Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  agosto 09 Domenica calendario

LA GUERRA INFINITA TRA CHRISTIE’S E SOTHEBY’S


La nottata è dunque passata. Nonostante quel pericoloso vizio di «volersi fare guerra a tutti i costi» che da sempre sembra attanagliare (alme­no secondo l’ Herald Tribune ) le due più grandi case d’asta del mondo. E così, «nonostante i po­tenziali venditori appaiano più restii di una volta a mettersi in mostra» e «nonostante non ci siano in giro tanti capolavori come accadeva nei tempi d’oro», ecco che i compratori sono tornati final­mente in crescita anche nel resto del mondo e non solo in Italia. «Soprattutto negli ultimi mesi – dicono all’unisono i due avversari Christie’s e Sotheby’s – le cose sono decisamente migliora­te, il peggio l’abbiamo passato tra novembre e di­cembre » .

Quella tra Christie’s e Sotheby’s è, in fondo, la storia di una passione mancata o meglio ancora di un amore che non c’è mai stato. Oltretutto, que­sta «pericolosa battaglia per la supremazia» (sono parole del critico Souren Melikian) non è mai sta­ta particolarmente produttiva per le due case d’asta. Prendiamo ad esempio, gli anni Settanta quando la contrapposizione raggiunse livelli «di guardia». Con l’idea di conquistare il maggior nu­mero di clienti (venditori o compratori che fosse­ro) ecco che Christie’s e Sotheby’s presero alla let­tera la voglia di stupire tipica dei Glamorous Se­venties. Così a New York, la battaglia venne essen­zialmente giocata prima di tutto sulle location: Sotheby’s senza alcuno sprezzo del pericolo (e dei costi) si accaparrò dieci piani in un raffinato palaz­zo sulla York Avenue, secondo molti un vero e proprio museo «capace di far risaltare al meglio ogni cosa venisse messa in vendita». Per non esse­re da meno, Christie’s, che non poteva comunque gareggiare con la magnificenza dell’edificio scelto dalla concorrenza, puntò essenzialmente su una collocazione «top», il Rockfeller Plaza.

Che questa guerra non fosse già allora produt­tiva lo dimostrerà il fatto che entrambe le illustri location saranno poi (negli anni Novanta) messe in vendita. Eppure, niente cambiò. Perché lo scontro si spostò sui cataloghi che cominciarono a diventare sempre più corposi, sempre più pati­nati, sempre più simili a veri e propri «coffee ta­ble book» natalizi. Anche qui poi il tempo avreb­be portato entrambe a ben più miti consigli e og­gi i cataloghi appaiono certo curatissimi ma ridot­ti per dimensioni e per qualità della carta. Diffici­le, certo, pensare a una guerra conclusa. Anche perché, è qui è ancora il critico dell’ Herald Tribu­ne a mettere il dito nella piaga, «fa parte della na­tura umana, gioire delle disgrazie altrui». Al di là della filosofia e guardando alla ripresa, non con­viene a Christie’s gioire «perché nei primi sei me­si del 2009 si è accaparrato il 64% del mercato glo­bale ». Conviene invece pensare, con il nemico di sempre, a una strategia comune.