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 2009  agosto 08 Sabato calendario

QUEL NUOVO PATTO DEGLI 007 USA CON ISLAMABAD


A Shamsi, a Sud Ovest di Quetta, in Pakistan, c’è una vecchia base che una volta ospitava i jet degli sceicchi. I signori del Golfo venivano per divertirsi con la caccia al falcone. Oggi dalla pista si levano in volo altri preda­tori, in metallo. Al posto degli artigli hanno missili Hel­lfire e sistemi ottici sofisticati. I loro padroni sono gli agenti Cia che li pilotano via satellite da Molesworth, Gran Bretagna. Al loro fianco i sempre validi U 2, gli aerei spia della Guerra Fredda. Una piccola flotta di ve­livoli che fino a giugno ha già compiuto tra Afghani­stan e Pakistan 8400 sortite di ricognizione.

Dopo anni di diffidenza, americani e pachistani han­no migliorato la collaborazione. Se i capi talebani e qae­disti – come Mehsud – cadono «fulminati» dai raid il merito è di un’intelligence migliore. Che mette insie­me l’high tech dei droni e il lavoro, pericoloso, delle spie infiltrate nei villaggi. A partire dalla primavera, il Pentagono – e la Cia – hanno fornito al Pakistan vi­deo, immagini satellitari e informazioni importanti. Un flusso continuo finito a Torkham Gate, un centro di coordinamento vicino al confine con l’Afghanistan. E l’Isi – o meglio, la parte dell’intelligence fedele al go­verno di Islamabad – ha re­stituito il favore attivando i suoi informatori. Un cambio di rotta dettato dalla necessi­tà. Mehsud e gli altri talebani locali, d’intesa con Al Qaeda, hanno usato i kamikaze per ferire il Pakistan. E più i dro­ni colpivano, più si faceva in­solente e sanguinosa la sfida terroristica.

All’inizio di giugno, da Washington, sono trapelate informazioni su una nuova lista di obiettivi per i Preda­tor e i Reaper: oltre a inseguire i «colonnelli» di Bin Laden, i velivoli senza pilota ha puntato i loro mirini sugli insorti pachistani, a partire da Beithullah Meh­sud.

In grado di restare anche 30 ore su una zona di ope­razioni si sono tramutati in un incubo per gli estremi­sti. E negli sparuti centri abitati delle aree tribali han­no lavorato sodo le spie. Gente del posto, membri di clan rivali. I risultati non sono mancati. Lo rivela l’alto numero di militanti uccisi ma anche il panico degli in­sorti, che hanno iniziato «a vedere» traditori dietro ogni angolo. E a temere le piccole «cimici» che guida­no i missili. Al Pentagono si augurano che a Islamabad non cambi idea: i pachistani hanno chiesto di avere i loro Predator ma Washington, per ora, non si fida a trasferire un’arma così delicata ad un alleato instabile.