Enrico Beltramini, il Riformista 11/8/2009, 11 agosto 2009
LA CALIFORNIA ESPORTA IL MODELLO INDUSTRIALE LOW COST
Approfitto del clima vacanziero italiano per pubblicare una riflessione che ho in mente da mesi, e cioè da quando la California ha dichiarato un disavanzo di bilancio astronomico. A quel punto, gli amici in Italia hanno iniziato a chiedermi se questa situazione di difficoltà economica segnasse la fine del California dreaming. La logica della domanda è trasparente: la California è ormai da decenni il laboratorio dell’America e, per la proprietà transitiva, del mondo occidentale. Nel senso che quello che avviene qui oggi presto o tardi sarà replicato altrove, nelle campagne della Georgia o nei sobborghi di New York. La crisi economica in cui versa la California dimostra - oppure no - che il suo modello, innovativo nell’approccio culturale e inclusivo in quello sociale, progressista in politica e digitale in economia, ha raggiunto il capolinea? E di conseguenza anche il suo ruolo di avanguardia culturale e sociale?
Certamente una risposta possibile è che il deficit non significa nulla, perché presto o tardi sarà ripianato dalla Casa Bianca. Infatti, non c’è serio candidato alla elezione (o alla rielezione) alla presidenza degli Stati Uniti che non abbia a cuore i 55 voti elettorali portati in dote dalla California. la prima risposta che ho dato ai miei amici. Ma non è la risposta corretta. Infatti, non è vero che business as usual, che non sta succedendo niente in California. Tutto il contrario. Infatti, mentre la crisi si specifica, il contesto comincia a chiarirsi. come se i segnali cominciassero a piegarsi preferibilmente in una certa direzione. E allora è possibile dire che, sì, la California è ancora il laboratorio dell’America. Nel senso che le modalità in cui essa sta reagendo alla crisi esprimono un modello imitabile e a disposizione. Questi i tratti principali del modello.
Innanzitutto, un’economia deflattiva. Deflattiva significa che i prezzi si abbassano, invece di crescere. Per abbassarsi i prezzi, devono abbassarsi i costi. I costi riguardano anche i salari. Quindi, la crisi comporta una contrazione dei salari, la riduzione dei costi e di conseguenza quella dei prezzi. Questa della economia deflattiva è probabilmente un cambiamento che - come si dice qui - it is here to stay, che perdurerà indipendentemente dalla possibile ripresa della congiuntura economica, l’anno prossimo. E le ragioni sono due. Primo, l’economia sta volgendosi alla tecnologia per abbassare i costi. E, in questo senso, Internet e il digitale in genere offrono la possibilità di produrre e distribuire a costi inferiori a quelli off-line. Oggi parliamo dei giornali di carta che stanno soccombendo alla concorrenza portata dai siti di notizie. Ma già le televisioni sono nel mirino delle media company digitali. Insomma, lo spettro dei settori industriali potenzialmente oggetto della trasformazione è praticamente illimitato. Secondo, si avvicina al mondo dei consumi una generazione che - come dice Chris Andersen, direttore di Wired - hanno incorporato la nozione che l’economia digitale è sostanzialmente gratis. Il che significa, in pratica, che molti settori industriali non soltanto devono imparare a fare di più con meno, ma anche a guadagnare di meno. I risparmi sulla catena dei costi non si trasformano in crescita dei margini.
Oltre all’economia deflattiva, le migrazioni interne. Se quello che guadagni non è sufficiente per vivere in California, ti sposti in un’altra parte degli Stati Uniti. Se non addirittura all’estero. La crisi del mercato finanziario ha bruciato dal 40 al 50% dei risparmi o comunque del capitale accumulato dalle famiglie di mezza età. Servivano per mandare i figli all’università, oppure per pagare il mutuo della casa in Florida in cui ci si sarebbe ritirati presto. Ma ora non ci si può più ritirare. Servono soldi ogni mese, per pagare le rette del college oppure il prestito sulla casa. La vita professionale si allunga, di quanto è necessario e di quanto è possibile. Ma certamente ci sono luoghi dove la vita costa meno, dove i soldi che ho risparmiato valgono percentualmente di più. Ecco perché in California il prezzo delle case in affitto stanno abbassandosi. Teoricamente parlando, chi non può più permettersi una casa di proprietà va in affitto, e quindi la domanda cresce. Ma in pratica, chi non può permettersi la casa in California non può più permettersi la California, e se ne va.
Infine, c’è da smaltire il surplus di investimenti, personali e corporate, conclusi nel decennio precedente. Prima di investire in nuove aziende, in nuovi titoli, in nuove abitazioni, bisogna smobilizzare gli investimenti passati, realizzati ad alto costo; e smobilizzarli in una congiuntura deflattiva. Questo richiederà tempo. Perdite da frazionare in esercizi successivi o da assorbire nel medio periodo. Nel frattempo, chi cercherà di replicare il vecchio modello non deflattivo non riceverà finanziamenti e linee di credito, mentre nasceranno realtà che beneficeranno del basso costo del lavoro e porteranno la concorrenza sul prezzo.
Il quadro complessivo che emerge da questi primi mesi di crisi è che la California sta costruendo un modello industriale e sociale low cost. Un modello sorretto da una tensione culturale certamente votata ancora una volta all’innovazione, ma un’innovazione che fa propri i fondamentali di una realtà che non può più attingere al credito.