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 2009  agosto 09 Domenica calendario

ARTE, IL MERCATO CHE PIACE AGLI ITALIANI


La crisi? Un’occasione, un’op­portunità. quanto sosten­gono i protagonisti del siste­ma dell’arte moderna e contempo­ranea: critici, galleristi, responsabi­li di case d’asta, direttori di musei. quanto confermano alcuni dati del mercato dell’arte in Italia che appaiono addirittura sorprendenti. Nella relazione-consuntivo 2008 Filippo Lotti, amministratore dele­gato di Sotheby’s Italia, ha sottoli­neato come vi sia stata una ripresa rispetto all’anno precedente. Esat­tamente il 4% in più (pari a 25.083.08 euro). « il miglior risul­tato di sempre per Sotheby’s Italia e il totale più alto per l’arte contem­poranea registrato in Italia. Inoltre, se nel 2007 con un totale di 2.824 lotti venduti la media prezzo per lotto era pari a circa 18.500 euro, nel 2008 con 1096 la media si è as­sestata sui 32.600 euro».

Una vera escalation. L’asta che si è svolta a maggio scorso a Milano si è chiusa con l’82,6% di venduto con significativi consensi per Man­zoni (624 mila), per Castellani (396 mila) e per Schifano (216 mila). Nell’ottobre 2008, in occasione del­l’annuale appuntamento londinese «20th Century Italian Art Sale», te­so a far conoscere meglio l’arte ita­liana del Novecento ai collezionisti internazionali, vi è stato un autenti­co boom (con il 94,2% di venduto). In novembre, un lieve ridimensio­namento (con un venduto del 70,6%), ma con sostanziali tenute: tra le migliori performances, quel­le di Twombly (432.750 euro), di Boetti (408.750), di Klein (94.350) e di Paladino (216.750).

In piena débacle finanziaria, quindi, contrariamente alle previ­sioni, vi è stato un incremento del­le vendite. All’asta organizzata a Londra il 5 febbraio è stato «collo­cato » circa il 96% dei lotti presenta­ti. Con quotazioni rilevanti: il qua­dro più apprezzato è stato una «Ve­nezia » di Fontana (aggiudicato da un privato per 4.409.250 sterline). Ottimi riscontri anche, tra gli altri, per Koons (2.841.250), per Kappor (982.050) e per Warhol (797.250).

Come leggere questi dati? Secon­do Claudia Dwek, co-chairman di Sotheby’s Italia, non si può cancel­lare quello che è accaduto all’eco­nomia mondiale: «Inevitabilmente anche noi abbiamo sofferto e soffri­remo », dice. Le quotazioni tendo­no a ridimensionarsi, le richieste sono più ridotte, i prezzi subisco­no contrazioni. E, tuttavia, sono molti i segnali positivi. Sono state drasticamente svalutate le opere degli artisti – soprattutto quelli delle ultime generazioni – sui qua­li negli scorsi anni vi sono state più speculazioni, al di là del valore reale. In questo clima, dice Dwek, l’arte italiana sta tenendo bene «perché non era stata contagiata da una sovraesposizione». Reggo­no anche personalità trendy ma ampiamente consacrate come Hirst, Cattelan e Koons.

Gli speculatori – le cui fortune erano legate soprattutto alle econo­mie gonfiate – sono stati costretti a farsi da parte. E si riaffacciano sul­la scena collezionisti storici, che «hanno prudenza e non vogliono giocare al rialzo». Alcuni equilibri si stanno ridisegnando: innanzitut­to, quelli tra qualità e prezzo. Sia­mo dinanzi, secondo Claudia Dwek, a una «tempesta felice», che sta ripulendo il mercato dagli ec­cessi. Quel mercato che, a differen­za di quanto a volte si ritiene, «non è cieco, né irrazionale». Ma ha una logica rigorosa: «E ora sta provan­do a orientarsi su un binario paral­lelo, al punto da apparire come uno tra gli ambiti più impermeabi­li alle oscillazioni al ribasso».

Giudizi che potrebbero essere ac­costati a quelli di Gabriella Belli, di­rettrice del Mart di Rovereto, tra i musei italiani più dinamici. Anche Belli mette in luce gli effetti benefi­ci della crisi. Parla di riassetto, di risistemazione, di riordino, di av­venturosi speculatori che sono sta­ti costretti a ritirarsi. Mode effime­re e talenti privi di spessore sono stati spazzati via. Gli artisti storici, invece, si sono salvati: ad esempio, quelli degli inizi del XX secolo stan­no conservando le loro posizioni, perché «non sono stati toccati dal­la bolla finanziaria». Dunque, non un crollo, ma un riallineamento «che potrà giovare anche ai prota­gonisti delle ultime generazioni». In questa atmosfera, le strutture museali dovranno necessariamen­te ripensare le loro strategie: «Sa­ranno travolte quelle fondate su av­venimenti spettacolari e su grandi finanziamenti». Il Mart, dice Ga­briella Belli, seguirà una politica di­versa.
Radicandosi sul territorio, promuovendo mostre di studio con approfondimenti sulle collezio­ni storiche (sul modello della Na­tional Gallery di Londra). Ma an­che investendo su archivi: come quello di Margherita Sarfatti (re­centemente acquisito). In questi mesi alcuni prestigiosi musei americani, approfittando della situazione, hanno deciso di ri­tornare sul mercato: il MoMA di New York ha appena comprato il «Ponte» di Pino Pascali. E in Italia? «Chi ha bilanci solidi potrà senz’al­tro avvantaggiarsi di un periodo in cui il prezzo di molte opere si ridur­rà del 10-15%», dice Gabriella Bel­li.
Opinioni, queste, condivise da Lia Rumma, che nelle sue gallerie di Napoli e Milano ha ospitato le in­venzioni plastiche di artisti come Kiefer, Kentridge, Gursky, Kosuth, Kabakov, Beecroft. Anche Rumma sottolinea la posi­tività del momento: «Sono spariti i parvenu che hanno confuso valori e non valori, quelli le cui fortune sono state collegate alle variazioni della Borsa. Stanno ritornando in­tenditori e amatori. Le richieste tendono a diminuire, ma si qualifi­cano sempre di più».