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 2009  agosto 09 Domenica calendario

LIBIA: TOLLERANZA ZERO CON I VOSTRI PESCHERECCI


Con le motovedette che gli abbiamo appena donato, la Libia dà la caccia ai nostri pescherecci. Il mese scorso ne aveva catturati due che incrociavano da quelle parti, erano di Mazara del Vallo, mezza Sicilia berlusconiana si è messa in moto, il Cavaliere ha telefonato a Gheddafi, quattro giorni fa i pescatori sono stati rilasciati. Lieto fine? Niente affatto, perché i libici minacciano: questa è l’ultima volta che la fate franca. Una nota della loro ambasciata a Roma informa che d’ora in avanti saranno severissimi, carcere fino a 2 anni e sequestro della barca per chi sarà colto sul fatto. Ci trattano un po’ come noi trattiamo gli immigrati clandestini che gli rimandiamo indietro. Il comandante della motovedetta ha pure fatto la battuta ai nostri connazionali: «Questa imbarcazione è un vostro regalo...».
Piccolo dettaglio: non è ben chiaro chi ha ragione. I pescatori di Mazara sostengono, diritto internazionale alla mano, che le acque libiche si fermano a 12 miglia dalla costa. Le due barche bloccate (e rilasciate) erano un pochino oltre. Ma da Tripoli ribattono che, per chi getta le reti davanti a casa loro, le miglia debbono essere almeno 72. Hanno fatto perfino la guerra all’America, nell’86, che teneva esercitazioni nel Golfo della Sirte. E a mettere veti sulle acque libiche era stata per prima l’amministrazione italiana nel lontano 1919, quando i greci venivano a fare incetta di spugne.
Se passa questa tesi, i pescatori siciliani possono cambiare mestiere. E il caso ha creato un cortocircuito di quelli che capitano solo a Berlusconi: la trattativa per liberare i pescherecci ha coinciso con l’altra sui soldi alla Sicilia. Sotto la minaccia di far nascere un «partito del Sud», il governatore Lombardo e il forzista Micciché non solo hanno scucito al governo 4 miliardi e 300 milioni di euro, ma hanno obbligato il premier a supplicare Gheddafi. Il dittatore è stato magnanimo, a sua volta Berlusconi s’è fatto ringraziare al telefono dai 14 marinai rilasciati, in conferenza stampa l’altro giorno ha citato il caso per dire: menomale che Silvio c’è.
Ora la nota libica costringerà il premier a tornarci sopra nella prossima visita alla tenda beduina del Colonnello: il 1 settembre (com’era concordato) o con due giorni di anticipo, che cadrebbero nella ricorrenza del Trattato di Amicizia, il 30 agosto. C’è da chiarire dove possiamo pescare senza che ci trattino come ladri. L’opposizione (Udc in prima fila) affonda la lama. «Nuovo sconvolgente risultato dell’accordo con la Libia», ironizza Buttiglione, far pace è costato all’Italia 5 miliardi di euro ma ci siamo dimenticati, ahinoi, della pesca... Berlusconi è in silenzio-weekend, ma da giorni ripete che coi libici stiamo facendo mega-affari su gas e petrolio, è tutto un «do ut des». Anche per questa ragione la Farnesina cammina sulle uova.
Addirittura, ieri mattina, era parso che il ministro Frattini desse ragione ai libici: da parte loro «nessun inasprimento», Tripoli si è appena mostrata generosa, «ovvio che voglia richiamare il fatto che le regole debbono essere rispettate, come pretendiamo in Italia che rispettino le nostre». Già: quali regole? Gli Esteri hanno precisato in tutta fretta che si aprirà un tavolo coi nostri dirimpettai in modo da tutelare i pescatori siciliani. La soluzione che si delinea è molto all’italiana: non verrà contestata la sovranità libica oltre le 12 miglia canoniche, però si cercherà di concordare un’eccezione tutta per noi. Col risultato che, alla fine, in quelle acque pescose getteranno le reti soltanto i siciliani.