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 2009  agosto 13 Giovedì calendario

Ayrton Senna

Ayrton Senna Da Silva. Ayrton Senna Da Silva non è stato solo un grande pilota di Formula Uno. Ancor prima di vincere il suo primo campionato di categoria era già un idolo, una specie di leggenda vivente che avrebbe infiammato l’immaginazione del suo Paese e dei fan di ogni parte del mondo. Una leggenda che lui stesso aveva costruito con prodezze e atteggiamenti fin dai tempi in cui, nel cortile dell’infanzia, giocava a montare e smontare le macchinine. L’altro lato della sua aura era invece abbastanza involontario e faceva sì che altri vedessero nello sportivo l’incarnazione di ideali relazionati al futuro del Brasile e più in generale al rapporto fra uomo e velocità. Niente di più ingiusto, quindi, che attribuire la fama di Senna alla sua morte in pista in giovane età, un James Dean della Formula Uno. Vinse il suo primo titolo di categoria nel 1988 ma, già nell’anno precedente, una rivista brasiliana aveva pubblicato un sondaggio secondo cui Senna era considerato il più grande idolo sportivo nazionale, davanti a personaggi del calibro del calciatore Zico, del cestista Oscar e dell’allora due volte campione del mondo Nelson Piquet. Quando correva per la Lotus, la visione di quella macchina nera e di quel casco giallo che fendevano asfalto e pioggia faceva svegliare presto la mattina della domenica milioni di brasiliani. Era un pilota destinato a salire molte volte sul gradino più alto del podio. E così fu. Ironicamente, pur di fronte ad aspettative così elevate, furono necessari più tempo e più lavoro di quanto lui stesso avesse immaginato. Abituato alla gloria precoce in tutte le categorie in cui aveva gareggiato, dal kart alla F3, dove il suo stile temerario e perfezionista al tempo stesso faceva venire i brividi a specialisti e spettatori, nei primi quattro anni di F1 Senna soffrì molto. L’ansia di diventare campione lo ostacolò spesso. In fin dei conti la sua non era un’ambizione da poco: voleva riunire in sé le qualità di Niki Lauda, Jack Stewart, Emerson Fittipaldi e Nelson Piquet. Senza i loro difetti naturalmente. Tutto questo però aveva un significato molto più importante. Senna possedeva un’intensità fuori dal comune: viveva in uno stato di vigilanza assoluta prima, durante e dopo la corsa, la sua capacità di concentrazione era talmente elevata che persino i meccanici erano colpiti dalla quantità di aggiustamenti che riusciva a percepire con il suo computer mentale, dalla sua ossessione nel voler analizzare ogni numero, ogni minima variazione. Da questo punto di vista Senna è stato un idolo sportivo diverso da quelli che il Brasile era solito coltivare. Era un tecnico e non un intuitivo, sapeva improvvisare e giocare, ma partendo da progetti pensati con rigore. Percorreva le piste a piedi per verificarne le ondulazioni, manteneva un altissimo standard di preparazione fisica, passava ore e ore esaminando la meccanica della vettura. Anche lui si considerava un predestinato, ma sapeva che per portare a compimento il suo destino doveva lavorare alacremente. Quando la maturità gli regalò chiarezza circa la differenza fra arroganza e fiducia in sé stessi, il sogno cominciò a trasformarsi realtà. Sempre meglio avere troppo coraggio che averne troppo poco, pensava, perché si fa sempre in tempo a livellare gli eccessi. Senna è ancora oggi considerato da molti colleghi il pilota più veloce della storia, non necessariamente il migliore o il più vittorioso (lo sanno tutti che quello è Michael Schumacher). La prova di ciò è l’alto indice di pole position in carriera, una media che nemmeno Schumacher ha raggiunto, nonostante abbia affrontato avversari meno qualificati. Nessuno come Senna sapeva regolare la macchina e nessuno come lui riusciva a sfruttarla tanto fin dai primi giri. In curva accelerava prima e frenava dopo, guidando con uno stile aggressivo e spigoloso che pareva ispirato a una tela di Picasso. Piloti come Alain Prost, il suo principale rivale in pista, e Niki Lauda, uno di quelli che lo hanno definito il più veloce, criticavano Senna perché era freddo, voleva la vittoria a tutti i costi, metteva in pericolo gli altri corridori. Insomma, perché era troppo aggressivo. Ed effettivamente in carriera Senna ebbe molti più incidenti di Prost, che come pilota era più regolare e controllato di lui. Ma era anche il primo a ricordare che, in proporzione, aveva fatto poche volte il giro più veloce. Uno dei motivi era quella sua fissazione di risparmiare i pneumatici e mantenerli in equilibrio, anche per poterli sfruttare al meglio quando si tuffava in curva. Questa combinazione di strategia e temerarietà spiega la sua imbattibilità sotto la pioggia, soprattutto in circuiti sinuosi come quello di Monaco. Col tempo, ovviamente, anche lui capì che in certe situazioni si era spinto troppo oltre. A fine stagione 1988 cominciò a rilasciare dichiarazioni di stampo religioso: disse di aver visto Dio sulla pista del GP in Giappone, quando era diventato campione recuperando 14 posizioni di svantaggio su Prost: forse quel giorno abbiamo assistito al più grande show individuale nella storia della Formula Uno, l’equivalente automobilistico della performance di Maradona nella Coppa del Mondo del 1986. Sia come sia, Senna chiese scusa agli amici che aveva allontanato con la sua ostinazione e da quel momento diventò un pilota più sereno, capace di tollerare un secondo posto («Il primo degli ultimi» diceva) se l’importante erano i punti. «Le persone devono trovare il modo di controllare il proprio temperamento» dichiarò a una rivista tedesca all’inizio dell’89. Il 1989 non sarebbe stato un anno equilibrato. Oltre ad avere appoggiato il futuro presidente del Brasile Fernando Collor, che come lui adottava un’immagine spavalda e che in seguito sarebbe stato destituito per corruzione, Senna si lasciò coinvolgere in una serie di polemiche con l’altro suo grande rivale, Nigel Mansell, e vide Prost soffiargli quello che avrebbe potuto essere il suo secondo titolo mondiale. Fu in quell’occasione che il francese si lasciò andare a una frase tagliente: «Ayrton pensa di non poter morire perché crede in Dio» disse Prost. L’anno seguente un altro incidente con Prost: all’ultimo GP della stagione il brasiliano tenta un sorpasso quasi impossibile, l’avversario lo chiude, le due auto si scontrano e l’abbandono di Prost gli consegna il titolo. Senna taglia corto e riassume: «Quest’anno sono stato più costante». Il titolo del 1991 sarebbe stato il più incontestabile di tutti. Il progettista della McLaren, Steve Nichols, arrivò a dire che «Senna aveva come dei sensori sparsi per il corpo» tale era la precisione della sua lettura della macchina in ogni istante. La Williams di Mansell correva di più, ma a 31 anni Senna era più maturo che mai. Dopo la vittoria a Suzuka fece il giro d’onore con una bandiera del Brasile, lanciando di fatto una moda, e confermando la sua fama gloriosa, da San Paolo all’estremo Oriente. Fino a quel momento aveva ottenuto una pole ogni due gare e una vittoria ogni quattro. Purtroppo nelle stagioni 92 e 93 le vetture ebbero dei problemi e Senna si piazzò rispettivamente al quarto e al secondo posto, con molti ritiri. L’arrivo in Williams nel 1994 prometteva una nuova fase ma a San Marino, il 1° maggio, un errore degli ingegneri nella regolazione dello sterzo uccise il tre volte campione del mondo. Domenica di lutto, che decretò la fine delle domeniche di lotta regalate da Senna al popolo brasiliano. In Brasile non si era mai visto niente di simile nemmeno nel 1985, alla morte di colui che sarebbe dovuto diventare il primo presidente democratico dopo 20 anni di autoritarismo militare, Tancredo Neves. Milioni di persone scesero in strada per vegliare Senna, in lacrime, abbracciati a fiori e bandiere, con una commozione che prese alla sprovvista persino gli organi di stampa. A quel punto la leggenda iniziò a diventare mito. Solo in seguito, con uno sguardo retrospettivo, sarebbe stato possibile comprendere che Senna aveva rappresentato l’idea di un Brasile più moderno, più sintonizzato col mondo, capace di bruciare le tappe come faceva lui con i suoi sorpassi. Il fatto che anche il mondo abbia visto in lui un modello, non ha fatto altro che accentuare questa mitizzazione. Senna però garreggiava in un periodo in cui il pilota faceva molta differenza e in questo senso il suo stile rimane inimitabile. Con i suoi sprint e i suoi record, Ayrton Senna resterà sempre un riferimento quando si vorrà riflettere sull’intensità della mente davanti alle sfide della velocità, sul contrasto fra velocità e controllo. Dopo di lui, malgrado una maggior prudenza, siamo diventati tutti meno paurosi.