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 2009  agosto 08 Sabato calendario

UNA LOTTERIA PER SALVARE L’AFRICA


Che cosa salverà l’Africa, eterna terra di massacri e di fame, tomba di tutte le speranze, Ubuland senza frontiere, plasmata da una négritude ormai suicida e fiorita di bugie? Non trasecolate, al mondo c’è qualcuno che risponde: una lotteria, un bingo, un gratta e vinci versione terzomondista.
Alain Joyandet è segretario di Stato alla Cooperazione. Il rapporto della Francia con il suo ex impero è cambiato. Una volta in questi Paesi rubavano soltanto i francesi. Ora rubano i francesi e qualche africano disposto a servilismi da lustrascarpe. Solo a Parigi, dunque, poteva nascere un’idea così rivoluzionaria come mettere il vizio a coatto servizio della virtù. «Un progetto che entra nel quadro dei finanziamenti innovativi per aiutare il continente», parole del segretario di Stato.

Una lotteria da realizzare già il prossimo anno. Il «Loto Afrique» coincide con ragguardevole tempismo con l’entrata in vigore della liberalizzazione dei giochi su Internet che scatterà il primo gennaio. I popoli affamati del Continente Nero dovrebbero raggranellare ogni anno dieci milioni di euro attraverso la «Français des Jeux», che ha il monopolio delle lotterie in Francia e lo difende con vigore nibelungico. Comprensibile, se si rammentano i 9,2 miliardi di euro di volume d’affari. Agli scettici che intravedono la mescolanza di sacro e profano la società risponde ricordando che dal punto di vista etico ha tutte le carte in regola, visto che è nata nel 1932 proprio con una motivazione caritativa: aiutare le vittime di guerre e calamità. L’Africa presenta ovviamente tutte le caratteristiche per questo purificatore ritorno alle origini.
Qualche malpensante ha ricordato che lotterie e gratta e vinci portano ogni anno 2,5 miliardi nelle casse dello Stato. Non è che si intende speculare anche sulla solidarietà? Replica secca e definitiva di Joyandet: «Non ci saranno tasse. Fin dall’inizio tutti devono sapere che lo scopo è aiutare l’Africa e che anche in tempo di crisi non bisogna abbandonare i più poveri».
L’annuncio della lotteria africana è significativamente spuntato al termine di un viaggio in tre Paesi tra i più derelitti della France Afrique: Guinea, Mali e Mauritania. Appena sbarcato in Mali il segretario è stato aggredito: volevano, manco a dirlo, soldi. Carestie? Siccità? Progetti sociali? Aids? Niente affatto. Servono a organizzare feste sontuose per il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza: in programma esposizioni, concorsi, una gara ciclistica, un incontro di calcio Francia-Mali, corse di cavalli e di cammelli, fuochi artificiali sul fiume Niger, sfilate civili e militari. Una goduria. Previste una «Città internazionale del cinquantenario» con padiglioni di Francia, Cina e Sudafrica e un Museo dell’Indipendenza.
In Mauritania, invece, Joyandet ha portato le congratulazioni del presidente Sarkozy (quello che aveva giurato di farla finita con i laidi traffici della France Afrique) al collega locale, un ex militare: un anno fa aveva tentato invano un golpe, implacabilmente fustigato da Parigi. Dopo dodici mesi si è presentato alle elezioni e ha vinto con il 70 per cento dei voti. Come si vede, l’Africa va avanti come sempre. E’ vero. Occorrono idee nuove per non farsi stremare da tutto questo strazio. Ma esiste un modo giusto di aiutare un «Club degli indigenti» che lucra allegramente sulla propria condizione e sui rimorsi dell’Occidente? L’Africa subsahariana è la parte più assistita del pianeta: trenta dollari per abitante, il triplo della media del resto del terzo mondo. C’è da scandalizzarsi se una parte di «dono del cielo» che ha effetti nefasti arriverà da una lotteria? A comprare i biglietti, spera il segretario di Stato, saranno soprattutto gli africani emigrati in Francia. Insomma l’Africa aiuterà se stessa. Sublime.
La Francia è all’avanguardia nella ricerca di metodi innovativi di finanziamento alla lotta contro la povertà e le malattie nel terzo mondo. Dopo la tassa sui biglietti aerei, un’idea di Chirac per finanziare l’acquisto di medicinali, sono allo studio anche una riduzione dei costi bancari sulle rimesse degli immigrati, una imposta sulle transazioni finanziarie e di cambio, un contributo volontario di 50 centesimi sui biglietti dei treni internazionali e di 20 sui manuali scolastici pagati dalle collettività locali.
Viene a molti un sospetto: non si cela, dietro tutto questo lussurregiare di idee, un meno lodevole intento di risicare i fondi pubblici destinati alla lotta al sottosviluppo? Oxfam France, ad esempio, accusa Parigi di gonfiare artificialmente le cifre: «Il governo francese ha sempre garantito che il ricavato dalla tassa sui biglietti aerei non sarebbe stato contabilizzato nelle cifre dell’aiuto pubblico. Invece, con discrezione e senza pubblicità, lo ha fatto». Adesso la lotteria: altri dieci milioni di euro risparmiati ogni anno senza perdere la faccia?