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 2009  agosto 13 Giovedì calendario

Nicky Hayden Per tutti i bambini al mondo le favole sono piene di eroi e il finale è sempre meraviglioso

Nicky Hayden Per tutti i bambini al mondo le favole sono piene di eroi e il finale è sempre meraviglioso. Quando Earl Hayden si sedeva vicino ai letti dei suoi figli la favola era una gara, gli eroi si chiamavano Kenny Roberts e Wayne Rainey e il finale prevedeva il trionfo di Tommy, Nicky o Roger. Se non finiva così tutti e tre gli chiedevano di raccontare un’altra storia fino a quando non avesse vinto uno di loro. Solo dopo riuscivano ad addormentarsi. Earl spiegava: «Leggendo le biografie dei grandi campioni si capisce che per vincere ci vogliono talento, dedizione al lavoro, passione e fame, tanta fame di vittoria». Cosa manchi adesso a Nicky Hayden - l’ultimo campione made in Usa, l’uomo che in meno di due anni è stato capace di passare dal trono della MotoGP alla media classifica - è difficile dirlo. Nicky si presenta all’appuntamento con in mano una fetta di anguria completamente morsicata. Lo incontriamo all’Hotel Arts di Barcellona. Il 20 luglio torna nel circuito di Laguna Seca, dove vinse la sua prima gara di MotoGP nel 2005. E dove, per niente al mondo, vorrebbe sfigurare. C’è chi dice: vincere il mondiale ci può stare, il difficile è confermarsi. Tu non l’hai fatto. Perché? « vero: è più difficile mantenersi ad alti livelli che arrivarci. Dopo il mondiale del 2006 avevo un’idea di come fare per vincere ancora. Poi, però, gli eventi... Le cose non sono mai come te le aspetti». Molti dicono che sei il tester per Dani Pedrosa, il vero pilota ufficiale della Repsol Honda. «Io non mi sento così. Quello che posso dire è che sto perdendo il feeling con la moto e col team. Dobbiamo fare meglio, ma sono io il primo che deve dare di più». Jorge Lorenzo del Fiat Yamaha Team, in un’intervista a Riders, ha dichiarato che la Dorna avvantaggia Pedrosa. Tu cosa ne pensi? «Prossima domanda per favore». I ben informati sono sicuri: il prossimo pilota della Honda sarà Andrea Dovizioso, attualmente nel team satellite Jir-Scot. Se tu dovessi scommetere sul compagno di squadra di Pedrosa del 2009 su chi punteresti? «Non scommetto sul mio cuore. Il mio contratto è al termine, quindi se i risultati tardano ad arrivare sarà difficile intavolare una trattativa. Allo stesso tempo però voglio provare a fare del mio meglio». Sono vere le voci di un tuo passaggio alla Ducati o alla Kawasaki. «Le hai sentite?» Sì. «Io mi sento giovane. Onestamente credo di avere ancora molto da dare, che questi siano i miei migliori anni e di essere ancora molto competitivo. Quello che posso dire è che sono un pilota Honda dal 99, sono sempre stato corretto. Ma è mio dovere guardarmi intorno e scegliere la soluzione giusta per il mio futuro. Se tutto andrà male invece tornerò nel Kentucky». A family from Owensboro In Kentucky, già. Dove tutto è cominciato. Esattamente nel ranch di famiglia, a Owensboro, sulle rive del fiume Ohio, città famosa per il Festival del barbecue e per aver dato i natali a Johnny Depp. Corsi e ricorsi storici: nel 1964 lo scuolabus si fermava ogni giorno davanti a un concessionario della Honda. Lì, dal finestrino, un certo Earl Hayden s’innamorò delle moto. Pochi anni dopo aprì un autonoleggio e cominciò a correre in enduro e dirt track. «Avevo molto coraggio ma non talento» ricorda. A una gara conobbe Rose e il 21 febbraio 1976 la portò all’altare. Thomas Earl II nacque nel 78, poi nell’80 arrivò Jennifer Rose. Il 30 luglio 1981 ecco Nicholas Patrick, a cui seguirono Roger Lee (1983) e Kathleen Marie (1986). Cinque figli e una passione. L’iniziazione avveniva così: nel salotto di casa c’era un cavallo di plastica con quattro molle per tenerlo fermo. Via via che i bambini diventavano bravi nel cavalcarlo Earl ne toglieva una. Arrivati a due sole molle, dalla sella del giocattolo si passava alla sella di una mini moto. Tommy il passaggio lo fece quando aveva tre anni, Nicky a due. Soltanto che per correre nell’AMA, l’American Motorcyclist Association, l’età minima era di quattro anni. Earl evitò il problema falsificando i documenti. Una famiglia casa e moto insomma... «Siamo sempre stati molto uniti, tutti legati a questo mondo. Anche le mie sorelle correvano. Non conosciamo né sappiamo nient’altro». Hai un rapporto particolare con tuo fratello maggiore Tommy, vero? «Abbiamo condiviso tutto, a lui racconto cose che non direi a nessuno». Mamma Rose non si preoccupava: «Quando arrivarono i bambini fu naturale farli correre. Era lo sport di famiglia, semplicemente». Sostiene papà Earl: «A nessuno di loro mettevo pressione per correre, casomai per lavarsi i denti e fare i compiti». E se sui denti nessuno può sindacare (tutti li hanno bianchissimi), meno credibile è la parte che riguarda la scuola: presto a Nicky fu diagnosticata la dislessia e perse una anno per fare una rieducazione speciale; ma lottare contro i compiti rimase una sua passione anche dopo aver risolto i problemi di linguaggio. Obama Vs McCain Kentucky è uno Stato conservatore. Gli Hayden sono devoti cattolici. Impossibile non affrontare certi argomenti. Segui la politica? «Non leggo molto i giornali, non seguo i dibatiti in tv. Però la sfida tra un candidato presidente afro americano e un repubblicano sembra interessante...». Alle elezioni presidenziali di novembre che scelta farai? Obama McCain o avresti preferito la Clinton? «No la Clinton no. Non penso che l’America sia pronta per un Presidente donna. E poi lei è già stata alla Casa Bianca quando era Presidente suo marito Bill. Tra Obama e McCain sceglierò solo alla fine». Favorevole o contrario alla guerra in Iraq? «Meglio parlare di moto». Gli esordi e il dirt track E trattandosi di un americano parlare di moto signifca parlare di dirt track. Piste di fango ovali, freno anteriore inesistente, massimo controllo di guida. Il rituale cominciava ogni marzo quando la famiglia Hayden si spostava in Florida per il Daytona Bike Week. Tommy cominciò a correre lì quasi a 9 anni. Jenny e Nicky nell’89. Nel 91 Nicky vinse addirittura cinque delle sei gare della giornata. L’attrezzatura, per i figli che correvano, non era il massimo. Le moto passavano di mano in mano, anche se alla fine arrivarono ad averne una ventina. Earl non era un mago dell’officina. «Per fortuna Tommy, a otto-nove anni, diventò presto un meccanico molto più bravo di mio padre» dice Nicky. Nei viaggi verso le gare i ragazzi portavano spesso degli amici. Per Earl e Rose era un delirio: più di una volta furono costretti a tornare indietro per recuperarne qualcuno dimenticato al ristorante. Menomale che pranzavano fuori solo di rado: di solito Rose preparava hamburger, sandwich e insalata di pollo da mangiare nel tragitto. Earl portava con sé anche le canne da pesca: così, ogni tanto, potevano fermarsi e guadagnarsi la cena pescando in un lago. Per risparmiare, negli alberghi, l’unica bevanda consentita era l’acqua naturale. Tutti condividevano la stessa stanza, se erano in troppi c’era chi passava la notte nel van sul divano o sul letto a scomparsa per poi, il giorno dopo, usare la doccia dell’hotel. Tuo padre ha fatto molti sacrifici per farvi correre. «Sì. Ma ci ha insegnato anche a non arrenderci mai». C’è stato un momento in cui stavi per smettere? «Certo, per un po’ non abbiamo corso, avevo 13 anni.  stato il momento del passaggio dal dirt track alla strada». «Meglio la velocità del dirt track» L’eroe, l’esempio da seguire, era Bubba Shobert. In sella alle Honda aveva vinto sia gli AMA Grand National Dirt Track (dall’85 all’87) sia la Superbike (1988). E anche per gli Hayden, avvenne il passaggio alle corse da strada. L’esperienza del dirt track fu determinante? «Sì. Andare veloce per noi era facile, ma non eravamno abituati a mettere il ginocchio per terra. In più dovemmo lavorare molto per imparare a usare il freno davanti». Meglio il dirt track o la velocità? «Nel dirt track passavo troppo tempo ad aspettare che mettessero a posto la pista. Invece nelle corse in circuito con la moto potevo girare molto di più. Potevo farlo quanto volevo». Questa abitudine ti è rimasta anche oggi. Sei quello che nelle qualifiche e nei test fa più giri. « questo il motivo. Mi diverto». Nel passato i piloti americani, provenendo tutti dalla scuola del dirt track, sapevano avere pieno controllo della moto. Erano avvantaggiati rispetto agli altri. Adesso l’elettronica ha colmato questo divario: è il motivo per cui voi americani non riuscite più a vincere? «La tecnologia ha fatto molto. Grazie a lei oggi ci sono meno incidenti. Sacrifica la tecnica, senza dubbio. Ma non è per questo che non siamo più nelle prime posizioni». Il giorno più brutto Nicky cominciò a correre anche in Spagna. Ancora corsi e ricorsi storici: dodici anni dopo, proprio a Jerez, avrebbe conquistato il suo primo podio. Nel 99 Nicky firmò per l’Erion Racing, team satellite dell’Honda nella Superbike americana ed entrò a far parte della squadra di Gary Mathers, manager Honda. Occhi lungimiranti quelli di Gary: avevano già notato il talento di Kenny Roberts, Eddie Lawson e Wayne Rainey. Nomi pesanti: all’epoca, loro tre, più Kevin Schwantz e Freddie Spencer, avevano portato a casa 13 degli ultimi 16 titoli in 500. Mathers diceva: «I piloti Usa sono i migliori: grazie al dirt track non hanno paura di andare di traverso a 160 all’ora». Il momento più brutto di Hayden arrivò nel 2001 quando un suo amico ed ex compagno di squadra, Will Davis, perse la vita durante una gara in Missouri. Deve essere stata dura. «Il giorno dopo è stato l’unico giorno della mia vita in cui non avevo voglia di correre. Però ho imparato che bisogna vivere i brutti giorni come se fossero belli. Dalla morte di Will ho fatto mio il suo motto: Chasin’ a dream, inseguire il proprio sogno, costi quel che costi». L’anno più esaltante Subito dopo, però, visse l’anno più incredibile della sua carriera americana con le vittorie della 200 miglia di Daytona, della Superbike AMA e del TT di Springfield. In un ipotetico film sulla famiglia Hayden bisognerebbe partire da qui: Springfield per gli italiani è la città dei Simpson, per gli appassionati di moto statunitensi significa solo una cosa: corse di dirt track nella capitale dell’Illinois. Sì, perché appena potevano, gli Hayden continuavano a correre nelle piste ovali. E il 26 maggio di quell’anno misero il nome della loro famiglia nella storia del dirt track. Nell’AMA erano già passati altri fratelli veloci - Kenny Roberts Jr. e Kurtis Roberts; Ben e Eric Bostrom - ma mai tre erano finiti insieme sullo stesso podio. Quel giorno si piazzarono Nicky primo, Tommy secondo, Roger terzo. «Si realizzò il sogno di mio padre» dice Nicky. «Nelle favole che ci raccontava prima di dormire arrivavamo sempre primo secondo e terzo». Il TT di Springfield è il ricordo più bello legato alla tua famiglia? «Credo di sì. La settimana di preparazione ci divertimmo tantissimo: passavamo ogni notte nel garage a smontare e rimontare ogni cosail motore, controllando e mettendo a posto tutte le singoli parti di ogni moto». Gli Hayden il 5 giugno 2002 finirono sulla copertina di Cycle News. Da allora la storia è nota: Yamaha e Honda se lo contendono per averlo in MotoGP, Shobert e Mick Doohan lo spingono verso la seconda, lui la sceglie. Nella Honda sei stato compagno di Rossi, ora lo sei di Pedrosa. Meglio Valentino o Dani? Resta in silenzio per diversi secondi. Ripeto la domanda. Lui continua a stare zitto. Dopo un bel po’ dice: «Non mettermi in difficoltà, ti prego». Nessun rimorso né rimpianto Il primo GP a Laguna Seca lo vince nel 2005. Per festeggiare, nel giro di onore, fa salire il padre sulla monoposto. Chasin’ a dream, inseguire un sogno. «Avevo sempre pianto per le sconfitte. Per la prima volta piansi dopo una vittoria» racconta. L’anno dopo arriva la conquista nel mondiale. Marco Lucchinelli commenta: « già troppo bello, non può essere anche così veloce». Cosa rispondi? «Non so se posso essere considerato bello». Sei fidanzato? «Non ho voglia di essere chiamato due volte al giorno». In America sei molto conosciuto. Non hai mai avuto una storia con una ragazza famosa? «Per fortuna non ho mai incontrato Britney Spears». Quando dirai addio alla MotoGP? Uno, due anni? «Anche se avrei voglia di andare a casa, credo che lo farò quando sarò obbligato; diversamente, mi piacerebbe fare ancora qualche gara prima di tornare a Owensboro. Dove tutto è cominciato». Se ti guardi indietro... «Vedi, già 11 anni prima del TT Springfield, tre Hayden erano saliti sullo stesso podio. Solo che quella volta eravamo io, Tommy e Jenny. Mio padre dice sempre: ’Ai tempi credevo che il destino ci avesse già dato abbastanza”. Invece ha continuato a regalarci ancora tante altre soddisfazioni. No, non posso lamentarmi di niente».