Moreno Pisto - Riders n. 17 Marzo 2009, 13 agosto 2009
Andrea Dovizioso «Quindi». Inizialmente pensi che sia un intercalare. Poi cominci a insospettirti
Andrea Dovizioso «Quindi». Inizialmente pensi che sia un intercalare. Poi cominci a insospettirti. Infine capisci che Andrea Dovizioso ripete ossessivamente questa parola, quindi, perché tutto ciò che fa e dice è figlio di un ragionamento logico, deduttivo. In due ore di chiacchierata l’avrà detta almeno 30 volte. Segno che a qualsiasi conclusione ci arriva per gradi. Non lascia niente al caso, Andrea. Non si rassegna mai all’istinto puro. Dovizioso è razionalità, meticolosità, precisione e strategia. Non riesci mai a capire se stia per sorridere o incazzarsi. E dimostra una maturità poco comune per un ragazzo di 23 anni (li compie il 23 marzo). Il suo carattere si riflette nello stile di guida, nell’approccio alle gare e nelle scelte che ha fatto durante la vita da pilota. Concentratevi e ripercorrete tutta la sua carriera: nel 2002 partecipa al primo vero campionato, quello 125, in sella a una Honda. Nel 2004 vince il Mondiale, passa in 250 e resta con la Casa giapponese anche se Honda gli mette a disposizione una moto inferiore rispetto ad Aprilia: colleziona un terzo e due secondi posti (dietro Dani Pedrosa e Jorge Lorenzo). Osservatelo ora. Alla fine della prima stagione in MotoGP col team satellite Honda Jir Scot arriva quinto (primo tra i privati) e riesce a ottenere ciò che voleva: la Honda HRC. Quella ufficiale. Quella che è stata di Valentino Rossi, Nicky Hayden, Max Biaggi e prima ancora Mick Doohan. Dopo sette anni di gavetta ce l’ha fatta. Onore al merito e alla costanza. Tra una pausa e l’altra dello shooting partiamo con l’intervista. Parla chiaro, Andrea. diplomatico, soppesa le parole, ma quando c’è da tirare qualche frecciata non si nasconde. Le ha tirate ai suoi avversari storici, da Marco Simoncelli a Lorenzo e Alex De Angelis, ma anche al suo nuovo compagno di squadra Pedrosa (e al manager Alberto Puig), alla Yamaha e a Marco Melandri. Finalmente l’HRC. Un premio fedeltà. «Non mi piace questa teoria. Sicuramente i sette anni con la Honda hanno influito, però penso di essermi meritato la moto ufficiale con i risultati. Per diventare pilota HRC la fedeltà non basta. Con una stagione come quella di De Angelis non credo mi avrebbero confermato». C’è chi dice: ora si vedrà quanto vale veramente. «Quanto valgo l’ho già fatto vedere. vero comunque che io ho sempre cercato e chiesto il pacchetto migliore. Adesso ce l’ho. Quindi mi va bene che la gente dica che devo dimostrare chi sono, perché anch’io ora so che bisogna fare solo una cosa: lavorare per vincere». Non temi un contraccolpo psicologico com’è successo l’anno scorso a Melandri con la Ducati ufficiale? «Sono consapevole che per me sarà un anno importantissimo. Ma la pressione mi piace, Sotto pressione riesco a dare il meglio. Melandri mi ha un po’ deluso per il comportamento che ha avuto. Si è arreso e non ha più cercato di adattarsi. Secondo me un pilota professionista del talento di Marco non lo deve fare». Tra te e Pedrosa non ci sarà alcun muro. « giusto così. Ovvio, tra me e Pedrosa non c’è un rapporto d’amore, ma nemmeno un odio come forse c’è in Yamaha, dove la scorsa stagione sono arrivati al punto di erigere un divisorio». In Yamaha c’era la questione delle gomme differenti nei due team. «Ma ora non c’è più. Mentre il muro è rimasto. Quindi...». Tuo padre Antonio dice che in 250 hai imparato tantissimo perché hai faticato molto per restare al passo di chi aveva una moto superiore alla tua. Sei d’accordo? « vero. Quindi per giocarmi il titolo ho dovuto sforzarmi di più. E quando riesci a farlo significa che hai capito cosa ti serve per tirare fuori il massimo. Il frutto di questo si è visto l’anno scorso: con una moto satellite spesso sono riuscito ad arrivare davanti alle ufficiali». Nelle ultime gare del 2008 hai dato l’impressione di riuscire a portare il cuore oltre il limite. Dove non arrivava la moto ci arrivavi con la caparbietà. «Ci hai preso in pieno. Sia in Malesia (terzo posto grazie ad alcune staccate paurose, davanti all’ufficiale Hayden) sia a Valencia (quarto posto), ho dato un qualcosa in più. Io sono sempre stato un tipo razionale, e questo è un pregio. Ma può diventare un difetto se, quando ce ne fosse il bisogno, non riuscissi a tirare fuori l’istinto. In quelle gare l’ho fatto. Quindi sono servite a farmi capire quanto sono migliorato». Hai ricordato Valentino: un mix perfetto di cuore, coraggio e razionalità. «Io e lui siamo due persone molto diverse ma per certi aspetti molto simili. Soprattutto per l’approccio alle gare dove, con l’adrenalina e la tensione, riusciamo a dare il meglio e a fare la differenza». In questi sette anni hai mai pensato di lasciare la Honda? «A fine 2006 stavo per andare all’Aprilia, poi mi hanno convinto a rimanere. Purtroppo non hanno mantenuto le promesse di sviluppo, ma ormai è acqua passata». E quest’anno qualche team ti ha cercato in modo insistente? «La Suzuki. Ma ovviamente la Honda era la mia prima scelta». Da un team satellite a uno ufficiale. Nessuno più di te può rispondere a questa domanda: è ancora possibile che un pilota di una squadra privata possa vincere un mondiale? «Al giorno d’oggi no. Al massimo, con la fortuna, i collaboratori capaci e le gomme giuste, può vincere una gara. probabile che con la monogomma qualcosa cambi. Vedremo». Hai detto: «Da quando c’è Valentino tutti si aspettano che un pilota sia la sua copia». «Adesso non basta più il risultato, devi anche essere brillante. Guardiamo Stoner: negli ultimi due anni è stato impressionante, eppure in alcune gare è stato fischiato. Tanto di cappello a Valentino, ma non tutti possono essere estroversi come lui. Uno non può risultare antipatico solo perché è timido. L’importante è che sia corretto, e Stoner lo è». Hai aggiunto: «Meglio non fare niente che fare qualche tamarrata alla Lorenzo». Cosa intendevi? Ride. «Lorenzo è molto, molto strano. Ha un atteggiamento da sbruffone. Questo non vuol dire che lo sia, però è quello che comunica ogni volta che lo inquadrano. Si vede che è costruito, non naturale». Quando arriverà il primo podio di Dovizioso con la HRC? «Non rispondo volentieri perché dovrei dire che deve arrivare subito, ma io devo solo pensare a lavorare bene e a migliorare: se faccio così, i risultati arriveranno». E vinci il mondiale nel...? Ride. «No, non rispondo». L’anno scorso ha vinto Vale o ha perso Stoner? «Vale non è andato più forte di Stoner, quindi (ha un lapsus) ha vinto Stoner. Ehm, cioè, volevo dire Vale. Ripeto: Vale, da quando ha cominciato a bastonare Stoner, non è mai andato più forte di lui. Ha guidato sempre al limite, questo sì. Ma se Stoner non avesse commesso due, tre errori decisivi, il campionato sarebbe stato aperto fino all’ultima corsa. Valentino lo ha battuto sul piano psicologico. Quindi ha vinto Valentino e perso Stoner. Chiaro?». Sarà una lotta a due anche questa stagione? «Questa stagione sarà molto ma molto ma molto più interessante. Considerando però che Stoner, Pedrosa e Valentino erano già abituati alle gomme Bridgestone. Io e Lorenzo abbiamo dovuto iniziare il settaggio da zero». A proposito di Lorenzo: la sua stagione scorsa è stata strana. « partito fortissimo, poi è incappato in alcune cadute, anche brutte. Questo ha confermato il mio giudizio su di lui. E cioè che tutto quello che fa, lo fa d’istinto. In questo modo fin quando ti va tutto bene vai forte, ma se qualcosa comincia a non tornare e non ti sai limitare, sprofondi. Se non rifletti su quello che fai e ti comporti solo istintivamente, prima o poi ti fai male. Soprattutto in MotoGP, per come sono fatte le moto e per i piloti che ci sono. Lorenzo è l’unico pilota che non capisco. In certe gare va veramente forte, in altre è come se si perdesse. E il brutto è che non riesce a dare alcuna spiegazione». E Simoncelli? «Lo conosco da quando ho sette anni, ci siamo sempre giocati i campionati. Si è meritato la vittoria in 250 con un campionato dignitoso. Lui è un talento, lo è sempre stato, però aveva raccolto ben poco. Adesso è maturato. Non credo però che la crescita sia stata frutto solo dell’intelligenza. Penso che sia stato aiutato». Da chi? «Preferisco fermarmi qui. Aiutato. Punto. (Ci pensa qualche secondo, poi riprende). Anzi no, non voglio creare polemiche. stato aiutato da Valentino. Perché Simoncelli è sempre andato forte ma Valentino, essendo suo amico, se l’è preso a cuore e gli ha fatto capire dove sbagliava. stato un aiuto positivo, che lo ha instradato. Comunque gli faccio i complimenti». Hai detto che ha fatto un campionato dignitoso. Cosa intendi? « un dato di fatto che abbia vinto un campionato non all’altezza dei precedenti». Il prossimo mondiale 250 come sarà? «Diciamo che quando restano solo due piloti a giocarsi il mondiale, cioè lui e Alvaro Bautista, il livello fatica a rimanere alto». Andrea si dedica completamente alle fotografie. Una settimana dopo ci incontriamo in un bar di San Donato, Milano sud. Lui arriva a bordo di un furgoncino griffato Red Bull. Ha appena ritirato una Honda CRF 450 da cross, la sua passione. La mostra come se fosse un trofeo. Finita l’intervista andrà in un ospedale dove il suocero del suo manager, il dottor Alessandro Frigiola, si occupa dell’Associazione Bambini Cardiopatici (bambinicardiopatici.it). Racconta: «Una volta ho assistito a un’operazione. C’era un fagottino intubato sotto un telo di plastica con un solo buco. All’altezza del cuore. Mi sono commosso. Impressionante. Lì dentro ho capito quanta pena possa provare un genitore per il proprio figlio e quale sia il valore della vita. Io sono il primo tifoso di quei bambini». difficile trovare un ragazzo di 23 anni così maturo. «Mi capita spesso di sentirmelo dire e sono contento che tu me lo ripeta, è una soddisfazione. Ho sempre avuto un carattere deciso e riflessivo, forse per il rapporto che hanno avuto i miei genitori, un po’ burrascoso. Per tanti anni hanno litigato in casa, io ero piccolo e mi mettevo già nel mezzo. Questa cosa mi ha responsabilizzato e mi ha fatto diventare un tipo solitario. Ancora adesso mi dicono che non sono solare, che sono chiuso, ma da piccolo ero peggio. Quindi posso dire che sono maturato da solo. Che sono stato obbligato a maturare, a capire cosa mi serviva per farmi stare bene». Chi ti ha aiutato? «Mio padre, che è tutto il contrario di me. Quando è andato via da casa sono rimasto con mia sorella e mia mamma, ma lui, fino a 14 anni, è stato il mio meccanico e il mio preparatore. Devo dire grazie anche al mio preparatore, Yuri Naldini». Quando si sono separati i tuoi genitori? «Non c’è stato un giorno preciso. Litigavano già quando avevo tre, quattro anni, credo che si siano divisi quando ne avevo dieci. Ma non ricordo, ho un po’ rimosso». Hai sofferto molto? «Abbastanza. Perché mettendomi nel mezzo non ci stavo bene, però è anche vero che non avevo l’età sufficiente per capire determinate dinamiche. Quindi se si fossero lasciati più tardi forse avrei sofferto di più». Torniamo a parlare di moto. Hayden è passato in Ducati dopo tre anni alla Honda, dove ha subito le decisioni della coppia Pedrosa-Puig (Alberto, il manager di Pedrosa). Ma si è sempre comportato bene, non si è mai lamentato. Tu farai lo stesso? «Credo di sì. Perché parlare e fare casino complica le cose. Puig riesce ad avere un ascendente su persone influenti della Honda, tira l’acqua al suo mulino e fa bene. Però penso che non durerà tanto. Può farlo finché il pilota vince. Ma quando non vince...». E Pedrosa in MotoGP non ha mai vinto... «Io di Pedrosa ho una grossa stima. uno dei più forti, anche se ha delle lacune che purtroppo vengono fuori nelle bagarre, quindi passa per essere uno che non sa combattere. Però ha altri pregi: quando sta bene, per esempio, va via anche con dieci secondi di vantaggio. Significa che, se è a posto, è di una superiorità imbarazzante. Io so quanto va forte perché l’ho incontrato in 125 e 250. Lui era sempre un anno avanti e con un’assistenza diversa da parte del team, ma già allora andava veramente veloce. La gente pensa che io sia arrivato alla Honda per spodestarlo dal trono, ma non è così. Imparerò molto al suo fianco». Come va la convivenza? «Dicono che non ci possiamo vedere, ma non è così. Non ci siamo mai amati, ovvio. Ma lo conosco da sette anni. Sono sette anni che lo trovo in clinica mobile e gli parlo serenamente. Il fatto è che si rende conto di essere in una situazione difficile: sa che deve vincere e sa che io potrò dargli fastidio. Quindi so che non potremo mai diventare amici. Con lui comunque mi piacerebbe avere un rapporto rilassato, anche se credo che venga influenzato da Puig. Dani è un ragazzo tranquillo. Poi, quando ci sono altre persone con lui, cambia. Faccio un esempio: durante la festa di fine stagione a Valencia si è fatto fotografare con mio padre e tutti i miei amici. Con Puig accanto forse non l’avrebbe fatto». Chi non vorresti dietro all’ultima curva? «James Toseland. Uno che si butta dentro anche se non c’è spazio. Piuttosto ti manda a terra». Cambiamo argomento. Leggi? «No. Però mi imporrò di farlo. Apre la mente». Musica? «Vasco. Ho visto anche un suo concerto, a Udine». Auto? «Quella che ho: l’Audi R8. Ma anche le Volvo: comode e sicure. Sono anni che le guido». Sesso: la prima volta? «Sedici anni». A letto: sopra o sotto? «Eh... dipende con chi lo fai». Meglio una notte di sesso o una vittoria? Ci pensa. «Dipende da vari fattori: se vinci in volata contro uno che ti sta sul cazzo, non ci sono paragoni. Quindi la vittoria». Sei sempre fidanzato? «No. Mi sono lasciato dopo un anno e mezzo, prima dell’ultima gara della stagione scorsa a Valencia. Quando stai con una persona è inevitabile scendere a compromessi. Fin quando l’amore c’è ok, ma quando finisce...». Droghe leggere legalizzate: sì o no? «No». Berlusconi o Veltroni? «Niente politica». Ronaldinho o Ibrahimovic? «Anche se sono milanista rispondo Ibra, è più completo». Angelina Jolie o Sharon Stone? «La Jolie ha un che di pazza. Quindi la Stone». Valentino o Pedrosa? «Valentino». Stoner o Adriana? Ride. «Sono un bravo ragazzo. Meglio Stoner». Puig o Gibo Badioli, l’ex manager di Valentino? «Diobo’. Rifiuto tutti e due». Previsioni: Dovizioso tra dieci anni. «Se avrò vinto tanto sarò un ex pilota che avrà smesso di correre». Rifaccio la domanda: il primo mondiale in MotoGP lo vinci nel...? «Ancora? Non rispondo a questa domanda». Nel 2011? «Diobo’, così tardi?».