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 2009  agosto 10 Lunedì calendario

QUELLI CHE DEVONO LA VITA AD UN MINUTO DI RITARDO


«Dai Lorenzo, fa’ presto». Il ragaz­zo ingoia un frappuccino dopo l’al­tro, e proprio non ha voglia di dar retta alla madre. Sono le 18 a New York, il sabato della tragedia. Paola Casali cerca di convincere il figlio tre­dicenne a staccarsi dal bancone di Starbuck’s. L’elicottero della Liberty Tours li aspetta ancora qualche mi­nuto. Poi decolla senza di loro. Men­tre già prenotava il volo successivo, Paola sente dello scontro in volo: «E pensare che dovevamo esserci an­che noi».

Fatti apparentemente minori a volte balenano nella routine e cam­biano il corso della vita. In questo ca­so è bastato il capriccio di un adole­scente, altre volte un ritardo, la sve­glia difettosa, il traffico sulla strada dell’aeroporto. È stata ad esempio una maschera a proteggere Adriana Bonetti dal fuoco di Viareggio. Ma non una qualsiasi, quella di Burla­macco, disegnata nel 1930 da suo pa­dre Uberto. Il giorno della strage, il 29 giugno, era a Milano per presenta­re una mostra sul simbolo viareggi­no quando l’esplosione ha devastato anche la sua abitazione. In certi casi è come se una mano invisibile muo­va gli eventi per sollevare qualcuno dai pericoli e colpire altri senza moti­vo. Il 27 novembre scorso, a Mum­bai, il manager alberghiero Alessan­dro Augier era appena uscito dall’ho­tel Oberoi, quando un commando di terroristi ha aperto il fuoco all’impaz­zata falciando 125 persone. Nel più misterioso tra gli ultimi disastri ae­rei, il volo 447 dell’Airfrance inabbis­satosi nell’Atlantico dopo il decollo da Rio de Janeiro, ci sono stati alme­no sei casi di passeggeri messi in sal­vo da un ritardo all’aeroporto, o ad­dirittura da un avvertimento divino: «Dio mi ha detto che la mia fossa era aperta, sarei morto. E così ho annul­lato il viaggio», ha raccontato il pa­store Glàuco Oliveira. L’ingegnere marchigiano Claudio Freddi è rima­sto in Brasile per un più prosaico im­pegno di lavoro. Due ragazzi brasilia­ni hanno perso il volo perché la loro carta di credito era bloccata. Mentre una coppia di Merano, Kurt e Johan­na Ganthaler, ha cambiato prenota­zione atterrando senza problemi a Parigi. Da lì hanno preso l’auto per tornare a casa. Ma sulla via del ritor­no sono finiti fuori strada, schiantan­dosi contro un muro. E per lei non c’è stato nulla da fare.

La porta del destino di Ian Thorpe si è invece spalancata la mattina del­l’ 11 settembre. Il nuotatore australia­no aveva in programma una visita sul tetto delle Torri Gemelle. Uscito dall’albergo, è tornato indietro per­ché aveva dimenticato la macchina fotografica. Tempo qualche minuto, e a poche centinaia di metri dalla me­ta ha visto i grattacieli sbriciolarsi. Sulle ceneri di Ground zero si raccon­tano molte storie simili a questa, ri­tardi provvidenziali come quello del manager Howard Lutnik. Arrivò in portineria e fu travolto dal fiume di persone in fuga. Molto più assurda la vicenda di Feliz Sanchez, 28 anni, che il giorno prima si era dimesso dalla sede dalla Merrill Lynch. Due mesi dopo era sull’Airbus dell’Ameri­can Airlines diretto a Santo Domingo schiantatosi al suolo dopo il decollo. Tutti morti i passeggeri, compreso Felix, che forse aveva esaurito il suo credito con la buona sorte.