Anais Ginori, la Repubblica 10/8/2009, 10 agosto 2009
IL SIGNORE DELLA TORRE INVENTO’ LA CITTA’ MODERNA
La sua intuizione fu quella di costruire i componenti a terra e assemblarli in aria solo alla fine
Fece l´armatura della Statua della Libertà, pensò a un canale sotto la Manica e al metro
PARIGI
dal nostro inviato
«Vuoi vedere se sono davvero un pazzo?». Gustave Eiffel aveva preso per mano il compositore Charles Gounod, incontrato in un cafè, e lo aveva spinto a forza nella sua carrozza. «Andiamo».
Qualche giorno prima, Gounod aveva avuto la malaugurata idea di firmare un appello contro quello strano pinnacolo di acciaio che stava sorgendo nel centro della città. Issato fino al secondo piano della grandiosa Tour, con tutta Parigi davanti, anche lui dovette cedere. No, quella di Gustave Eiffel non era pazzia. Piuttosto, la calcolata follia dei visionari.
«Assaporava il futuro» riassume con una formula Caroline Mathieu, curatrice della mostra in corso all´Hotel de Ville dedicata all´Uomo-Torre e che, a grande richiesta, è stata prolungata di un mese, fino al 29 settembre. Credeva al Progresso come a una religione, questo figlio di immigrati tedeschi e della seconda rivoluzione industriale. Era nato a Digione nel 1832 quando ancora non esistevano automobili, telefoni, lampadine. A 26 anni, dopo essersi laureato in chimica al Politecnico di Parigi, aveva già progettato il ponte ferroviario di Bordeaux, con tubi d´acciaio leggeri e flessibili mai visti prima. Il piccolo industriale parigino cominciava così a esportare ponti e viadotti. Dal Portogallo al Vietnam, il mondo è disseminato di passerelle sul nulla inventate da Gustave Eiffel.
La sua intuizione, rivoluzionaria per l´epoca: meglio costruire i componenti a terra e assemblarli in aria soltanto alla fine. «In sostanza, vendeva kit prefabbricati» spiega Mathieu che ha raccolto le tante, incredibili invenzioni di quest´uomo piccolo, con pizzetto, sguardo chiaro, e molta vanità. Eiffel si faceva continuamente ritrarre in fotografia, firmava diari compiaciuti, collezionava lettere di complimenti ed onorificenze, organizzava esposizioni su se stesso. Un perfetto «nouveau riche», persino caricaturale nel gusto sfrenato del lusso. In mostra ci sono anche gli arredi pacchiani delle sue case. Aveva comprato appartamenti e ville in località chic, poi dilapidate dai molti, famelici eredi.
Eiffel era un capitano d´impresa senza difetto di autostima. Amava scorrazzare per la capitale con la sua torpedo - raro esemplare in città - a caccia di incontri galanti e aveva oculatamente scritto le sua biografia. Mai pubblicata, per colpa dei veti incrociati da parte dei litigiosi nipoti.
Sua moglie Marie Gaudelet, madre dei suoi cinque figli, era morta senza poter vedere l´altra vera «signora» della vita di Eiffel, quella Torre di trecento metri sulla quale nessuno - soltanto lui - aveva voluto scommettere. Eppure l´ingegnere che oggi i francesi venerano come un eroe nazionale aveva già firmato altre opere importanti. L´osservatorio di Nizza con Charles Garnier, l´architetto dell´Opéra di Parigi, e l´armatura della Statua della Libertà che la Francia aveva mandato agli Stati Uniti. Aveva sogni e possedeva la tecnica per realizzarli. Quando l´imprenditore Ferdinand de Lesseps abbandonò il cantiere del canale di Panama, lui si fece avanti. Fu accusato di corruzione.
Decise allora di accontentarsi del patrimonio accumulato e lasciò l´industria per la ricerca. Realizzò la prima galleria del vento capace di raggiungere i cento chilometri orari. «Perché - come ricorda la curatrice della mostra - tutta la sua vita è trascorsa a fronteggiare un solo grande nemico: il vento».
Pensò di costruire una metropolitana di 12 chilometri per Parigi, un ponte sotto alla Manica, una stazione meteorologica sul Monte Bianco. Poco prima di morire, a 91 anni, aveva disegnato un monoplano militare. Come per altri inventori, alcuni progetti di Eiffel sono stati realizzati - magari riadattati - anni o secoli dopo. Il genio, in fondo, non muore mai.