Franco Venturini, Corriere della Sera 8/8/2009, 8 agosto 2009
LA POLITICA ESTERA E IL GAS DI MOSCA
RELAZIONI PERICOLOSE
di FRANCO VENTURINI
Perché il capo del governo italiano ha presenziato, giovedì scorso ad Ankara, alla firma di un accordo strategico-petrolifero tra Turchia e Russia? Lo ha spiegato lo stesso Silvio Berlusconi nella conferenza stampa tenuta ieri a Palazzo Chigi: si è trattato di un successo della nostra diplomazia, che andrà a beneficio di tutta l’Europa.
Nelle parole del presidente del Consiglio convivono una verità (palese) e un grave problema (nascosto). La verità è che l’Europa ha bisogno e avrà sempre più bisogno delle importazioni energetiche dalla Russia, e che il gasdotto South Stream cui la Turchia ha ora dato via libera consentirà di accrescere il volume di queste importazioni. Il grave problema è che il medesimo gasdotto (una joint-venture tra Eni e Gazprom) promette di consegnare definitivamente alla Russia la sicurezza energetica italiana, e si pone come strumento di boicottaggio nei confronti del progetto rivale Nabucco pensato da Europa e Usa proprio per diminuire la dipendenza energetica euroccidentale nei confronti di Mosca.
La «guerra dei gasdotti » è la vera partita geostrategica del nostro tempo. Dove si muovevano soldati e divisioni corazzate, oggi si muovono tubi e permessi di transito. Ne risulta una mappa complessa, che ha però alcuni punti fermi. La Ue dall’attuale 30 per cento del suo fabbisogno arriverà a dover importare dalla Russia il 45-50 per cento tra dieci anni, anche perché segnano il passo, soprattutto da noi, le energie alternative. La Russia è un fornitore affidabile, ma la fine del confronto tra i blocchi ha incoraggiato il Cremlino a fare del suo gas una potente arma politica che autorizza prudenziali timori. Alla luce di questi elementi è in corso da anni un braccio di ferro tra Europa e Russia sulla reciproca libertà di investimento nel settore energetico. Non solo: Bruxelles e Washington hanno messo in cantiere un gasdotto (il Nabucco) la cui caratteristica fondamentale dovrebbe essere di trasportare gas non russo e di non passare dal territorio russo.
Ed è qui che la battaglia è esplosa. Benché Nabucco e South Stream possano essere considerati complementari (lo ha detto ancora ieri un portavoce della Ue), Mosca ha capito di dover procedere in fretta per strangolare in culla il gasdotto rivale. E gli Usa, forse ancor più dell’Europa, hanno capito che occorre trovare subito forniture di gas non russe se si vuole che il Nabucco decolli e che buona parte del territorio Nato eviti di finire sotto il potenziale ricatto energetico di Mosca. Ebbene, in questa corsa contro il tempo chi ha sistematicamente aiutato la Russia pur senza rinnegare formalmente il progetto alternativo? L’Italia, con il personale impegno di Berlusconi. Oltre alla nuova venuta in Turchia, che con il suo doppio gioco (sì a Nabucco e sì a South Stream nell’arco di poche settimane) spera di diventare l’arbitro energetico di quell’Europa nella quale vuole entrare.
Si dirà che la Germania, con il North Stream destinato a evitare l’incerto transito dall’Ucraina, ha fatto con la Russia accordi non dissimili da quelli dell’Italia. È vero, e sappiamo anche che l’ex cancelliere Schröder ha assunto importanti incarichi nell’impresa. Ma esiste una differenza fondamentale: il North Stream non affonda di fatto un progetto alternativo e geograficamente contiguo pensato in termini di sicurezza occidentale.
Silvio Berlusconi, crediamo, dovrebbe riflettere su questi aspetti. Noi per primi pensiamo che una Russia amica (con qualche parola chiara sui diritti civili, sulla libertà di stampa, sull’amministrazione della giustizia) vada il più possibile associata all’Occidente. Obama fa benissimo a spingere il suo pulsante reset. Ma tenere un piede di qua e un piede e mezzo di là per l’Italia non è una buona politica. Quali che siano gli interessi economici, che l’Eni giustamente persegue facendo il suo mestiere. E quali che siano le ambizioni politiche di «mediare» tra russi e americani, impresa di per sé improbabile ma che così diventa impossibile.
Franco Venturini