Paolo Madron, Il Sole 24 Ore 09/08/2009, 9 agosto 2009
LA MORTE DI JACKO UN THRILLER MILIARDARIO
Era la vigilia dell’ultimo capodanno, per giunta il giorno del suo compleanno, e quando la segretaria gli girò sul Blackberry il lancio di quella stringata agenzia, Philip Anschutz fece istintivamente un gesto scaramantico e smise di festeggiare.
La notizia era che Jan Halperin, un giornalista molto conosciuto negli ambienti dello spettacolo per i suoi corrosivi ritratti, aveva scritto in un articolo che Michael Jackson era ridotto talmente male da avere sì e no ancora sei mesi di vita. Cosa che, viva la sincerità ancorché trasudante cinismo, lo aveva indotto ad anticipare a luglio l’uscita della biografia del cantante su cui stava lavorando. Ovvero, secondo le sue sinistre previsioni, a cadavere del biografato ancora caldo.
Anschutz, 70 anni, origini russe nel sangue, potente quanto riservato padrone della AEG entertainment, secondo l’autorevole redditometro di Forbes il trentunesimo tra i super ricchi d’America, lì per lì pensò ad uno scherzo di cattivo gusto. Oltretutto aveva verificato che il nome di Michael Jackson non figurava nemmeno nella classifica dei 50 morti probabili del 2009 compilata ogni anno dal seguitissimo sito deathlist.com (finora, giusto per la cronaca, ne ha azzeccati solo 6).
L’impresario aveva appena speso 30 milioni di dollari nell’organizzazione dei 50 concerti londinesi alla monumentale O2 Arena, quelli che avrebbero segnato il grande ritorno di Jackson sulla scena dopo anni di silenzio e guai con la giustizia. Ma avendone già incassati 85 dalla prevendita dei biglietti, pregustava il grande affare.
Da settimane il cantante stava provando lo show, e non gli era sembrato di leggere sulla sua faccia levigata da decine di plastiche presagi di una fine incombente. Però, siccome la perentorietà con cui Halperin aveva formulato la previsione non lo lasciava tranquillo, disse al suo direttore finanziario che era meglio cautelarsi alzando il premio dell’assicurazione. In caso di morte naturale prima o durante i concerti londinesi, AEG avrebbe incassato 17 milioni di dollari.
Ora il re degli organizzatori ha un problema e un patema. E come lui lo stuolo di coloro che dal 25 giugno, data del trapasso, seguono con quotidiana morbosità la vicenda: lo ha ucciso un infarto o la mano interessata di qualcuno?
Anschutz spera ardentemente che sia buona la prima ipotesi, i grandi network televisivi, le case discografiche e i fabbricanti di memorabilia la seconda. Da quel fatidico giovedì di giugno sono ancora lì che campano dell’evento e dei suoi sempre più aggrovigliati sviluppi.
Del resto i personaggi che in vita hanno avuto a che fare anche marginalmente con Jackson fanno la fila per alimentarli. Ultima Kai Chase, da poche settimane sua cuoca personale, che sta passando di programma in programma a raccontare il niente: lei stava in cucina, ha sentito il dottore urlare, è corsa nel salone ed era tutto un andirivieni di paramedici.
Ma siccome la ragazza sa come funziona il mondo, butta lì un particolare insinuante: quella mattina Conrad Murray, il medico del cantante indiziato di avergli praticato l’iniezione di Demerol rivelatasi fatale, non era passato come d’abitudine in cucina a prendere il succo e il muesli da portare al suo assistito. Imperdonabile errore nella messa in scena di un omicidio altrimenti perfetto? La vedremo presto, la signorina Chase (caccia: nomen, omen) protagonista in qualche reality di successo.
Se non suonasse irriverente verso i suoi fans planetari, bisognerebbe ammettere che, parlandone da morto, l’autore di "Thriller" si sta rivelando un affare molto più che da vivo, quand’era depositario di una declinante carriera. Il fenomeno di questa ritrovata notorietà postuma non è nuovo, vedi i casi di suo suocero Elvis Priesley e di John Lennon. Però lui li ha entrambi surclassati vendendo 80 volte più dischi nelle ventiquattrore successive alla notizia della morte. Quel che stavolta però colpisce è che a un mese e mezzo di distanza il flusso emotivo non rallenti. Tanto per dare un’idea, il rilevamento è di ieri, su Google la morte di Jackson batte la riforma sanitaria di Obama, ovvero l’altro tema su cui in quest’estate si accaniscono i media, per 95 milioni di pagine a 21.
Nei negozi di musica i suoi dischi vanno a ruba, 450 mila alla settimana contro i 10 mila di prima (ne sono già stati venduti 4 milioni) , che sono pur sempre una cifra ragguardevole per un fantasma del passato. E da Tokyo la Sony fa saper di poter soddisfare a stento richieste definite "senza precedenti". Nella classifica dei 10 album più venduti del settimanale Billboard, una bibbia nel settore, nove appartengono al cantante. In testa "Number Ones", seguito da "The Essential of Michael Jackson" e da "Thriller", il suo successo più importante con oltre 11 milioni di copie vendute. Su eBay la compravendita registra ogni giorno migliaia di transazioni che lo riguardano: si va dai pochi dollari spesi per una sua foto ai 21 milioni pagati da un anonimo acquirente per una serie di domini internet registrati pochi secondi dopo la morte. Tutti, naturalmente, che portano dentro il suo nome: da eternallimichaeljackson.com a godblessmichaeljackson.com passando per deadmichaeljkackson.net. Diventeranno, e chissà per quanto, altrettanti salvadanai dove i fanatici della pop star depositeranno il loro nostalgico obolo.
Ma se Jacko ha fatto il miracolo rianimando persino l’industria del vecchio cd, anche Amazon e iTunes della Apple, sterminati magazzini virtuali, sono letteralmente saccheggiate tanto da indurre gli analisti finanziari a lanciarsi in azzardate congetture su come l’effetto sia destinato a riflettersi positivamente sui ricavi delle due aziende. Per Amazon, in particolare, c’è stato chi calcolando l’effetto J ha prontamente alzato il target price.
Sulla pop star, i cui interessi economici sono stati curati dall’inarrestabile avvocato John Branca, dunque si è scatenata una sorta di corsa all’oro. Ma si parla anche molto del suo di oro, del patrimonio che avrebbe lasciato (a chi lo diranno presto i tribunali) e della sua fantomatica consistenza. La vox populi parla di 500 milioni di dollari, ma anche di debiti per 400, e di clamorosi ammanchi ad opera di amici, faccendieri e contabili che in questi anni lo hanno gestito.
Gerald Posner, il più intraprendente dei giornalisti investigativi del Daily Beast, il patinato blog-giornale di Tina Brown, ne ha stilato l’impressionante elenco corredandolo di una intrigante aneddotica: Jackson che ricerca disperatamente un milione di dollari per comprare un gioiello di Elezabeth Taylor in modo da convincere l’attrice a testimoniare in suo favore contro le accuse di pedofilia, Jackson che trasforma gli uomini della sicurezza in improvvisati pagatori dei suoi costosi giocattoli elettronici, Jackson cui l’American Express ritira la carta per mancati pagamenti, in un continuo germinare di storie collaterali che si intrecciano. Come quella del ritratto, che potremmo catalogare in un apposito capitolo della vicenda intitolato "la fortuna involontaria".
Vent’anni fa il cantante posò, prima e unica volta, per il suo amico pittore Brett-Livingstone Strong. Il quadro si chiama "The Book", e ritrae Jackson che tiene un libro appoggiato sulle ginocchia, in una principesca postura accentuata da un giubbino di velluto rosso dal vago sentore rinascimentale. Sullo sfondo oggetti che, richiamando De Chirico, alludono a una simbologia metafisica. I suoi possessori, due inventori di giocattoli, lo avevano ricevuto come saldo delle loro prestazioni da un miliardario giapponese finito in disgrazia. Andato a vuoto ogni tentativo di venderlo, per diciassette anni il quadro è rimasto sepolto in uno scantinato del New Jersey, mentre le sue quotazioni precipitavano con quelle del cantante.
La scorsa settimana è stato tirato fuori, ripulito dalla polvere, ed esposto in una salone d’auto di Harlem, poco lontano da quell’Apollo Theater che nel 1967 ospitò uno dei primi concerti degli allora ancora dilettanti Jackson Five. Ora si è aperta l’asta per comprarlo. Dal niente del New Jersey il valore stimato va dai cinque ai dieci milioni di dollari.
Ma al capitolo "fortuna involontaria" appartiene anche il lieto fine di colui che inizialmente abbiamo lasciato in ambasce, l’impresario Anschutz, che sulla carta dovrebbe rimborsare i 750 mila possessori del biglietto per i concerti londinesi il cui valore, assommato alle spese organizzative già sostenute, gli costerebbe un ammanco di di 115 milioni di dollari.
Potenza seduttiva del mito, pare che molti degli acquirenti quel biglietto se lo vogliano conservare come fosse una reliquia, prezioso frammento della triste storia di un idolo del pop che ha incantato almeno due generazioni. E poi ad Anschutz resta un vero tesoro: cento ore di registrazione delle prove, che un manager della AEG ha già definito come "l’ultimo grande lavoro di un genio del ventesimo secolo". In più, salvo che altre prove non incastrino il malcapitato dottor Murray, i cui guai finanziari tutti i media hanno già doviziosamente raccontato per tenere alto il sospetto, ci sono anche i 17 milioni dell’assicurazione.
Dunque tutti vincitori e nessun perdente, salvo il povero Jacko, in questa storia che sta ingrassando le tasche di molti? No, perché nella favola un po’ surreale e spesso stonata che accompagna la vicenda, c’è un perdente. O, meglio, uno che non ha vinto come si aspettava.
Il "cattivo" Halperin ha puntualmente pubblicato la sua biografia. L’ha intitolata "Unmasked: The Final Years of Michael Jackson". "Ne ho anticipato l’uscita" ha ribadito il giornalista "perché sapevo che sarebbe morto presto". Un cinismo che però in libreria non ha pagato. Il libro ha conquistato a razzo la vetta delle classifiche, ma ci è rimasto solo due settimane.
Poi al primo posto è tornato il best seller dell’anno, "The Outliers: The Story of Success", dove l’autore demolisce il cliché del self made man americano che partendo dal niente costruisce un’enorme ricchezza. Quel che più conta è invece la fortuna e il conteso dove ci si muove. "The Outliers" è per antonomasia il libro di questa recessione. Ma questa, ancorché affascinante, è tutta un’altra storia.
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L’IMPERO DEL RE DEL POP - LA CARRIERA DEI RECORD
- 110 milioni - Le copie di Thriller
L’album, pubblicato nel 1982, rimase nella top ten per 80 settimane e in classifica per 122 settimane. Dei 93 album realizzati in carriera (per un totale di 750 milioni di copie vendute) nessuno ha raggiunto i risultati di Thriller, ma anche Dangerous (con 29 milioni di dischi), Bad (con 28 milioni) e Off the Wall (con 19 milioni) riscossero grandi successi. Da quando è morto, sono stati venduti 4 milioni di dischi.
- 400 milioni - I debiti
L’impero di Michael Jackson è sommerso dai debiti accumulati negli anni. I costi delle cause legali intentate contro di lui e lo stile di vita lussuoso (basti citare l’affitto da 100mila dollari al mese della villa in cui viveva) hanno creato una voragine: secondo il Wall Street Journal il re del pop sarebbe stato ormai «in preda al panico».
- 100: I brani inediti
La rivista Rolling Stone ritiene che la sorella La Toya possegga cento brani inediti di Michael Jackson. Alla morte del fratello li avrebbe salvati su alcuni hard disk esterni, che conterrebbero almeno cento canzoni mai pubblicate e duetti con Will.i.am, dei Black Eyed Peas, Ne-Yo, Akon e altre pop star.
- Amico e avvocato
A John Branca e a John McClain, impresario musicale, Michael Jackson ha affidato l’amministrazione del suo impero da almeno mezzo miliardo di dollari. Sono rimasti fuori dalla ricchissima partita la madre, cui andrà il 40%dell’eredità, a titolo di proprietà; il custode dei figli minori, ai quali andrà un altro 40% (il rimanente 20% sarà devoluto in beneficenza); i fratelli con cui Jackson ha cantato da bambino.
- La collaborazione
John Branca ha fatto la fortuna di Michael Jackson all’inizio degli anni 80 con una serie di contratti innovativi e molto vantaggiosi. stato Branca ad assicurare la gestione finanziaria di Jackson: nel 1985, con gli incassi di Thriller (47,5 milioni di dollari), acquistò il catalogo con le canzoni dei Beatles.
- L’intuizione
Per coprire i costi di Thriller (spese mai viste prima: 1 milione di dollari anziché i consueti 50mila dollari) Branca ebbe l’idea di un documentario sulla produzione del video musicale.
- Il superlawyer di Hollywood
un personaggio stravagante John Branca (a 59 anni colleziona figurine di baseball) e molto rispettato nell’ambiente dello spettacolo. Tra i clienti del legale di New York, i Rolling Stones, Carlos Santana, gli Aerosmith, i Beach Boys, i Fleetwood Mac, i Bee Gees, i Doors, Eminem, i Backstreet Boys, l’imprenditore Richard Branson e il pugile Mike Tyson.