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 2009  agosto 09 Domenica calendario

«PAP POSSO ENTRARE IN AZIENDA»

Barbara Berlusconi racconta a Vanity Fair di avere «la passione per l’editoria» e che il padre «ha sempre pensato» che da grande si sarebbe «occupata di Mondadori ». Aggiunge che per il patrimonio di famiglia «a oggi non c’è nessuna lotta». E che se il padre sarà «uomo giusto ed equo, non ce ne saranno nemmeno in futuro». Già, essere giusti ed equi. Facile a dirsi ma difficile a farsi. Soprattutto quando tra figli, cugini e nipoti, ci sono una cinquantina di possibili eredi e tra loro ragazzi e ragazze con ambizioni simili. E magari si aggiunge anche il nuovo compagno della madre a guastare la festa. Come la storia che arriva da Parigi e che coinvolge uno dei marchi più noti al mondo:L’Oréal.L’unica figlia della proprietaria Liliane Bettencourt, Françoise Bettencourt- Meyers, 55 anni, ha sporto denuncia contro ignoti per abuso ai danni della madre, che ha inspiegabilmente donato a un amico fotografo, ambiguo dandy della Parigi
rive gauche, quasi un miliardo di euro. Storie di soldi che spesso si incrociano con i destini delle aziende.
Le statistiche raccontano che il passaggio generazionale è una delle principali cause di fallimento per l’impresa italiana.
Eppure non sono molti gli imprenditori che si attrezzano per tempo. Uno studio di PricewaterhouseCoopers rivela che metà delle imprese familiari a livello mondiale non ha ancora predisposto un adeguato piano di successione. In Italia questa percentuale è del 60% mentre il dato medio europeo è del 54% contro il 44% degli Stati Uniti.
In questa inchiesta, il Sole 24 Ore ha osservato da vicino come i grandi gruppi quotati, controllati da note dinastie imprenditoriali, si sono organizzati in vista del passaggio di testimone. E ha parlato anche con chi, questo processo, lo sta vivendo in prima persona. Ne emerge un quadro variopinto fatto di patti famigliari stringenti e regole non scritte tramandate di generazione in generazione al punto da diventare legge. Ma si scopre anche che tanti giovanissimi, a dispetto delle attese, hanno spesso detto no al vincolo di sangue.
Una delle realtà nel panorama italiano che ha scelto di mettere per iscritto il percorso per debuttare nell’azienda di famiglia è la De Agostini, controllata dai BoroliDrago. Ed è una delle poche, tra le dinastie a capo di gruppi quotati, ad aver adottato una sorta di patto generazionale. La necessità di stabilire il percorso formativo di figli o nipoti è data dai numeri in ballo, dato che solo gli azionisti della quarta generazione sono 42, di cui 34 maggiorenni. Ci sono due percorsi offerti ai giovani di famiglia. Uno manageriale che prevede una serie di titoli, laurea quadriennale, Mba presso una delle prime 50 scuole della graduatoria pubblicata annualmente dal Financial Times e l’ottima conoscenza della lingua inglese. Il secondo percorso si riferisce invece a collaborazioni full time o part time senza però l’approdo ai vertici.
Badate bene, per l’ingresso in posizione di manager è necessario dimostrare di aver maturato le condizioni per ottenere una qualifica di questo tipo.In che modo?I risultati e l’avanzamento di carriera sono approvati dal consiglio di amministrazione della holding e monitorati da una commissione attuativa. Una selezione degna di West Point. Alla luce di tutto ciò, è curioso notare che dei 59 esponenti della terza e quarta generazione dei quattro rami famigliari, solo dieci hanno deciso di entrare in azienda: sette della terza generazione e tre della più numerosa quarta generazione. La parte prevalente dei futuri eredi del ricco impero De Agostini ha invece deciso di percorrere strade diverse. Si scopre così che Enrico Drago, 30 anni, figlio di Marco Drago, presidente del gruppo di Novara, ha detto no a giochi (Lottomatica), editoria (De Agostini) o media (De Agostini Communication) per fare il direttore generale Italia nel gruppo Inditex (Zara) per i brand Bershka, Pull&Bear, Zara Home, Oysho, Stradivarius e Massimo Dotti. Architettura e fotografia hanno invece convinto Enrico Ferrari Ardicini, figlio di Giuseppina Drago, scomparsa nel ’94, a fondare il suo studio specializzato in architettura d’interni, ristrutturazioni e design. E dal 2000 ha aggiunto a queste attività anche quella di regista e produttore di video. Sempre editoria, ma fuori dall’orbita di Novara, hanno scelto invece Beatrice Vincenzini (classe 1970) figlia di Isabella Boroli, e Marcella Drago (classe 1972) sorella di Enrico, impegnate rispettivamente nella Scriptum Editions, una casa editrice che produce e distribuisce libri illustrati per il mercato internazionale, e nella Dreamfarm, società che si occupa di ideare e sviluppare progetti editoriali rivolti a bambini e ragazzi.
In altre famiglie, come quella dei Benetton, la scelta è stata diametralmente opposta. A Ponzano Veneto si è voluto distinguere nettamente il ruolo dell’azionista da quello del manager.Tant’è che nessun componente della dinastia ricopre incarichi operativi nelle varie aziende controllate o partecipate. I membri del "clan" rivestono solo ruoli di indirizzo. Così è stato stabilito nel 2003 da Luciano quando in una lunga intervista ha sentenziato: «Un manager si può cambiare,un figlio no». In virtùdi questo è stato stabilito che all’interno di ciascuno dei quattro rami della famiglia (Gilberto, Luciano, Carlo e Giuliana) venisse individuato una sorta di "leader", quattro primi inter pares , ossia quattro nuovi fondatori tra i sedici figli. Decisioni definitive, al momento, in questo senso non sono state prese. Eccezion fatta per Luciano che non ha mai nascosto di aver già individuato nel figlio Alessandro il proprio erede. Per quanto riguarda gli altri fratelli qualche indicazione la si può cogliere dando una scorsa ai componenti del consiglio di amministrazione di Edizione srl, la cassaforte che tiene le redini della galassia Benetton, dove, oltre ai quattro fondatori e Alessandro, siedono Sabrina, figlia di Gilberto, Christian, figlio di Carlo e Franca, figlia di Giuliana. Si tratta solo di un’indicazione implicita ma di certo un primo passo verso l’assetto futuro è stato compiuto. Tra l’altro, i patti che governano Edizione per garantire l’attuale equilibrio, un 25% a ciascun ramo, prevedono che le quote della holding, per chi volesse uscire, devono essere offerte prima all’interno del proprio ramo e poi solo in seconda battuta agli altri parenti. Tutto perché resista la tradizione dei quattro fondatori. E forse anche perché venga data la possibilità a chi non ha il piglio per la finanza, la passione per la ristorazione retail o ambizioni da stilista di percorrere la propria strada. Così Rossella Benetton, una dei quatto figli di Luciano, ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla propria famiglia e ai suoi quattro figli, il fratello Rocco ha fondato una propria società di investimento e Andrea Benetton (figlio di Carlo) amministra la ex Cirio Agricola. Mentre Paola Benetton Bertagnin (figlia di Giuliana) ha scelto la medicina e i suoi centri medicali curanoi problemi di fertilità. Insomma, paletti certi per agevolare il passaggio generazionale ma nessun onere predeterminato.
Meno strutturate le scelte compiute da altre famiglie che non hanno ancora sancito per iscritto come disciplinare il cambio di testimone che spesso, però, avviene nel solco della tradizione. il caso degli Agnel-li, dove l’erede è di fatto unico in mezzo a oltre 100 candidati e viene scelto da chi, prima, era stato a sua volta messo al comando sia sul piano azionario che su quello manageriale: «Bisogna che a decidere e a comandare sia uno alla volta», amava ripetere l’Avvocato. John Elkann è stato indicato dal nonno Gianni quando ancora era in giovanissima età. Il 18 dicembre del 1997 l’Avvocato
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infatti annunciò: «Oggi entra a far parte del consiglio Fiat mio nipote, primogenito di mia figlia Margherita. Sta per compiere 22 anni, la stessa età che avevo io quando entrai in consiglio nel 1943». Una decisione chiara ma che non è bastata a placare sentimenti di rivalsa, vista l’agguerrita battaglia che Margherita ha avviato in Tribunale per l’eredità del padre. La volontà però è stata rispettata, John oggi è alla guida della finanziaria di famiglia, la Exor, ha la vicepresidenza della Fiat e soprattutto tiene saldo il timone della cassaforte di famiglia, la Giovanni Agnelli & C Sapaz. Il fratello Lapo, invece, uscito dall’orbita del Lingotto qualche anno fa, ha fondato due società (la Italia Indipendent e la Indipendent Ideas) attive nel settore moda e comunicazione, mentre la sorella Ginevra è entrata nel mondo del cinema come produttore. La stessa passione della cugina Anna che fa la regista, a differenza del fratello Andrea, più legato al business finanziario, che sviluppa attraverso la società da lui fondata, la Lamse. La nipote di Maria Sole Agnelli, Sara Bertoli, è andata addirittura a Pechino 2008 come pentatleta.
Resta ancora aperta la questione generazionale in altre dinastie di rilievo come quella di Marco Tronchetti Provera (Pirelli), di Leonardo Del Vecchio (Luxottica), dei fratelli Massimo e Gian Marco Moratti (Saras) e del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
I figli di Tronchetti - Giada, Ilaria e Giovanni - hanno imboccato strade diverse. Se Giada, 30 anni, lavora nel mondo della pub-blicità, Ilaria, 29 anni, è avvocato penalista. Giovanni, invece, l’ultimogenito venticinquenne, ha scelto di affiancare agli studi d’economia il debutto in Pirelli. Sarà lui l’erede designato? Agli atti risulta, per ora, un anno trascorso nello stabilimento inglese di Burton e l’attuale impiego nella sede milanese della Bicocca dove si occupa di controllo di gestione.
L’impero degli occhiali che fa capo a Leonardo Del Vecchio conta sei eredi, di cui gli ultimi tre giovanissimi: Leonardo Maria (14 anni), Luca (8 anni) e Clemente (5 anni). Non è previsto alcun patto o accordo per l’ingresso in azienda dei figli. Anche perché i più grandi hanno scelto di fare altro. La parentesi Luxottica è durata quasi vent’anni per Claudio Del Vecchio,52 anni: entrato nel gruppo nel ’78 ne è uscito nel ’97 quando si è offerto di rilanciare Casual Corner. Un passaggio che ha segnato il suo distacco dal gruppo: nel 2001 ha acquistato la Retail Alliance Inc, proprietaria del marchio americano di abbigliamento Brooks Brothers. Marisa Del Vecchio, 50 anni, non ha mai avuto incarichi in Luxottica e con la sorella Paola ha gestito il marchio di articoli sportivi Briko, acquistato da Luxottica nel 1994, ceduto alla famiglia e poi recentemente venduto.
In casa Moratti governa invece la volontà del fondatore Angelo: «Nessuna donna in azienda» perché il petrolio è un business poco femminile. Così dei quattro figli di Gian Marco Moratti, Angelo, il maggiore, e Gabriele, il più giovane, lavorano in Saras, il primo come vice presidente, mentre Francesca, la più grande delle due figlie, è stata a lungo impegnata nel campo delle pubbliche relazioni per il settore della moda. L’ultimogenita Gilda ha scelto di lavorare nel mondo dell’arte. Una passione condivisa anche dalle cugine Carlotta e Celeste, figlie di Massimo Moratti: la prima affianca al ruolo di consigliere di Inter Campus l’amore per il cinema, dove lavora come aiuto regista, mentre la seconda fa l’attrice, attiva tra New York e Milano. Lo ha deciso quando aveva 30 anni e in pochi giorni ha fatto le valigie e si è trasferita a New York per frequentare il master teatrale allo Stella Adler Conservatory. Più ortodosse le scelte dei fratelli, Angelomario, che siede nel consiglio di amministrazione di Saras ed è vice presidente dell’Inter, e Giovanni nel board della squadra di famiglia. Maria, la più piccola, frequenta ancora l’Università. Chi di loro diventerà il capo azienda? Appunto, essere giusti ed equi. Facile a dirsi.