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 2009  agosto 13 Giovedì calendario

Casey Stoner. «Lo abbiamo trovato cambiato, più maturo». Tutti, in Ducati, hanno pensato questa cosa quando si sono trovati davanti a un Casey Stoner al rientro in Italia dopo le vacanze australiane, nei primi giorni del 2009

Casey Stoner. «Lo abbiamo trovato cambiato, più maturo». Tutti, in Ducati, hanno pensato questa cosa quando si sono trovati davanti a un Casey Stoner al rientro in Italia dopo le vacanze australiane, nei primi giorni del 2009. E l’hanno ripetuta a noi il giorno in cui siamo andati a fotografarlo. Non lo vedevano dalla fine del campionato, quello in cui ha dovuto lasciare lo scettro della MotoGP a Valentino Rossi. E adesso lui è a Borgo Panigale, Bologna, per un appuntamento che lo rende nervoso: la visita all’ospedale di Modena per controllare come procede il recupero dello scafoide operato alla fine della stagione scorsa. Stoner, 23 anni, campione del mondo 2007 e ormai bandiera della Ducati, è accompagnato dalla moglie Adriana e da due amici, uno è Leon Camier, pilota della SBK inglese. piuttosto diffidente, guarda per terra e risponde a monosillabi. Precisa: «Non toccatemi troppo i capelli». Ma quando parla, regna il silenzio: ciò che decide è legge. Non si discute. Livio Suppo, capo progetto Ducati in MotoGP, lo giustifica così: «Casey non ha alcun interesse a mostrarsi ai media. Vuole solo correre in moto e poi essere invisibile: tutto il resto, per lui, è solo una gran rottura di coglioni». Casey ha una BMW X5, indossa una collana di metallo, regalo di Natale del suo nuovo compagno di squadra Nicky Hayden, un braccialetto verde, e una fede molto spessa che a volte si sfila passandola ad Adriana. Un rito abituale, per chi li conosce bene: prima di salire in moto Stoner si toglie l’anello, lo mette ad Adriana che, a sua volta, aspetta il ritorno di Casey per infilarglielo all’anulare sinistro. A voler essere romantici si potrebbe dire che si risposano alla fine di ogni prova o gara. Piccola coincidenza: nel servizio fotografico, la cassa delle luci dietro di lui ha un numero piuttosto simbolico, il 27, il suo. Per Casey questo sarà un anno particolare. L’anno scorso Valentino Rossi lo ha sconfitto soprattutto psicologicamente. Lui lo sa. Allo stesso tempo però sa anche che ha i mezzi per batterlo ancora come nel 2007, e sa anche di essere molto veloce. Lo ha dimostrato nei primi test della stagione e i piloti collaudatori Ducati confermano: «Tutti i piloti vanno al 98 per cento, hanno un due per cento di margine. Lui no. E non riusciamo a capire come faccia. Se noi entrassimo in curva alla sua velocità, non sopravviveremmo». Il suo stile di guida potrebbe essere definito così: a vita persa. Che Casey sia il più veloce, lo sanno pure i fedeli di Valentino e gli avversari. «Stoner è il più rapido. Ma abbiamo visto che questo non basta» dice Graziano Rossi, il padre di Vale. Andrea Dovizioso, Honda HRC, conferma: «Rossi, per batterlo, ha dovuto dargli una lezione mentale e guidare sempre al limite. Una sola delle due qualità non sarebbe bastata». Nonostante la delicatezza di un periodo del genere, cosa ti piace di più della tua vita in questo momento? «Proprio le corse. uno stile di vita frenetico, ma non appena mi trovo sul circuito, non c’è nessuno a dirmi cosa devo fare. una libertà difficile da spiegare. La parte migliore è la paura davanti alle curve, quando non sai se riuscirai a farcela. Cerchi di stare nei limiti ma a volte devi spingerti oltre ed è li che l’adrenalina sale». Hai sempre provato queste emozioni? Ti sentivi così anche quando eri un bambino? «Sì, decisamente. Mi è sempre bastato un circuito a due curve per divertirmi e cercare di dare il meglio di me. (Casey ha iniziato col dirt track). Qualsiasi cosa tu faccia sei decisamente competitivo. Da dove hai preso questa caratteristica? «Non lo so, davvero. Quando ho iniziato a correre su strada sterrata in Australia vincevo molto e credo che chiunque vinca prenda questa particolarità. Si può imparare a perdere, ma se hai il pallino della vittoria, allora fai di tutto per provare ancora quella sensazione. E se perdi... non ti va giù». Credi sia duro per uno sportivo come te non trovare lo stesso tipo di adrenalina in altri campi della vita? «No, perché riesco a provare, se non proprio le stesse emozioni, emozioni simili in diverse circostanze. Credici o meno, ma anche a starmene seduto in veranda in mezzo ai tuoni e ai lampi mentre piove a dirotto… Potrei starci tutto il giorno. Mi piace la parte lenta della vita perché, dato il mio stile adrenalinico e sregolato, mi fa piacere rallentare un po’, ogni tanto». Hai mai pensato alla tua vita senza le corse? C’è mai stato un momento in cui ti sei detto: «Forse questo non è quello che voglio»? «Credo che tutti i piloti ci passino a un certo punto, a me è successo. Quando ti capitano dei periodi difficili che sembrano non finire mai… Uno si chiede perché arrivino, ma se continui a lottare ti posso garantire che ne esci più forte». Nella tua vita hai preso decisioni importanti già da giovanissimo. Sembra che un sacco di cose ti siano molto chiare in testa… «Sicuramente la cosa più importante che io abbia imparato è che essere maturi, nella vita, significa rendersi conto che non si finisce mai di imparare. Capire che non si conosce tutto e che a volte non si sa nulla. Questo ti aiuta a rispettare chi hai intorno, a renderti conto che forse non ne sai più di loro. Capisci che devi andare avanti con la tua vita senza preoccuparti di quello che non ti tocca». Molti hanno un’idea del tuo carattere basata su quello che vedono nei circuiti, quando sei generalmente in modalità da corsa. E quindi timido, riservato, solitario. Sei d’accordo? «Credo di sì. Ora va meglio perché la gente sta imparando a conoscermi, mentre prima quella stessa gente si faceva un’idea di me senza sapere minimamente chi fossi». E con gli altri piloti come va? «A essere onesti credo ci siano solo tre piloti con cui non vado d’accordo nei circuiti. Non riesco ad andarci molto d’accordo perché hanno giocato sporco nei miei confronti nelle classi inferiori in passato». Chi sono? «Io non parlo male delle persone non presenti, non sono uno scorretto, ho la fedina pulita». (Non li dice, ma li sappiamo: sono Alex De Angelis, Mika Kallio e Jorge Lorenzo). Cosa faresti se non fossi un pilota? «Sicuramente il meccanico o qualcosa che ha a che fare con le moto». Chi è il tuo mito? «Mick Doohan. sempre stato lui il mio idolo e forse è la ragione per cui adesso sono qua». Se non fossi un pilota, per chi tiferesti? «Valentino». Ma è il tuo avversario numero uno. « vero. Ma è forte, fortissimo. Poi mi piace molto il modo in cui si relaziona con la gente e con i media, sempre col sorriso sulle labbra. Ha un talento per cui riesce sempre a portare tutti dalla sua parte, anche se ha torto. Battermi con lui è stato e sarà un onore». Qual è la tua gara preferita? «Assen 2008, non mi è mai capitata una gara più semplice di quella. Ho guidato al massimo per arrivare a un certo livello, poi ho rallentato del cinque per cento ed ero ancora molto più veloce di tutti gli altri. Avrei potuto vincere con un distacco molto più grande». E la più grande sconfitta? «Sicuramente Laguna Seca, la stagione scorsa: è stata dura da mandare giù. Ma anche in Cina, nel 2008, ho sofferto molto. La moto aveva dei problemi e vedere gli altri scappare, senza avere la possibilità di recuperarli, mi ha frustrato». Quest’anno la Superbike potrebbe essere molto più interessante della MotoGP. «La SBK è una classe fantastica, con corse fantastiche. Ma considerando i piloti e le performance delle moto sono ancora molto indietro rispetto a noi. Alcuni ex campioni della MotoGP sono andati lì e hanno alzato il livello, ma non è ancora sufficiente...». Il miglior circuito secondo Casey Stoner? «Ho cambiato idea negli anni. Prima era Brno, poi il Mugello. Ultimamente però preferisco Phillip Island. Da poco ho cominciato ad apprezzare le difficoltà delle parti rapide della pista. Mi dà decisamente una bella scarica di adrenalina questo circuito». Ti piacerebbe guidare una macchina da Formula Uno? «Decisamente sì. Ma non ora. Ho intenzione di imparare un po’ meglio ad andare in kart e arrivare a un buon livello prima di provare con un’auto da F1. Quando lo farò voglio essere pronto alla competizione ed evitare figuracce». Come definiresti il tuo senso dell’umorismo? Cos’è che ti fa ridere? «Ho un senso dell’umorismo poco convenzionale. Non che sia strano, ma rido di cose che in genere non fanno ridere». Qual è la tua barzelletta preferita? «Un signore entra in un caffè. Splash!». Ti chiedi mai quanto durerà la tua carriera? « qualcosa a cui penso spesso, qualcosa che ho sempre in mente. Mi piace molto correre in moto ma tutto quello che c’è intorno − la popolarità, l’impossibilità di avere una vita tranquilla − è qualcosa che faccio fatica a sopportare. Ci sono un sacco di cose che non ho fatto quand’ero piccolo perché ero sempre in giro a lavorare per la mia carriera. Probabilmente continuerò a correre ma, nel frattempo, a discutere con me stesso per i prossimi 12 anni Non saprei, ma ho voglia di farmi una famiglia in un futuro non troppo lontano e vedere cosa succede. Appena smetterò potrò costruirmi quella vita che non ho avuto, allo stesso tempo, però, adesso la mia dedizione per quello che devo fare è massima, senza paragoni». Quali sono esattamente le cose che ti sono mancate mentre sei cresciuto? «Viaggiavamo molto per l’Australia, può sembrare che abbia passato molto tempo in vacanza ma non è esattamente così. Andavo dritto a una gara e poi subito a casa, con dieci ore di guida all’andata e dieci al ritorno. Non ci siamo mai fermati a goderci un weekend da qualche parte, e questo è qualcosa che voglio davvero fare quando smetterò. Ho vissuto con una valigia più o meno per gli ultimi dieci anni e il mio sogno è poter aprire un cassetto la mattina e tirar fuori un paio di calzini, anziché scendere le scale e andare a scovarli in valigia. Sono abbastanza stufo, non vedo l’ora di mettere le radici da qualche parte e gustarmi quelle cose della vita che fanno gli altri. Avere un lavoro normale, con i weekend liberi per rilassarmi e passare del tempo con la mia famiglia. Sono le cose semplici che credo mi manchino. Con me c’è sempre Adri, quindi alla fine non mi manca niente. A parte, appunto, starmene a casa e potermi svegliare nello stesso letto ogni giorno per più di due settimane». Cosa ha portato Adriana nella tua vita? «Fondamentalmente mi tranquillizza. Quando viaggiamo accumulo molto stress, ma lei no, è quella sempre calma, prende in mano le situazioni che io non riuscirei a gestire, l’ammiro per questo. E se mai si fa prendere dallo stress, di solito è quando sono calmo io, perciò siamo complementari l’uno all’altra.  la mia compagna, la mia vita… tutto per me». Ti sei sposato davvero presto. «Per quanto mi riguarda, l’età è solo un numero. Da quando ho incontrato Adriana sono una persona molto più felice e la stabilità del matrimonio mi consente di concentrarmi molto di più sul mio lavoro. Se sono felice fuori dalla pista lo sono anche dentro». Sposarti così giovane ti ha anche aiutato a maturare? «Adri mi ha reso più maturo sotto molti punti di vista e più immaturo sotto altri (ride). Conosco il mio punto debole − a volte mi scaldo troppo facilmente − ma ci sto lavorando sopra e forse non lo avrei mai fatto senza dei lei». E qual è quello di forza? «Sono una persona abbastanza accomodante, a meno che qualcuno non mi faccia veramente innervosire». Hai una pagina su Facebook o MySpace? «No». Meglio il Mac o il Pc? «Il Mac». Qual è il tuo piatto preferito? «I tacos dei miei genitori: mia mamma cuoce la carne e papà prepara una salsa. Sublimi». Cosa invidi ai tuoi coetanei? «Non li invidio. A volte, come ho detto, vorrei avere una vita più tranquilla, ma con la fatica che ho fatto per arrivare fin qui non farei mai a cambio con qualcun altro». Come finirà quest’anno? «Io lo so e potrei anche tirare a indovinare. Ma non lo dirò. Una cosa è certa: per battere i miei avversari sono pronto a tutto. Anche a fare l’impossibile».