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 2009  agosto 13 Giovedì calendario

Max Biaggi Intervistare Max Biaggi è impresa ardua. Contattarlo al telefono è il primo problema: non risponde mai

Max Biaggi Intervistare Max Biaggi è impresa ardua. Contattarlo al telefono è il primo problema: non risponde mai. O meglio, risponde una volta ogni dieci chiamate e spesso ti dice: «Sono impegnato, puoi richiamarmi tra dieci minuti?». Peccato che dopo dieci minuti il cellulare riprenda a squillare a vuoto. Quando riesci a parlarci comincia la fase della trattativa: vuole sapere tutto sul servizio, chi sarà il fotografo, quali saranno gli abiti che indosserà, avere la sicurezza di poter vedere le immagini prima che siano pubblicate. Inizialmente, insomma, tende a restare antipatico. Solo dopo capisci. La sua è diffidenza. Pura diffidenza. Max Biaggi: quattro volte campione del mondo in 250 negli anni Novanta, il rivale storico di Valentino Rossi, da tre anni in Superbike. Max Biaggi: lo si ama o lo si odia. Diciamola tutta, è più facile odiarlo. Così, negli anni, sul suo conto si sono accumulate dicerie su dicerie, da quelle che riguardano le sue donne (Naomi Campbell, Anna Falchi e molte altre «tutte di copertura») a quelle che toccano la sfera caratteriale (« intrattabile, non rispetta gli orari»). Leggende o verità? Siamo a Monte Carlo, principato di Monaco, dove vive da 17 anni, per sentire la sua versione, accusa dopo accusa. La giornata in studio L’appuntamento è alle 11, in una sala dell’hotel Fairmont. Biaggi si presenta alle 10,55 con Eleonora Pedron, sua fidanzata da cinque anni. Dicono che sei un ritardatario cronico. Il primo luogo comune sul tuo conto è smentito. Fa una smorfia ironica e poi commenta: «La gente dice e fa quello che le conviene». Eccoci serviti. Biaggi ha una T-shirt di Abercrombie & Fitch, jeans e un paio di Nike, lei una minigonna D&G, una maglietta grigia, dei gambaletti sopra i collant e stivali. Insieme sono molto dolci. Lei consiglia a Max che facce fare e come comportarsi davanti all’obiettivo, lui ascolta e spesso cerca il suo sguardo per avere il consenso sulla posa da assumere. Lei chiama lui «il boss», lui chiama lei «Ele». «Niente foto insieme» precisano. Oggi tutta l’attenzione è per Max, attore principale in questo valzer dei ritorni: lui che torna con l’Aprilia, con cui ha vinto tre campionati in 250; l’Aprilia che dopo sei anni torna in Superbike (in partenza il primo marzo). E tra una pausa e l’altra del servizio fotografico, mentre Max manda messaggi col suo BlackBerry ed Eleonora parla di «pastiglie naturali che nutrono il capello da comprare in una parafarmacia» c’è tempo per fare qualche domanda introduttiva. Sarà la SBK degli inglesi: cinque piloti sono britannici. «In realtà occhio all’americano Ben Spies». Qual è il tuo obiettivo? «Essere al più presto lì davanti». E Max Biaggi quanta pazienza ha? «Quella che ci vorrà, ho sposato il progetto». Alla fine della giornata Max regala cappellini firmati a tutti. Disponibile e gentile, non è stato il Biaggi intrattabile di cui avevamo sentito. Nell’intervista del giorno dopo però... intervista col «paninazzo»: la mamma, valentino, le sue donne Il giorno successivo, alle 11,22, manda un sms: «Appuntamento in ufficio da me alle 12,30». Lo studio è al quarto piano di una delle vie principali di Monte Carlo. C’è una sua assistente che ci offre un caffè e spiega che Max ci aspetta in un bar lì vicino tra un quarto d’ora. «Chiede scusa, ma deve finire una cosa». Nel suo ufficio sono appese le maglie - con rispettive dediche - di Francesco Totti (quella della Roma, numero 10) e di Damiano Cunego (la rosa del giro d’Italia), più varie foto tra cui spicca quella in cui Biaggi, col suo amico Fabrizio Frizzi e altri personaggi dello spettacolo e dello sport, viene ricevuto da Papa Wojtyla. Nel bar sotto il suo studio Max è in lieve ritardo. Alle 13 la voce di Eleonora Pedron arriva da dietro a un finestrino scuro appena aperto di un’Audi RS6. «Parcheggiamo e arriviamo!». Ci mettiamo a sedere. Max ordina «un paninazzo prosciutto, mozzarella, pomodoro, ben cotto» e acqua naturale. E comincia a parlare, spiegare, incassare, attaccare. A volte è reticente, altre si arrabbia e tradisce la cadenza romana. Max Biaggi: lo si ama o lo si odia. «Mi fa piacere. Significa che riesco a non passare inosservato in un mondo, quello dello sport, dove i personaggi vengono triturati molto velocemente. Io non ho mai amato le vie di mezzo. Io non avrei mai potuto fare il politico perché mi manca una caratteristica fondamentale: la paraculaggine». C’è chi dice che la tua diffidenza nasca da un peccato originale. «E quale sarebbe?». Sarebbe l’abbandono subìto dalla madre che, quando Max era piccolo, ha deciso di lasciare lui e sua sorella da soli col padre, non facendosi più sentire per anni. Questo avrebbe portato Biaggi a essere diffidente con tutti, a non fidarsi di nessuno. A preferire la solitudine, nel privato e nel lavoro. Lui si gratta sotto il mento. «Io questa teoria la banno, la rifiuto. Quello che mi è capitato non c’entra con le corse». La diffidenza non nasce da lì, quindi. «Io non ero così. Poi, conoscendo questo mondo di squali, dove tutti cambiano pelle e colore a seconda delle circostanze, ho perso sicurezza. Sono diventato diffidente perché ho capito che se non stavo attento potevo essere vittima di un sistema spesso ipocrita e invidioso. Io venivo da un ambiente familiare e mi sono irrigidito vedendo certi meccanismi». Nessuna inquietudine inconscia. «Inquieto? Io non mi sento inquieto. Ho delle paure, ma paure legate al nuovo progetto Aprilia. Ho accettato questa sfida perché non voglio vivere di rendita, con le conquiste del passato. Sono paure che danno stimoli». Com’è stato crescere senza la mamma? «Questa è una cosa troppo personale, non voglio parlarne. Deve rimanere mia e solo mia». Com’era Biaggi bambino? «Cazzeggiavo molto più liberamente, ero più spigliato e aperto. Frequentando l’ambiente motociclistico ho realizzato che bisogna fidarsi di poche persone. La gente a cui non piace Max Biaggi non ha mai conosciuto o capito la mia timidezza. Io sono uno abbastanza timido». Quando si parla di te si è portati a rimuovere il fatto che hai tenuto testa a Mick Doohan e prende il sopravvento il Biaggi antipatico. Perché? «Perché non ho mai fatto parte di quella famiglia allargata delle corse, formata da chi ha sempre fatto motocross sin da piccolo, da chi aveva il papà, chi il cugino o lo zio che già gareggiavano. Io ho cominciato a 19 anni. E dopo tre anni ero già campione del mondo. Ecco, questa cosa qui, come si dice, deve aver fatto rodere i coglioni a quelli che si sono sorbiti tutta la trafila, dalle minimoto in su. Se la sono legata al dito. Mettiti nei panni dei Romboni, Chili, Gramigni, Reggiani: arriva uno dal niente e diventa campione senza amici che contano. A me hanno dato un’opportunità, io l’ho sfruttata, e contro di me si è scatenato un odio di fondo che posso anche capire, ma condividere no». Te lo sei mai chiesto dove saresti potuto arrivare se avessi iniziato a cinque-sei anni? «Forse da nessuna parte. Mi sarei rotto le scatole prima». Nel 1998, nonostante la superiorità della Honda, l’hai lasciata per la Yamaha, in 500. Se restavi avresti potuto vincere il mondiale che nel 1999 andò a Crivillé e soprattutto sbarrare la strada all’arrivo di Valentino Rossi. «Nella vita le dietrologie non aiutano molto. Io non rimasi alla Honda perché con me non furono di parola». Con le 250 si partiva solo a spinta. Dicono che ti arrabbiavi coi meccanici perché non spingevano abbastanza forte. Le guance diventano rosse. Fa un mezzo sorriso. «Cosa? Questa è una grande cagata, assurda, disumana… Ma chi è che ha detto ”sta cagata? Questo dimostra che su di me ci sono dicerie dette tanto per riempirsi la bocca. Dette da gente inutile». Molti fanno risalire la rivalità tra te e Valentino a un preciso momento: al 1997, nel ristorante Campanella di Singapore. Lui era al tavolo con dei giornalisti. Tu sei entrato e gli hai detto: «Sciacquati la bocca prima di parlare di me. Devi ancora dimostrare di valere quanto il sottoscritto». vero? «Vero. Ma a scatenare questa reazione fu qualcosa di fastidioso che disse lui in quel momento o in qualche precedente situazione. Non mi ricordo cosa, ho rimosso. Altrimenti io non avrei mai fatto o detto una cosa del genere. Lui è stato molto furbo in determinati momenti, con me e con la stampa. sempre stato lui a stuzzicarmi. Con la bambola e non solo». Si riferisce alla bambola gonfiabile con su scritto Claudia Skiffer, con cui Valentino festeggiò il primo titolo 125 nel 97. Era un chiaro riferimento al fatto che Max Biaggi, all’epoca, avesse una relazione molto chiacchierata con Naomi Campbell. La tesi è che non sopportavi il successo mediatico di Valentino, dato che fino al suo arrivo eri stato l’ambasciatore del motociclismo italiano in Tv e nel mondo. «Io sono stato il primo pilota di Roma a vincere un campionato del mondo e grazie a questo, e alle mie amicizie con persone del mondo dello spettacolo, ho aperto orizzonti interessanti. Prima di me, il mondiale si trasmetteva su Tele+ e lo vedevano cinquecentomila persone. Valentino mi dovrebbe ringraziare. Non ho mai avuto problemi a dire che sia un ottimo pilota, ma nemmeno che sia stato bravo a sfruttare quello che ho creato ioe a sfruttarmi per farsi pubblicità». Se ti guardi indietro non ti viene un po’ da ridere ripensando alla vostra rivalità? Il dito medio dopo un sorpasso, le gomitate, le discussioni e le spinte in sala stampa… «No, non rido. Le cose spiacevoli restano tali nonostante il tempo che passa. Tra 10-15 anni, forse, ripensando a quei periodi potrò avere un po’ di nostalgia». Ti sentiresti pronto a posare per una copertina con lui? «Mi dovete dare almeno sette-otto anni per pensarci». Cosa rispondi a chi dice che hai avuto la sfortuna di incontrare Valentino? Sorride. Si tocca la fronte. «Che sono comunque felice di quello che ho fatto, che avrei potuto fare di più ma anche di meno. Mi sarei potuto fare anche molto più male». Valentino ha speso parole di stima per la SBK e stava per partecipare a una gara. «Fa bene a parlare così. Qui non c’è il glamour della MotoGP. E poi la gara è gara per davvero. La monogomma rende tutto più paritario. La MotoGP è una gara di numeri, su quanto guadagni al giro e quanto perdi, non di moto. La SBK dà più soddisfazioni, è più divertente. Certo, se su 14 campionati 12 li ha vinti Ducati significa che qualcosa non va anche qui…». Anche Simoncelli stava per correre nelle prime due gare della Superbike. C’è chi ha detto che la cosa è saltata per colpa tua: l’operazione ti avrebbe messo sotto pressione e Simoncelli ti avrebbe tolto visibilità... «A dire la verità tutta questa attenzione intorno all’esordio dell’Aprilia in SBK mi ha fatto piacere. La partecipazione di Simoncelli sarebbe stata un’ulteriore prova che l’Aprilia crede profondamente in questo progetto». Ammetteresti che Valentino è il più forte pilota di tutti i tempi? «Boh… Se si vuol dir questo perché non si ha nient’altro da dire, lo si dica pure… Ogni epoca fa storia a sé, non si può generalizzare». Allora ammetteresti che Valentino è il più forte pilota della tua epoca? «Non voglio dare giudizi su una persona e fare una dichiarazione che non porta niente a nessuno. Punto». Da Valentino Rossi a Michel Fabrizio: in ogni categoria che vai trovi un rivale. Con Fabrizio, nell’ultima gara dello scorso anno, vi siete messi le mani addosso a bordo pista, dopo un incidente. Pentito di quel gesto? «Pentito? Non c’è peggior ottuso di chi non vuol capire. Nonostante fossi stato tamponato, avevo lasciato perdere. stato lui a rincorrermi e a urlarmi: ”Ma non ti potevi spostare?”. Allora gli ho messo le mani sul casco. Ma sposta’ dove? Dovevo anda’ in giro coi retrovisori?». Vi siete chiariti? «Ma se uno è così è così, cosa gli vuoi dire? Mi ha buttato giù due volte in una stagione. Non è che può sempre dare la colpa al destino…». Hai avuto relazioni con donne meravigliose, due Miss Italia, Anna Falchi, Naomi Campbell. E adesso Eleonora Pedron. I detrattori hanno sempre ipotizzato una teoria. La sai? «No, non la so. Cosa si dice?». Che le tue donne siano sempre state una copertura. Che in realtà avresti altre preferenze sessuali. «Questa non mi è mai arrivata. una cagata così grande che… è una bomba». Addirittura si diceva che la paparazzata con Naomi Campbell fosse stata organizzata dalla Philip Morris, all’epoca sponsor della Yamaha attraverso Marlboro. Diventa rosso. «Sono delle stronzate vere! La Philip Morris, figurarsi. Ma queste cose so’ delle robe proprio di basso livello». Max Biaggi dice che ha un appuntamento. «Ne ho per un po’, ma se vuoi appena finisco ti chiamo e concludiamo l’intervista». Paga il conto del pranzo ed esce dal bar con la Pedron. Il primo pensiero è: non richiamerà mai, alcune domande lo hanno infastidito. l’ora del tè: la nuova sfida, la ducati, gli esordi Invece, dopo venti minuti, richiama. E ci ritroviamo nello stesso bar. Stavolta senza Eleonora. Stavolta ordina un tè. A Le Iene, nel 2000, hai detto che un tuo desiderio era fare l’amore con una donna che indossasse la culotte. Esaudito? Sorride. «Sì». Altro desiderio? Sbadiglia. «Finire la maratona di New York con un tempo discreto». Non hai detto «conquistare la SBK». «Per noi e per BMW sarà impossibile vincere nell’anno di esordio. Per questo ho firmato un contratto biennale». Come va con l’Aprilia? «Il feeling c’è, ma bisogna fa’ risultati». Si alza, prende La Gazzetta dello Sport, la sfoglia fino alla pagina dei motori, dà un’occhiata, la richiude. Come lo vedi Michael Schumacher in moto? «Cazzi suoi. Se si vuol rompere le corna a 40 anni è libero di farlo. Come dice Jean Alesi, ’La moto è un hobby pericoloso per chi non c’è mai andato”». Tu in compenso sei già stato su una Ferrari da Formula Uno. «E mi piacerebbe tornarci». Sembravi destinato alla Ducati. Come mai non ti hanno voluto? «Mi hanno fatto firmare un precontratto a novembre e a luglio doveva essere tutto ok. Invece mi hanno fatto aspettare un altro mese e poi hanno preso ancora tempo. In realtà non avevano voglia di portare a termine ”sta cosa». Perché? «Non ne ho idea. E nemmeno me ne frega». Non hai chiesto spiegazioni? «Se fossi una persona poco intelligente chiederei spiegazioni su spiegazioni. In realtà mi rendo conto che qualcuno non voleva. Affari loro». Chi è questo «qualcuno»? «Non lo voglio sapere e nemmeno me ne frega niente. Io adesso sono un pilota Aprilia e me ne sbatto dei giochi politici di terzi». Quanto guadagna Max Biaggi adesso? Più o meno di un milione di euro? «Dipende dai punti di vista». Dal punto di vista contrattuale. «CM, che significa: cazzi miei. Va bene?». Nel 2006 sei stato fermo. Come si sopravvive a una stagione di stop? «Quella di fermarmi è stata una mia decisione. La possibilità di continuare a correre l’avevo, mi avrebbero pagato molto bene. Ma a quelle condizioni avrei corso per sopravvivere non per divertirmi. Non è il mio stile. Così mi sono dato al motard. Uno dice: che differenza tra la MotoGP, dove sei pagato profumatamente e guardato da milioni di persone, e la pista sconosciuta dove fai motard. Io invece, se c’è il divertimento, questa differenza non la sento». Quanto ti avevano offerto? «Ancora? CM». Tuo padre ha detto che è stato Ezpeleta, il numero uno della Dorna, a farti fuori dalla MotoGP. « un suo pensiero». Ha detto anche che in 500 e MotoGP la Michelin dava pneumatici migliori a Valentino e peggiori a te e agli altri. «Queste cose si sono sentite dire. Però, boh, non è mai stato chiaro se fosse vero o no». Per la crisi finanziaria la Kawasaki stava per lasciare a piedi Melandri. «Ora che mi hai citato Melandri mi viene in mente un episodio che mi fa ridere. Eravamo in Australia, dopo cena. Appena mi vede, mi viene incontro e mi fa: ”Ciao Max, come stai?”. Il suo alito puzzava di alcol, aveva bevuto. ”Volevo dirti una cosa: io a te ti stimo, vai forte anche con la Yamaha, secondo me sei il più forte, vai veramente forte, solo che mi dicono che non devo tifare per te, non vogliono…”. Hai capito? Qualcuno, nel suo entourage, gli aveva detto che non doveva tifare per me. Queste erano le situazioni in cui mi trovavo». Torniamo ai tuoi inizi. Andavi alle corse con una Fiat Uno. «La Uno celeste di mio padre. Col carrello e la moto sopra. Era troppo stretta per cambiarsi, poi faceva un freddo... Nei primi anni mi guardavo intorno e già vedevo gente col camper, con i motorhome. Io sono partito dal niente. Dal niente». Cosa ti è rimasto di quel periodo? «Mi ricordo che nella Sport Production dominavo con 20 secondi di vantaggio. Ti racconto questa: il vincitore di una gara aveva diritto a un treno di gomme della Pirelli. Io vinsi, così dopo la gara andammo al camion Pirelli e il padre di un pilota, ignorando che fosse il premio, cominciò a urlare: ”Vedi, Biaggi è veloce perché gli danno delle gomme speciali”. Si formò un gruppetto di curiosi e il responsabile della Pirelli chiamò mio padre, gli fece aprire il bagagliaio dell’auto, prese le gomme che c’erano dentro e disse a quel signore: ”Queste sono le gomme con cui corre Biaggi. Io le do a lei e vediamo se suo figlio fa una corsa altrettanto buona”. Questo se le prese e andò via». Com’è finita? «La gara successiva ho vinto con i soliti 15-20 secondi di distacco. E il figlio di quello lì fece la sua solita gara. Vedi: già all’inizio della mia carriera mi accorsi che era un mondo pieno d’invidia. Capisci ora la diffidenza?». Roberto Dagradi dice di lui: A lui è legato il mio ricordo più bello delle corse, la vittoria a Suzuka nel 1996 con l’Aprilia 250, la prima volta per una casa non giapponese. Una vittoria che valevaun mondiale. Io quando lavoravo per un pilota cercavo di non ”innamorarmi”, ma con Max ci sono andato vicino. Stima, rispetto e abnegazione, questi i sentimenti che provavo per lui: abbiamo continuato a frequentarci e a confidarci, parlavamo anche quando non eravamo più nella stessa squadra. Qualche volta ho cercato di capirlo, ma non ci sono mai riuscito fino in fondo. Ho sempre avuto l’impressione che avesse qualche travaglio interiore, come se dovesse dimostrare chissà cosa a chissà chi. Non l’ho mai visto veramente in pace con se stesso. Max era e credo sia ancora uno di quelli che danno il 101 percento, ti fa sgobbare parecchio, ma lui non si risparmia e per questo lo fai volentieri. uno di quelli che non lascia nulla al caso. Poi è caparbio, testardo e convinto dei suoi mezzi come deve essere un pilota. A volte, forse, un po’ troppo. Ma è meglio eccedere, in questo caso. L’aneddoto che ricordo più volentieri l’ho vissuto in Olanda: a un certo punto comunicano i cinque minuti alla chiusura della pista per i piloti e lui non era ancora arrivato al box. Mi precipito con lo scooter a cercarlo nell’hospitality, dove teneva la tuta e dove si cambiava. Gli dico: «Max ma non senti gli altri che sono già in pista!». E lui: «Ma ”ndo vanno questi senza di me?». Lo carico sullo scooter mentre si infila il casco e si allaccia la tuta. L’Aprilia era già in moto, ma stavano per chiudere la pista, così gli faccio: «I guanti te li porto in griglia!». Mentre corro in pista penso che ha rischiato di partire dai box dopo aver conquistato la pole position. Lui era lì ad aspettarmi, come se niente fosse. In quel momento ho capito che era davvero un campione, perché solo il campione vero riesce sempre a stare calmo. In griglia scherzava ancora su quanto freddo avesse alle mani senza guanti...