Angelo Aquaro, la Repubblica, 17/8/2009, 17 agosto 2009
VERSO IL CRAC L’ETICHETTA DEI BEATLES PROFONDO ROSSO PER LA STORICA EMI
Bye bye Emi. Addio all´etichetta dei Beatles e degli Stones, addio alla casa discografica che lanciò e poi licenziò i Sex Pistols (che scrissero la velenosa E. M. I.), addio alla label dei Pink Floyd, dei Coldplay e dei Radiohead (che l´hanno tradita per vendersi da soli su Internet). Addio alla gloriosa etichetta inglese che editò Toscanini e Elgar, la casa musicale nata nel 1931 dalla fusione di Uk Columbia e Gramophone Company, il marchio col cagnetto davanti al grammofono, la storica Voce del padrone. Dopo 80 anni di onorata carriera - che diventano 120 se si risale alle etichette fondatrici - la casa che ha fatto la storia del pop rischia di chiudere i battenti. E nel modo meno poetico che ci sia: per finire nelle mani di una banca, per colpa di quei maledetti conti che non ha fatto quadrare neppure la mano magica di Guy Hands, il salvatutto, il re del private-equity boom.
Addio Emi. O almeno così giura il prestigioso "Wall Street Journal" che all´ultimo colosso della discografia - la casa che insieme alle altre tre sorelle (Universal, Warner e Sony/Bmg) controlla il mercato - ha dedicato un´analisi affilata come la puntina dei giradischi di una volta. Certo è da un po´ che i rumours del mondo economico danno per spacciata questa specie di araba fenice. Sempre un documentato articolo del "Journal" aveva costretto un paio di mesi fa il nuovo capo della Emi, l´italiano Elio Leoni-Sceti, a dettare una mail ai dipendenti e finita a Billboard: cari ragazzi niente paura, le voci di Emi costretta a cedere a Citigroup - la banca che concedendo un maxiprestito di 950 milioni di sterline si è accomodata nel salotto della società - sono infondate, anzi la casa offre al momento (giugno 2009) "una struttura finanziaria solida e flessibile". Flessibile sicuramente, ha malignato qualcuno, soprattutto nei riguardi dei dipendenti, vista la mazzata dei 1600 tagli decisi negli ultimi due anni su un totale di 6000 addetti.
Ma che cosa ha portato al crollo del 19,5% in 4 anni, da un attivo di 400 milioni di sterline (2003) a una perdita di 250 milioni (2008)? L´etichetta inglese, indebolita come le concorrenti dalla fine del boom dei cd e dalla diffusione dei download illegali, nel 2007 perde già 157 milioni di sterline e viene salvata da Terra Firma, la società di private-equity di Guy Hands. Guy è un campione nel rilanciare le aziende, in Germania ha preso un compagnia di stazioni di servizio e ne ha quadruplicato il valore grazie a una innovazione sola: ha fatto rifare tutti i bagni. Ma per la Emi è tutta un´altra musica. Per carità, difficile giustificare tutte quelle spese che si ritrova in eredità dal vecchio staff alla voce fiori, frutta e candele. Così Guy taglia e ritaglia. Ma gli artisti, si sa, sono bizzosi e non ci stanno. Lui prova a convincere personalmente Mick Jagger a non mollarlo e si immola in un pranzo col vecchio rocker. Niente. Minaccia di andarsene anche Robbie Williams il cui manager accusa Guy di comportarsi come "il padrone di una piantagione". Non riesce neppure la svolta Internet che Guy teorizza: l´anti iTunes che Emi prepara in segreto non c´è ancora.
E adesso? Adesso a Emi serve una nuova iniezione di denaro. Sempre secondo il "Journal", Terra Firma avrebbe già contattato senza fortuna anche J. P. Morgan Chase & Co. A novembre esce finalmente il nuovo Robbie Williams e c´è chi spera nel miracolo. Se bastasse una canzone. Ma quella la canta Eros, che è pure di un´altra scuderia.