Moreno Pisto. Riders n.22 Agosto 2009, 13 agosto 2009
Marco Melandri «Per diventare libero Cambiare Combatterò Con le mie notti bianche Combatterò Devo ricominciare A inventare me» Alex Baroni, Cambiare Hospitality del team Hayate, sono quasi le sei
Marco Melandri «Per diventare libero Cambiare Combatterò Con le mie notti bianche Combatterò Devo ricominciare A inventare me» Alex Baroni, Cambiare Hospitality del team Hayate, sono quasi le sei.Marco Melandri è seduto, guarda i tempi dei rookie sullo schermo Lcd, dà le spalle all’ingresso, la barba è incolta, ha gli occhiali da sole appoggiati sulla visiera del cappellino nero, coprono in parte la scritta in bianco For Free. «Ti piace? Perché sono libero» dice Melandri scherzando. Accanto a lui il suo manager, Alberto Vergani, lo chiama Faustino. Ridono. Cose nostre, dicono. il giro di boa dopo 11 anni di motomondiale. un nuovo inizio. L’alfa e l’omega per questo ragazzo che ha lavorato due lustri per diventare il pilota più promettente mai realizzato fino in fondo, quello con il più alto potenziale mai sfruttato fino alla fine. Che si è trovato, indagando dentro di sé, un modo per resistere, per rinascere. Per difendersi. E ricominciare. Ha dovuto passare infortuni, un mondiale vinto ma altri buttati via per un punto o per sfortuna, il 2008 disastroso in Ducati con lui che arrivava ultimo e il compagno, Casey Stoner, che ogni giro lo distanziava di due secondi. Allontanandolo dalle sue aspettative, ambizioni, certezze e avvicinandolo sempre più a quelle voci che fanno male: «Non sa più guidare», «pensa solo alla gnocca», «è finito». Poi è passato in Kawasaki, c’è restato nonostante il ritiro dell’azienda giapponese e ha continuato col team privato Hayate. Zero sponsor, zero soldi. «Volevo dimostrare che avevo ancora voglia di correre e di lottare per cercare una buona sella per il 2010». Ci è riuscito. IL FUTURO Adesso tutti lo danno in Honda Gresini: per lui sarebbe un film già visto. Lì ci era andato dopo due anni in MotoGP non esaltanti con Yamaha. Un ottimo modo per ripartire, per ritrovarsi. «Fausto Gresini è stata una delle persone che più mi hanno aiutato in questo periodo difficile. Nel 2008 mi portava a cena, mi dava dei consigli da amico e non l’ha mai fatto per secondi fini, è stato una pedina fondamentale per la mia crescita. Credo che persone come lui, in MotoGP, non ce ne siano più. Fausto è il titolare del miglior team che abbia mai avuto. Io pretendo il massimo dalle persone che sono al mio fianco perché pretendo il massimo da me stesso. E da lui ho trovato gente con la mia stessa mentalità, che dava tutto senza fare sforzi. I giornali mi danno già lì e le probabilità sono alte. Vediamo». RIMPIANTI E LEZIONI DI VITA Il suo sito (marcomelandri.it) è forse il migliore tra quelli dei piloti. La biografia però si ferma a fine 2007. Come se la sua carriera si fosse chiusa lì. Come se il 2008 e la stagione in Ducati non ci fossero mai stati. un caso? Ride, poi sospira, abbassa lo sguardo e quando lo rialza dice: «Non lo so. Nel 2008 si è fermato un po’ tutto. Diciamo che non mi dispiace». l’ora di affrontare i rimpianti. «Tanti. Ho perso mondiali per un soffio, contro Alzamora in 125 che non aveva mai vinto una gara in campionato, in MotoGP sono arrivato secondo e quarto. Tutto questo per infortuni, c’è gente che cade e non si fa niente, io quando cadevo dovevo restare fuori tre-quattro gare per riprendermi. Ma anche gli errori che ho commesso sono stato contento di averli fatti. Lezioni di vita. A vedermi da fuori chiunque dice che ho fatto male ad andare in Ducati e poi in Kawasaki, ma sono stati mali necessari, se non avessi sofferto non avrei capito quanto voglia correre per vincere, non per fare numero. Quando le cose torneranno a funzionare farò tesoro di queste esperienze». LA STRATEGIA DELL’APNEA La rinascita è una questione di cuore, di impegno, di testa, di volontà. «Il segreto per me è stato ritrovare un ottimo ambiente che mi ha dato serenità. Quando ritrovi una serie di persone e una moto che ti fanno sentire a tuo agio ritrovi il divertimento. Il segreto è tornare a divertirsi. Quando le cose vanno male alla fine ti sembra di andar a lavorare, non di andare a correre». Dall’esterno la chiave di volta sembrano essere state le gare in auto di Speedcar che Marco ha fatto tra le ultime due stagioni. «Ero a terra. Kawasaki si era appena ritirata, io non sapevo cosa fare. Mi hanno chiesto di partecipare a una gara e ho pensato che stare a casa o stare a cinquemila chilometri di distanza non avrebbe cambiato niente. Il telefono avrebbe funzionato comunque. E lì, dopo tanto tempo, mi sono divertito. vero: è il divertimento che crea la velocità. Ti rilassa e ti fa venire tutto facile. Non è un caso che a gennaio, quando ancora non sapevo se avrei corso o no, sono uscito solo una volta in tre mesi. L’unica cosa che volevo fare era allenarmi con la moto da cross perché era l’unica cosa che mi faceva stare bene. L’ho fatto anche con Tony Cairoli, sulla sabbia. Mentre correvo dovevo solo pensare a girare e non ai problemi che avevo, mi dovevo concentrare. Poi arrivavo a casa, lavavo la moto, ero stanco e andavo a letto». Strategia dell’apnea. Per non pensare. IL FILOSOFO Mat Oxley, giornalista inglese, ha scritto che non c’è peggior cosa di un motociclista che diventa filosofo. Quando un pilota vince potrebbe camminare sull’acqua, se è costretto a guardarsi dentro significa che le cose non stanno andando nella direzione giusta. Melandri è stato costretto a guardarsi dentro. In un post nel suo blog ha citato la frase del film Il corvo: «Non può piovere per sempre». Racconta: «Ero piccolo quando lo vidi, però quella frase mi è rimasta impressa: quando le cose vanno male prima o poi devono cambiare». La stessa filosofia lo ha portato a tatuarsi sull’avambraccio sinistro l’espressione There is no easy way, non c’è una strada facile. «Avevo in mente di tatuarmi una frase. Il periodo era duro e inizialmente ne avevo pensata una che avevo visto sul braccio di un giocatore, Only God can judge me, solo Dio può giudicarmi. Ma era troppo polemica. Quella che mi sono tatuato mi piace perché ogni mattina, quando lavo la faccia, mi ricorda che non bisogna mollare, che la vita non è facile per nessuno. Anche quando le cose andranno bene mi ricorderà che dovrò lottare per non sprofondare più». LA MAMMA PERSA DA PICCOLO C’è chi dice che la differenza tra lui e Valentino è che Rossi, nei momenti cardine, ha sempre avuto fortuna, mentre lui no, mai. C’è chi dice che la differenza tra di loro sono i papà, che li hanno condizionati: Graziano Rossi, che ha trasmesso a Valentino il divertimento delle corse, Dino Melandri, molto istintivo e protettivo nei confronti di Marco. Qui Marco si commuove. Non piange, ma i suoi occhi diventano più piccoli. «Chiacchiere. Nessuno sa che vita ho avuto io. La mia famiglia non aveva i soldi, ho perso la mamma quando avevo quattro anni. Mio padre si trovò a lavorare per me, mia sorella e mia nonna. Con un milione e ottocentomila lire andavamo avanti in quattro e ti assicuro che abbiamo fatto fatica. Abbiamo vissuto nelle case popolari alla periferia di Ravenna fino a quando ho avuto 18 anni e l’unico obiettivo di mio padre era la felicità dei figli. Dopo 15 ore di lavoro era lì solo per me e mia sorella, è una delle persone più buone che abbia mai conosciuto». Cosa vuol dire crescere senza la madre? « una cosa a cui non puoi dare risposta e quindi va presa così. Tutti i bambini senza la mamma si chiedono ogni tanto come sarebbe stato con lei al fianco. Anch’io. Ogni tanto me la sogno e quando mi sveglio mi chiedo che faccia avrebbe avuto adesso, che faccia avrebbe fatto quando ho vinto la prima gara o quando ho vinto il mondiale. Ma alla fine mi restano solo le supposizioni. Che non valgono niente». LORIS REGGIANI Il padre di Melandri ha detto: «Se avessi gestito io mio figlio a inizio carriera, sarebbe stato meglio». All’epoca invece il manager era Loris Reggiani. Adesso Marco e Loris nemmeno si salutano più. Reggiani, quando gli abbiamo chiesto di dirci qualcosa su Melandri, ha risposto che preferiva non parlarne «perché non vuole parlare male delle persone». «Loris è stato davvero prezioso per me» confida Marco. «Ma dopo sono cresciuto, ho preso coscienza del mio carattere, non ci siamo trovati d’accordo su alcune decisioni e ho sentito l’esigenza di staccarmi da lui. La vita va così, è un cambiamento: si nasce, si cresce, si fa una famiglia, poi i figli ti mandano a quel paese e tornano». FABIO VOLO, IL GURU Marco, oltre a quella tatuata sul braccio, tiene bene a mente anche un’altra frase, scritta in un libro di Fabio Volo: «L’uomo felice è colui che gioisce di ciò che ha e non colui che desidera ciò che non ha». «L’ho imparato nel 2008. Nel 2007 ho fatto mezza stagione con un contratto già firmato con Ducati. La mia Honda non andava granché mentre vedevo la Ducati volare e con la testa ero lì. Cambiando mi sono reso conto che quello non era il mio posto e che l’anno prima avrei dovuto essere contento di quello che avevo, sfruttandolo al massimo. Solo una volta che so di aver dato il cento per cento posso permettermi di andare a vedere cosa hanno fatto e provato gli altri. Così, quando ho letto quella frase, ho detto: ha ragione Volo, è esattamente come dice lui». Ma un campione non dovrebbe accontentarsi. «Un campione non si deve accontentare di ciò che fa, ma di ciò che ha sì». Già, ma nell’anno in Ducati molti lo hanno accusato proprio di questo: di essersi accontentato, di avere mollato subito, di essersi arreso. « vero, ma solo quando le cose vanno male capisci dove hai sbagliato e come mai. Io l’ho capito. Non ricadrò in quell’errore». MUSICA E... DONNE Oltre a un Melandri filosofo c’è anche un Melandri che ama la musica. Ascolta Alex Baroni soprattutto la mattina: « rilassante». E fa il dj. «Anche con i piatti, ma adesso soprattutto con i cd. Musica electrohouse e hardhouse. Roba sperimentale. I miei riferimenti sono i dj Ralf e Satoshi Tomiie». Poi c’è anche un Melandri con la fama di Don Giovanni. Tutti lo descrivono come il playboy del paddock. Chi lo conosce dice: «I piloti sono avvantaggiati, ma lui avrebbe avuto successo anche se non lo fosse stato». Marco se la ride: « vero. Nemmeno io so perché. Non sono alto né biondo con gli occhi azzurri, però sto molto simpatico alle donne, le faccio ridere, ci scherzo. Mi piacciono davvero tanto, mi piace la loro mentalità e le ascolto molto. Non per capirle, perché le donne non si capiranno mai, ma per sentire i ragionamenti che fanno. Questa cosa ha provocato un po’ di equivoci. Adesso appena mi vedono parlare con una, tutti pensano che me la sono già fatta. Ma le mie donne si possono contare sulle dita di due mani». Durante l’inchiesta di Vallettopoli uscirono le sue foto con Brigitta Bulgari, una pornostar. « buffo, alcuni mi dicono che sono un grande per esserci andato a letto, ma io c’ho parlato solo quella volta in cui mi hanno fotografato». MAESTRO DI VITA Ecco il vademecum di Marco sul sesso femminile: «Mai dire bugie. Le donne non se le dimenticano anche a distanza di anni. Fingere poi è una fatica. Dire la verità è la prima regola». E se un uomo è un traditore cronico? «Questa è una malattia. Bisogna farsi fare un certificato medico...». Pagare il conto sempre? «Fare pagare il conto a una donna non è un errore. Anzi, chi ci riesce è un grande». Il trucco per conquistarle? «Scontato: farle ridere. Sono pochi quelli che ci riescono. E il mio trucco per farle ridere è spogliarmi...». L’ultima sua relazione ufficiale è stata quella con Manuela Raffaetà, una bomba sexy che quando girava nei paddock faceva affacciare dalle hospitality anche i tavolini. Da un po’ non si vede più. Melandri si limita a dire: «La mia vita privata va bene, è soddisfacente. Ma ho deciso una cosa: io, dal giovedì alla domenica, lui lo uso solo per pisciare. Per fare quelle cose lì c’è tempo tutta una vita, quando sono qui devo solo andare in moto, concentrarmi e risparmiare le energie». La rinascita passa anche dal bagno, insomma.