Antonella Amapane, La Stampa, 17/8/2009, 17 agosto 2009
I VESTITI? DA DOMANI ME LI FACCIO DA SOLA
Lo shopping sfrenato è in pieno tracollo. Archiviato fra le pessime abitudini compulsive di un altro mondo, quello del consumismo. Il volano delle fashioniste pentite parte da New York e fra poco arriverà anche da noi, anche se i primi sintomi già ci sono tutti. Nella Grande Mela le vittime della moda si sono convertite al D.Y.T (Do It Yourself, fai da te).
La conferma più lampante che la loro scelta è veramente cool ce l’hanno tutti i giorni dalla tivù. Dal serial «Sex And The City», dove nelle nuove puntate (imminenti in Italia) Carrie Bradshow viene ripresa mentre sferruzza e disegna abiti per sé che poi realizza. Una mini rivoluzione in antitesi con la linea di libri e film modello «I Love shopping», ormai out. Le cifre del fenomeno parlano chiaro. In un anno in Usa sono state vendute 35 milioni di macchine da cucire. E i corsi per imparare a tagliare e usare l’ago sono in pieno boom. Su «Elle France» si legge che Make, l’atelier-scuola diretto da Diana Rupp che insegna couture, lavori a maglia e come fabbricare scarpe e saponette, è sempre completo. Occorre prenotarsi con parecchie settimane d’anticipo per trovare un posto. Stesso problema da Home Ec, dove le lezioni per reinventare il proprio guardaroba sono gettonatissime.
Raduni fashion
Non solo, spuntano come funghi le neofite trentenni che organizzano serate-raduno all’insegna del fatto a mano nei saloni dell’East Village. Iva Zugic, direttrice artistica di un’agenzia pubblicitaria yankee racconta: «Ci raduniamo in gruppetti di cinque o sei di fronte a una bottiglia di vino per vedere ”Project Runaway”, il reality show sulla moda, e sferruzziamo, cuciamo, ricamiamo le nostre iniziali su vecchie T-shirt. molto rilassante. Anche se diventassi ricchissima continuerei a trasformare le mie magliette in top, a farmi i golf. Siamo giovani, l’economia è piombata in un baratro, ma è consolante sapere che la creatività sopravvive e siamo in grado di realizzare noi qualcosa di nuovo e di unico». Sono in tante a pensarla così, soprattutto chi non si è mai riconosciuta nella moda esasperata e preferisce ritagliarsene addosso una che rispecchi la sua personalità.
Su Internet i blog delle ragazze dalle mani d’oro sono in continuo aumento e s’impongono come la nuova bibbia dello stile. La ragione? Oggi si spende solo risparmiando al massimo. Anche quelle che guadagno bene stanno attente. Non sarebbe politicamente corretto. New York è abilissima a riciclarsi nei periodi di crisi lanciando trend che poi tutto il mondo copia. Negli Anni ”70 la città aveva attraversato un momento simile diventando la grotta di Ali Babà di tutta la cultura bohémien. Adesso la tribù del fai da te chic che inventa la moda artigianale prolifera a Brooklyn, dove l’artigianato è diventato un’arte di vivere che riflette il piacere individuale di esibire pezzi unici. Una sorta di rivolta spontanea che la dice lunga sulla dittatura cinese del tutto uguale per tutti a poco prezzo. Gli abiti realizzati a mano hanno un valore incomparabile rispetto a quelli clonati in fabbrica. L’ultima frontiera dello chic è poter dire alle amiche «l’ho fatto io». Non esistono copie.
Blog e fiere
A confermare che l’onda hand made funziona è il successo che ottenuto dall’ultima fiera annuale «Renegade Craft Fair» che si svolge a Brooklyn il 6 e il 7 giugno. Sembrava di essere alla settimana della moda con più di 300 creatori arrivati dai quattro angoli del globo, analizzati ai raggi X da migliaia di visitatori. Secondo gli esperti questo fenomeno non è l’unica conseguenza della crisi e neppure una novità. Le ondate fashion sono legate a cicli economici. Da sempre ci sono persone, soprattutto in California, che resistono all’abbattimento dell’iperconsumismo. La differenza è che oggi il life style a lungo predicato dagli ecologisti, dai fan dello slow food e della frugalità a tutto tondo, non è più un capriccio esotico, ma una necessità.