Andrea Rossi, intervista a Vandana Shiva 14/8/2009, 14 agosto 2009
L’AGRICOLTURA INTENSIVA STA UCCIDENDO IL PAESE
Vandana Shiva è a Delhi, epicentro dell’emergenza idrica che sta colpendo l’India. Originaria di Dehradun, 57 anni, una vita spesa a difesa dell’agricoltura tradizionale e dei contadini contro quella che lei definisce «biopirateria», nel 1993 ha vinto il Right Livelihood Award e oggi è vicepresidente di Slow Food International.
D Un satellite della Nasa ha scoperto che un quarto dell’India è a corto di riserve d’acqua.
R « una sottostima. Almeno i due terzi degli indiani convivono con una profonda crisi idrica. Oltre alle regioni del Nord-Ovest l’intero bacino del Gange, dove vive metà della popolazione, è in ginocchio».
Secondo il governo è colpa delle piogge scarse di quest’anno. E’ così?
«Le piogge monsoniche attese a giugno sono arrivate in ritardo e sono state flebili. La mancanza d’acqua ha provocato una penuria di cibo: nelle campagne si è raccolto il cinquanta per cento di riso in meno del previsto. Ma la colpa non è delle piogge».
E di che cosa?
«Le cause di questa crisi stanno a monte: il nostro sistema di produzione agricola è insostenibile».
Perché?
«L’agricoltura intensiva, a parità di raccolto, richiede una quantità d’acqua dieci volte superiore rispetto all’agricoltura tradizionale. Ogni anno il 75 per cento della nostra acqua, 536 miliardi di litri, viene utilizzato per irrigare i campi. Quindici anni di colture intensive hanno saccheggiato le falde».
E la penuria di piogge di quest’anno ha peggiorato la situazione?
«I contadini, visto il ritardo delle precipitazioni monsoniche (che si ripeterà, perché è conseguenza del riscaldamento globale), hanno sfruttato fino allo stremo le falde per cercare di mantenere i livelli di produzione. E le stanno prosciugando: Punjab, Rajastan, Haryaba e Delhi stanno usando il 30 per cento delle risorse idriche in più rispetto alle stime del governo indiano».
Che conseguenze porterà il calo del raccolto sulla popolazione?
«Tre contadini su quattro, quest’anno, non avranno cibo. Il governo si sta mobilitando per garantire le condizioni minime di sopravvivenza, ma non basterà».
Perché?
«Oltre al raccolto dimezzato scarseggiano le sementi. I contadini hanno piantato i semi a giugno e li hanno persi. Li hanno ripiantati a luglio e li hanno di nuovo persi. Significa che quest’anno non avranno cibo e rischiano di non averne nemmeno l’anno prossimo».
C’è una soluzione a breve termine?
«Potrebbero abbandonare il riso e decidere di coltivare mais o sorgo, che richiedono meno acqua. Ma non lo faranno, perché la politica del governo indiano è promuovere le piantagioni di riso. Resterebbero senza sovvenzioni e senza acquirenti. La verità è che si deve arginare lo sfruttamento intensivo dei suoli. Il guaio, però, è che quest’emergenza, che rischia di trasformarsi in crisi cronica, fa comodo a molti».
Cioè?
«L’acqua si sta privatizzando nel silenzio dei governi. Se diventa una risorsa scarsa chi la controlla può moltiplicare i profitti. Con il cibo accade lo stesso: se scarseggia il prezzo cresce. quel che sta accadendo in India».
Con quali effetti sulla popolazione?
«Eravamo un Paese autosufficiente, riuscivamo a nutrire il nostro popolo grazie a un sistema di distribuzione all’avanguardia e a una politica che metteva il cibo al primo posto. Oggi l’India ha il Pil in crescita del 9-10 per cento l’anno e un’agricoltura intensiva, eppure la metà dei bambini ha problemi di malnutrizione. La mancanza di cibo causa il 50 per cento delle morti nei bimbi entro i cinque anni. Parliamo di un milione di persone ogni anno.