Federico Fubini, Corriere della Sera, 11/8/09, 11 agosto 2009
LE TELEFONATE DI PAULSON E LE BUONE REGOLE CHE LE SVELANO
Nelle oscillazioni dall’euforia alla depressione tipiche di una bolla speculativa, oggi il sistema finanziario americano sembra il peggiore dei mondi possibili. Anche Chalongphob Sussangkarn, ex ministro delle Finanze thailandese, ha impartito la sua lezione: a Bangkok sarebbe illegale il sistema di porte girevoli – ha detto – con cui negli Stati Uniti passa di continuo dalle banche all’amministrazione e viceversa.
Tutte critiche che tornano in mente da quando il New York Times ha svolto un’inchiesta sull’operato di Henry Paulson, il segretario al Tesoro che gestì la fase acuta della crisi nel 2008 dopo aver lasciato la guida di Goldman Sachs. Nelle drammatiche giornate dello scorso settembre, ha rivelato il quotidiano newyorkese, Paulson sentì al telefono decine di volte il suo successore a Goldman, Lloyd Blankfein. Con nessun altro banchiere Paulson ha parlato tanto e in seguito non sono mancate decisioni del Tesoro che hanno aiutato (anche) il suo ex istituto. Le reazioni in giro per il mondo a queste rivelazioni sono ormai scontate, benché comprensibili: intrecci di interessi, oligarchie, sistema incestuoso e via deprecando. C’è però un dettaglio. Il New York Times ha saputo di quelle telefonate grazie a una norma che né in Thailandia né in Europa (Gran Bretagna e scandinavi esclusi) è mai esistita. Si chiama Freedom of Information Act: si scrive al governo, si chiede un certo documento, lo si ottiene. Escono anche quelli classificati come segreti (dopo un po’ di anni) e gli elenchi delle telefonate non lo sono. Grazie a quella legge due anni fa è emerso l’elenco delle visite nell’ufficio di Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve. Anche lì c’erano banchieri, lobbisti, politici. Piovvero le critiche. Ma quando fu chiesto lo stesso elenco su Jean-Claude Trichet, la Banca centrale europea declinò cortesemente: «Per proteggere – si spiegò – la privacy dei visitatori».