Danilo Mainardi, Corriere della Sera 08/08/2009, 8 agosto 2009
I CORVI? INTELLIGENTI. ESOPO LO SAPEVA GIA’
Molto ci stupisce che Esopo già sapesse, duemila anni fa, della formidabile intelligenza delle cornacchie, oggi confermata da uno studio dell’Università di Cambridge: come nella favola di Esopo, quattro corvi neri sono stati messi davanti a un bicchiere dal collo lungo. Vicino al bicchiere, delle pietre, che gli uccelli hanno usato per innalzare il livello dell’acqua e bere.
Ora, per sapere qualcosa dell’intelligenza degli animali, non ci resta che leggere i testi che divulgano l’etologia cognitiva, oppure guardare certi splendidi documentari naturalistici. Noi uomini moderni, infatti, ci meravigliamo semplicemente perché abbiamo smesso di osservare la natura. Esistono attualmente degli specialisti, appunto gli etologi cognitivi, che coi metodi della scienza più moderna e raffinata ci testificano quanto già più o meno sapevano gli uomini di duemila anni fa (Esopo appunto) ma anche i nostri antenati contadini. Sì, perché scommetto che, se uno di questi moderni studiosi dell’intelligenza animale si fosse rivolto a mio nonno contadino, o al vostro, dottamente spiegandogli che le cornacchie sono furbe, i nostri nonni gli avrebbero risposto: complimenti, bella scoperta!
Insomma, noi esseri umani non abbiamo ancora accettato che, al mondo, esiste una pluralità di intelligenze straordinarie, e non solo tra i nostri parenti più stretti, cioè le grandi scimmie, ma anche tra gli uccelli e perfino tra certi invertebrati, come nel caso delle api e dei polpi. Inoltre, presuntuosamente considerandoci, in fatto di intelligenza, come i campioni assoluti (non per niente ci siamo autoproclamati Homo sapiens), fortissima è la nostra tendenza a sottovalutare le tante intelligenze non umane.
Mi piace molto l’approccio pragmatico al concetto di intelligenza proprio degli studiosi di quella artificiale. Per questi scienziati un comportamento è intelligente se produce soluzioni adattative. Utili cioè per stare al mondo. Ebbene, se quest’idea venisse accettata, dubiterei assai che noi esseri umani ancora sapremmo mantenere il titolo di campioni mondiali dell’intelligenza.