Carlo Macrì, Corriere della sera 10/8/2009, 10 agosto 2009
LA GELOSIA E IL COLPO ALLA TESTA I GIUDICI: NON TENETERA’ LA FUGA (+
lettera Bellorofonte)-
MONTEPAONE( Catanzaro) – Luigi Campise per l’omicidio della fidanzata Barbara Bellorofonte è rimasto in carcere solo 430 giorni. stato rimesso in libertà per decorrenza termini di custodia cautelare. Il tribunale della Libertà di Catanzaro aveva, infatti, annullato il provvedimento di proroga di sei mesi per le indagini, concesso dal gip, su richiesta del pubblico ministero.
Il giovane era stato però nuovamente arrestato lo scorso anno perché coinvolto in un’indagine di droga e materiale esplodente. stato condannato a quattro anni e quattro mesi avendo scelto il rito abbreviato.
Dallo scorso fine luglio è nuovamente libero grazie all’indulto e agli sconti di pena per «buona condotta».
La condanna a trent’anni per l’omicidio di Barbara Bellorofonte, diciotto anni, ammazzata per gelosia, è arrivata mentre Luigi Campise, quattro anni più grande di lei, era ancora in carcere. Il suo avvocato Salvatore Staiano ha proposto appello e questo ha fatto sì che il giovane evitasse di restare in galera.
I giudici comunque avrebbero potuto emettere una nuova misura cautelare. «Non l’hanno fatto perché hanno ritenuto che non ci fossero pericoli di fuga» spiega il legale.
L’assassino di Barbara, quindi è libero di scorazzare per le strade di Soverato. «Mi hanno detto che l’hanno visto in giro. Ho creduto che si sbagliassero. Ho chiesto se fosse vero e ho avuto la conferma », dice Giuseppe Bellorofonte, padre di Barbara.
un uomo distrutto Giuseppe Bellorofonte. Dal 27 febbraio del 2007 la sua vita si è come interrotta. «Quella sera stavamo mettendoci a tavola per cena. Il citofono ha suonato e Barbara è andata a rispondere – racconta ”. stata l’ultima volta che l’ho vista. Pochi minuti dopo ho sentito degli spari, mi sono affacciato e ho visto mia figlia a terra».
Luigi Campise era arrivato sotto casa della sua fidanzata armato, con lo scopo di uccidere. «Mia figlia non era più libera. Ogni volta che doveva uscire di casa, anche con la madre, doveva avvertire quel ragazzo dei suoi spostamenti. Per questo motivo litigavano spesso». Quella sera Luigi Campise, forse roso dalla gelosia, aveva deciso di ammazzare Barbara che, colpita alla testa da un proiettile, è morta dopo un mese di agonia.
«Sapere che il suo assassino è libero è come se m’avessero ucciso mia figlia una seconda volta», sostiene Giuseppe Bellorofonte. Guai a parlargli di perdono. «Mai», tuona, anche se un tentativo la famiglia di lui l’ha fatto, qualche tempo fa. «I genitori dell’assassino di mia figlia mi hanno spedito una lettera dove mi chiedevano di perdonare il loro ragazzo. Era una lettera scritta con la disperazione di chi sa di avere in casa un assassino. Io però non ho risposto. L’unica cosa che vogliamo io e mia moglie è giustizia. Invece ancora oggi stiamo a parlare di una condanna avvenuta e di un assassino in libertà. Non abbiamo più lacrime neanche per piangere la nostra disperazione nel sapere che chi ha ucciso nostra figlia trascorre le sue ore al mare, come se non fosse accaduto nulla».
LETTERA: «Uccise mia figlia. Libero dopo 2 anni»
Il padre di Barbara Bellorofonte: ora gira indisturbato per il paese
Sono il padre di Barbara Bellorofonte, la ragazza assassinata brutalmente nel 2007 a Montepaone (Catanzaro), a colpi di pistola per mano del suo «ragazzo».
successo due anni fa, il 27 febbraio, proprio sotto casa nostra, mentre ci accingevamo a metterci a cena, Barbara era con noi, è passato il suo ragazzo a citofonare e chiedere di lei.
E’ scesa e da allora Barbara non è più stata con noi. Dei proiettili che il suo assassino le ha scaricato addosso, uno è andato a segno, conficcandosi in testa: Barbara va in coma, viene portata d’urgenza in ospedale (rianimazione) e dopo circa un mese di agonia, il 20 marzo 2007 è morta.
Il suo assassino Luigi Campise per l’omicidio era stato condannato a 30 anni, grazie alla riduzione della pena perché processato con il rito abbreviato, poi ha subito un altro processo e condanna a quattro anni per altri reati; oggi dopo solo due anni e mezzo di carcere è stato scarcerato e può «girare» indisturbato per le strade di Soverato.
Ignoro i motivi che hanno indotto la giustizia italiana a liberare l’omicida, ma quello che mi chiedo da padre, da cittadino, da uomo è se è giusto tutto questo! Se è giusto additare ai nostri giovani questo esempio di comportamento e far capire che in Italia tutto è permesso, tutto è possibile, compreso un omicidio, tanto poi si riesce sempre a trovare il modo di essere liberati.
Se è giusto che ad essere tutelato nei diritti sia invece solo un assassino che, con fredda premeditazione, viene sotto casa, mi uccide una figlia e dopo solo due anni e mezzo, nonostante una condanna a trent’anni, esce di galera e se ne va allegramente a spasso per le vie del paese!
Non riesco ad aggiungere altro, non ho più niente da dire, le lacrime io e mia moglie le abbiamo finite da un bel po’... mi resta solo l’amarezza di sapere che l’assassino di mia figlia è libero!
Giuseppe Bellorofonte