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 2009  agosto 13 Giovedì calendario

Max Giusti

Max Giustii Un piatto di spaghi a metà pomeriggio è quello che ci vuole per lo spirito, per il fisico e per cominciare un racconto come questo. In cima a un monte dell’Oltrepò pavese un gruppo di sette enduristi parcheggia nella piazza del paesello. Sfatti e con la lingua fuori, sognano di riempire lo stomaco. Punto. L’unico ristorante in vista è chiuso, ma al balcone si affaccia una signora, una di quelle belle, di campagna, con la faccia buona, un po’ nonna e un po’ mamma. Si lascia muovere a pietà e fa un cenno con la mano. Cinque minuti dopo il ristorante è aperto, gli enduristi sono a tavola, la signora in cucina. Tra quegli enduristi c’è Max Giusti Non la mette giù dura, a dispetto di una popolarità che è dilagante, con una carriera artistica alle spalle che è tanto ricca quanto lunga, tra cinema, teatro e televisione. Affari tuoi su Rai Uno è il preserale che l’ha consacrato brillantissimo conduttore. Qualche anno fa Tornando indietro di una trentina d’anni dai suoi 41, ecco un ragazzino romano, invelenito per il motocross. Arriva a correre con una KTM ai regionali del Lazio, categoria Cadetti, in 125 e 250, fino a fare il settimo assoluto nel 1987. Anno dell’infortunio, anno del ritiro. Graham Noyes In camera sua c’è la copertina di un numero del 1979 di Motocross che raffigura Graham Noyes. «Non ho mai perso quella passione» dice Giusti. « il mio ultimo segreto, dato che il mestiere che faccio tende a rendere tutto pubblico e conosciuto». Un segreto che l’ha portato a dire un sì, contratto sulle prime, ma pur sempre un sì, a un’endurata di gruppo con gamma KTM al gran completo. L’endurata nell’Oltrepò Torniamo al mattino allora, a quell’infilata arancione di moto schierate su un prato di Godiasco. Giusti punta secco al duemmezzo due tempi. Simpatico naturale, gioviale, rumoroso, buono che glielo vedi addosso, romanaccio a manetta: «Questa è bbona. Me piace». Non cerca il trattorino a quattro tempi che ti tira su senza sforzo, ma va là. Indossa maglia azzurra e vintage con stampa bianca del suo vecchio team, il Milani. Giù per gli sterrati, dritto al matrimonio Vent’anni dopo è in sella, in piedi, sulle pedane, giù per gli sterrati, su per le mulattiere, semplici e impestate. La boscaglia non ha pietà nemmeno per quella gloriosa maglia e il suo popolare contenuto. Paolo Bergamaschi e Arnaldo Nicoli son pronti a dare una mano ai presunti anelli deboli. Giusti non lo è. Non ne ha bisogno. Capisci che sta solo riprendendo un po’ di confidenza. Mancano 20 giorni al suo matrimonio: « un momento importante per me» confida. «Mi rendo conto adesso che sono passati tanti anni. Di corsa, senza moto, ma di corsa. Il matrimonio per traguardo, questa maglia di nuovo addosso hanno un significato profondo». C’è aria di emozione, un velo di giustificata commozione. Non un cenno al proprio lavoro invece. Giusti è signorile. Non è scontato, prevedibile, non imita nessuno, non parte a richiesta. Offre il pacco 15, «quello gajardo», alla signora del ristorante che lo riconosce, questo sì, ma in cambio degli spaghetti a fine avventura. Ci sta. Il cross di oggi Un’avventura tosta «perché ho passato la prima ora a cercare di ritrovarmi. La seconda a divertirmi e gli ultimi tre quarti d’ora in discesa, vertiginosa, nel sottobosco con tronchi e foglie, a pregare che finisse». Le mie pause sigaretta sono occasioni di chiacchiera con lui, guardando giù su panorami mozzafiato di questo Chianti a portata di milanese: «Ora è bello» dice. «E ho paura che passino altri anni prima di rifarlo. Non vorrei. Questa è una dimensione ottimale, non c’è la necessità di vivere a gas spalancato come si fa nel motocross. Io ai miei figli il motocross di adesso non glielo farei fare. Ma che stanno combinando? troppo tosto, pericoloso, acrobatico. Non c’è più una pista dove si possa divertire anche l’amatore. Meglio il tennis». Sognando lo speaker che dice il suo nome Si sente un po’ defraudato di tutto ciò che l’ha sempre fatto sognare: «Per anni, fino a non molto tempo fa, mi sono addormentato pensando allo speaker del crossodromo che dice il mio nome prima della gara». Capita di dover spingere, sul sasso piantato e viscido, e lui spinge, sudato e ammutolito dalla fatica, ma a destinazione ci arriva bagnato e infangato, con il suo brio e la sua dignità intatti. Dice: «Ecco la differenza che fa il romano. Si nun ce stavo io mica glieli chiedevate ”sti spaghetti, stavate a magnà salame». La metafora crossistica Rivela due segreti. Uno: «Stamattina ho scelto il due tempi perché pensavo che il quattro tempi non avesse l’avviamento elettrico». Due: «La prossima stagione Tv debutto con uno speciale Affari tuoi per due in prima serata contro la De Filippi, che per me è un po’ come correre a Namur». Dalla metafora crossistica non si stacca. Di fuoristrada è malato dentro, tanto da chiedere quasi timidamente: «Ve prego amici, dateme n’artra chance». Quando vuoi Max.