo mercificato beni che prima erano autoprodotti o scambiati all’interno di logiche familiari e comunitarie, come frutta e verdura. Decrescita in questa prospettiva significa sostituire la merce-pomodoro con l’equivalente bene-pomodoro e abbattere così l’impatto ambientale».
Perché la gente dovrebbe rinunciare al suo tempo libero e tornare a coltivare i pomodori?
«Non è un problema di scelta. La direzione che abbiamo intrapreso non ha futuro dal punto di vista dell’esaurimento delle risorse e dell’inquinamento. E poi dobbiamo smettere di credere che l’unico lavoro sia quello salariato. Potenziare l’autoproduzione riduce i costi da 2/3 a 3/4 e favorisce una vita più equilibrata senza intaccare i livelli occupazionali».
Che differenza c’è fra il vostro movimento e quello no-global?
«Molte critiche alla globalizzazione partono da una posizione morale, noi sosteniamo semplicemente che l’Occidente deve consumare meno risorse per garantirsi un futuro. E qualcosa sta cambiando. Vediamo interesse da parte di associazioni, imprenditori, università, sedi vescovili».
In Francia alcuni sostenitori delle teorie della decrescita hanno fondato un partito . Cosa ne pensa?
«Liberi di farlo, ma il nostro non è un progetto politico. L’obiettivo è culturale: vogliamo sensibilizzare le persone sulla necessità di investire nelle tecnologie che, a parità di benessere, riducano anche i consumi. Dobbiamo uscire dal circolo lavora-produci-consuma-crepa».