Alessandra Mangiarotti, Corriere della sera 10/8/2009, 10 agosto 2009
AMERICA, L’AFFARE DEI TATUAGGI CANCELLATI IL RECORD DELLA CATENA DEL DR. TATTOFF
MILANO – Pare che anche lei, Asia Argento, l’angelo in corpo, abbia cominciato a cancellarli. Partendo dai più recenti. Angelina Jolie, invece, ne ha tolti solo alcuni. O meglio: solo alcune parti. Un nome tra tutti: Billy Bob, quello dell’ex marito, rimpiazzato con le coordinate dei luoghi di nascita dei figli. Un giovane su quattro ha un tatuaggio. Un adulto su due che se l’è fatto (o quasi, tra il 40% e il 50% a seconda degli studi) poi se ne pente. E ricorre al laser. Un business in continua crescita. Perché la moda di rimuovere i tattoo incalza e in alcuni casi scalza quella di decorare il proprio corpo con disegni e/o simboli e/o frasi (l’ultima moda). Al punto che negli Usa il Dr. Tattoff, alias Will Kirby, dermatologo di Los Angeles nato a Firenze, ha messo in piedi una catena di centri che Wall Street adesso vuole portare in Borsa. Il Dr. Tattoff di tatuaggi in cinque anni ne ha cancellati 45 mila. Primo laboratorio nel 2004 a Beverly Hills, poi due succursali. Ora punta ad aprirne altre 5 per rispondere alle condizioni di Wall Street e prepararsi a un Initial Public Offering. Il business potrebbe toccare i 10 miliardi di dollari annui.
Regalarsi un bel tatuaggio costa dai 60 euro in su. Cancellarlo: 500 euro, se in bianco e nero. Il doppio, se a colori. Dimensioni, forma e tonalità fanno la differenza. E quale differenza. Eppure... «Il pentimento accompagna i tatuaggi di sempre, oggi però, il desiderio di cancellarli è in aumento», conferma il dermatologo Carlo Gelmetti. Forse perché prima bisognava ricorrere alla chirurgia, all’abrasione e i primi laser erano pessimi. «Oggi si usano laser ad alessandrite. Il risultato è un alone sfumato, poco o nulla visibile». Certo: «Sempre che lo strumento sia quello giusto, che lo si sappia usare e che il pigmento sia nero ». Trattare gli altri colori è più difficile: «Specialmente il giallo o il color carne. Contengono un pigmento a base di ferro che si ossida». Ma per avere garanzie sul risultato basta seguire tre regole: «Fare una visita dermatologica preventiva per valutare pro e contro dell’intervento. Effettuare un test preliminare. Rivolgersi a una struttura affidabile quanto a uomini e strumenti». Diversamente, meglio lasciar perdere.
Ma non sempre si può. C’è chi li rimuove perché fuori moda e chi perché proprio non ci si vede più. Lisbeth Salander, la creatura di Stieg Larsson, all’inizio della trilogia di Millennium di tatuaggi ne ha nove. Ma poi decide di cancellare una vespa sul lato destro del collo: «Era talmente vistosa che la rendeva facile da ricordare e identificare». A qualcuno, invece, non piace quello che un tatuaggio ricorda (un amore, uno stato d’animo, un momento) e decide così di «archiviarlo». Mino Spadaccini, milanese, tatuatore da quarant’anni, però dice: «Il tatuaggio è per sempre. dentro. Non si cancella e chi lo fa è perché...». Primo: «Ha solo seguito una moda, e le mode, si sa...». Secondo: «S’era tatuato il nome dell’amato/a, e l’amore non (sempre) è eterno». Parentesi: tatuare il nome del proprio lui (lei) porta male. «La rottura è certa. A meno che quel tatuaggio non sia terapeutico: se vuoi dimenticare Giovanni basta imprimere il suo nome sulla pelle, due mesi di tempo e Giovanni non esisterà più». In questo caso ricordarsi di usare inchiostro nero e un carattere piccolo. Con poche sedute di laser e meno di 500 euro, Giovanni sarà davvero cancellato.