Fulvia Caprara, la Stampa 09/08/2009, 9 agosto 2009
BUY: «VI RACCONTO LE DONNE ITALIANE»
Una figlia di otto anni che pretende attenzione, un gatto irrequieto, un autista di camion che per sbaglio sta per entrare nel giardino di casa: «Ecco, questa è la mia giornata tipo in vacanza». Margherita Buy è la diva meno diva del cinema italiano, l’attrice della porta accanto, presente, e molto, sul grande schermo, assente, sempre, sulle pagine dei rotocalchi. I modi schivi, riservati, il tono spiccio con cui liquida i discorsi che non le interessa fare, le hanno procurato, fin dagli esordi, ai tempi della Stazione di Sergio Rubini nel ”90, l’etichetta di interprete nevrotica, molto timida, molto difficile. In verità, nascosta dietro quel marchio scontato, Buy ha costruito, di film in film, di regista in regista, una carriera che riflette con puntualità straordinaria la condizione femminile in Italia, negli ultimi vent’anni. Ragazze sull’orlo di una crisi di nervi (Maledetto il giorno che t’ho incontrato), suore in bilico tra vocazione altruista e maternità negata (Fuori dal mondo), vedove di mariti inaspettatamente gay («Le fate ignoranti»), signore piccolo borghesi (Caterina va in città), donne spezzate dall’esperienza del tradimento (I giorni dell’abbandono), compagne di una vita, anche dopo la separazione (Il caimano), mogli travolte dalla crisi economica (Giorni e nuvole). Nell’ultimo film, Lo spazio bianco di Francesca Comencini, in concorso a Venezia, la ricerca continua perché Buy è una madre single quarantenne, un altro archetipo della nostra epoca.
Insomma, non ha mai lavorato per caso, che cosa l’ha guidata?
«Sono sempre stata sensibile a questo filo conduttore, fin da quando ho iniziato. Diciamo che ho avuto la fortuna di incontrare registi in sintonia con i tempi e che con loro ho potuto seguire un destino interessante, raccontare le donne, soprattutto borghesi, anche attraverso temi che mi hanno riguardato».
Vuol dire che si è identificata spesso con i suoi personaggi?
«Beh, certe volte sì, penso all’esperienza con Verdone... In ogni caso i ruoli interpretati mi hanno sempre suscitato riflessioni, domande sulle donne, ma anche su me stessa, sul modo con cui avrei reagito in certe situazioni. Mi viene in mente ”Le fate ignoranti”, lì c’è l’evoluzione di una mentalità, il racconto di una reazione nuova rispetto a quella prevedibile in passato».
Come stanno le donne di oggi rispetto a vent’anni fa, più o meno quando lei ha iniziato a raccontarle al cinema?
«Sicuramente è un momento in cui la figura femminile è molto presente, la cosa triste è che i modi di questa presenza proiettano le donne mille anni indietro e questo avviene soprattutto con le giovani generazioni».
Parliamo di veline, escort e così via?
«Si, il messaggio diffuso nella nostra società è che se sei in quel modo otterrai dei risultati, una cosa spaventosa e anche spiazzante per tutte quelle che cercano di farsi strada in maniere diverse. Dopo tutto quel che si è fatto, succede che l’emancipazione venga scambiata con un atteggiamento di libertà solo esteriore, tutto il resto è stato dimenticato. So che non si può generalizzare, ma il quadro è davvero impressionante, e comunque a me non piace, non mi ci riconosco».
In tutti questi anni è stata perseguitata dalla fama di attrice nevrotica e perciò ingabbiata nello stesso personaggio, le è pesato?
«Si, molto, mi ha dato un gran fastidio. Sono cose che derivano dalla superficialità di persone distratte che si limitano a usare un solo aggettivo per cose diverse. Ho cercato di reagire andando avanti, dimostrando con il mio lavoro che si sbagliavano, ed è stato importante che, anche se non da tutti, i riconoscimenti poi siano arrivati».
Che cosa l’ha attratta dello «Spazio bianco»?
«Era un personaggio che mi mancava, mi interessava raccontare la grande forza di una donna sola che si sgretola davanti all’esperienza della maternità tardiva. Maria, così mi chiamo nel film, crede di poterla affrontare come le altre cose della vita e invece scopre che non è così, che stavolta niente è prevedibile, che per la prima volta deve vedersela con la paura di non essere all’altezza».
Ha una figlia di otto anni, cosa vorrebbe che assolutamente non facesse da grande?
«Tanti mestieri, tutti quelli che mi fanno paura...non vorrei che scegliesse la carriera militare, no, scherzo...».
Sulla scena della politica, qual è la sua donna preferita?
«Mi piace Anna Finocchiaro, la trovo molto cazzuta, un po’ vecchio stile, quando parla mi sembra di riascoltare certi interventi che si sentivano a scuola, durante le autogestioni, oppure nelle sezioni...».
Cosa pensa dell’idea di boicottare Venezia
«Penso che sia un po’ una stupidaggine, che senso avrebbe boicottare il Festival? Quando ci sono Venezia e Cannes, il cinema è al centro dell’attenzione, finalmente se ne parla. Magari è più giusto sfruttare l’occasione per discutere i problemi».