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 2009  agosto 17 Lunedì calendario

HATOYAMA Yukio Tokyo (Giappone) 2 febbraio 1947. Politico. Leader del Partito democratico. Dal 31 agosto 2009 premier giapponese, il 2 giugno 2010 si dimise per un crollo nei sondaggi dovuto alla mancata chiusura della base americana di Okinawa • «[

HATOYAMA Yukio Tokyo (Giappone) 2 febbraio 1947. Politico. Leader del Partito democratico. Dal 31 agosto 2009 premier giapponese, il 2 giugno 2010 si dimise per un crollo nei sondaggi dovuto alla mancata chiusura della base americana di Okinawa • «[...] ostenta antenati di tutto rispetto, da far impallidire i Kennedy (che sono, ovviamente, ”amici di famiglia”). Il suo bisnonno fu speaker del primo parlamento democratico; il nonno, Ichiro, ”graziato” dalle truppe di occupazione, è stato premier del Giappone nell’immediato dopoguerra, mentre il padre non è riuscito ad andare oltre il ruolo di ministero degli Esteri. In compenso, sposò l’erede dell’impero Ishibashi, più noto in Occidente sotto il nome di Bridgestone. Yukio adora l’Italia, veste italiano (di preferenza Armani), mangia italiano e ha sposato la bellissima ex attrice e scrittrice di successo Miyuki. Ha una solida amicizia con Romano Prodi che ha spesso scelto come ascoltato consigliere. [...]» (Pio D’Emilia, ”L’espresso” 20/8/2009) • «[...] L’’alieno”, come nel Paese viene chiamato l’erede della dinastia Bridgestone [...] in solo otto mesi ha visto trasformarsi la ragione della sua vittoria nella causa della sua sconfitta. Aveva battuto i conservatori liberaldemocratici (Pld) grazie alla promessa di chiudere la base Usa di Okinawa, di ridurla e trasferirla in modo che il Paese non fosse più ”la portaerei americana nel Pacifico”. Sognava, e prometteva, un ”Giappone socialmente più giusto”, con una classe dirigente ”più trasparente” e soprattutto ”più attento ai nuovi rapporti di forza globali, con un occhio di riguardo per la Cina”. Il ”patto tradito”, dopo che il 25 aprile diecimila residenti avevano invaso le strade dell’arcipelago mostrando cartelli gialli contro Tokyo e contro Washington, lo ha costretto infine ad uscire di scena chiedendo scusa tra le lacrime. ”Vi sono grato - ha detto dimettendosi - per avermi permesso di reggere il timone della nazione in questi otto mesi”. [...] (il 28 maggio 2010, ndmp) piangendo ma ancora convinto di superare la crisi, Hatoyama era volato a Okinawa per ufficializzare un voltafaccia ormai già noto da settimane. Aveva dovuto ripartire protetto dagli agenti, sommerso dagli insulti degli abitanti e dei loro amministratori. Il giorno prima, al sottosegretario Usa Hillary Clinton, aveva confermato che parte della base militare americana sarebbe stata solo ”trasferita di pochi chilometri”, e che ”la cooperazione tra Giappone e Stati Uniti è indispensabile per la pace e la sicurezza in Asia” [...] tra gli applausi dello stato maggiore dei democratici, ha annunciato infine le sue dimissioni da premier e da presidente del partito. Nella notte, ”per il bene del Paese”, ancora assicurava di voler affrontare la crisi. La spallata decisiva, dopo l’uscita dal governo dei socialdemocratici, schierati contro la base Usa, gli è arrivata all’alba dai sondaggi. Eletto con oltre il 70% del consenso, primato storico, ha scoperto di essere crollato in pochi mesi sotto il 17%, battendo ogni record di impopolarità. Davanti alle telecamere della tivù di Stato, per l’ennesima volta con gli occhi rossi e non smettendo di chiedere scusa, ha spiegato di ritirarsi per non essere riuscito a far capire alla gente ”il senso dell’impegno democratico”. Ha citato la ”sconfitta di Okinawa” e gli scandali finanziari che hanno travolto lui e altri leader del centrosinistra, affermando che ”ora c’è bisogno di ricostruire un PdJ pulito, in cui le persone possano avere fiducia”. Okinawa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma il destino di Hatoyama era già segnato. Le inchieste sui fondi neri elettorali dei democratici, la girandola di ministri economici, un debito pubblico al 200% del Pil, la deflazione e la paralisi dei consumi, la difficoltà di un export penalizzato da uno yen che gli industriali considerano troppo forte, sono la ragione profonda del terremoto nel potere. [...]» (Giampaolo Visetti, ”la Repubblica” 3/6/2010).