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 2009  agosto 08 Sabato calendario

MANAGER E MORTE A FRANCE TELECOM


«Prenda seriamente in considerazione il problema del disagio sul lavoro e dei suicidi tra i suoi dipendenti, e si impegni a lavorare sui livelli di stress al rientro». Rabbia e preoccupazione si mescolano nella lettera aperta dei rappresentanti sindacali al presidente di France Telecom Didier Lombard, accusato di portare avanti un «management del terrore» che logora fisico e nervi dei sottoposti. Tanto che da luglio a oggi ben 3 impiegati del colosso transalpino delle telecomunicazioni hanno scelto il suicidio.
L’ultimo in ordine di tempo è stato un funzionario cinquantunenne della sede di Marsiglia, che nella lettera di addio alla famiglia (resa pubblica su sua esplicita richiesta) accusava l’azienda di averlo trasformato «in un relitto». «L’urgenza continua - ha scritto - il sovraccarico di lavoro, l’assenza di formazione, la disorganizzazione totale e la gestione ansiogena mi hanno totalmente scombinato e turbato. Quindi, meglio farla finita». Un disagio che i delegati sindacali locali avevano più volte segnalato alla direzione, parlando di segni evidenti di depressione e di scompenso emotivo. Ma neanche l’ultimo, disperato tentativo di aiutarlo, con una riduzione temporanea dell’orario di lavoro, è servito ad evitare il dramma.
Che, purtroppo, è tutt’altro che isolato. Secondo Patrick Ackermann, dirigente del sindacato Sud-PTT, dall’inizio del 2008 tra i dipendenti di France Telecom ci sono stati 18 suicidi e 10 tentativi di suicidio, tutti con motivazioni in qualche modo legate allo stress sul posto di lavoro. La colpa, ha spiegato al settimanale Le Nouvel Observateur, va in gran parte al piano di ristrutturazione del gruppo, basato sugli incentivi all’abbandono volontario del posto di lavoro, che comportava da un lato costanti pressioni su alcune fasce di dipendenti perché se ne andassero senza indugi, dall’altro un progressivo aumento dei carichi di lavoro e delle responsabilità per chi rimaneva. Il piano si è ufficialmente concluso nel 2008, dopo aver alleggerito la società di oltre 22.000 salariati, ma la situazione negli uffici del maggiore operatore telefonico d’oltralpe non è migliorata. I ritmi di lavoro hanno continuato ad intensificarsi, spiega sempre Ackermann, mentre trasferimenti forzati, svalutazione di alcuni ruoli professionali e addirittura intimidazioni da parte della dirigenza restavano costume diffuso. «Non c’è più un progetto strutturato, con numeri e obiettivi, ma le intenzioni restano le stesse».
Tanto che i sindacati hanno deciso di prendere l’iniziativa, rivolgendosi direttamente al numero uno del gruppo. «Bisogna urgentemente mettere fine a questa situazione - scrivono nella già citata lettera aperta - L’azienda deve cominciare ad occuparsi anche di altre cose, e non solo della redditività finanziaria a breve termine». I dipendenti, prosegue il messaggio «si sentono spaesati, e questo non ha niente a che vedere con la crisi globale. La colpa è della direzione, che vuole focalizzare il management sui soli obiettivi economici, disinteressandosi della componente umana».
Da qui la richiesta: un impegno concreto a tutelare la salute fisica e mentale dei dipendenti, attraverso un patto interprofessionale sullo stress e i modi per prevenirlo e curarlo. Ma anche l’invito a far mettere all’ordine del giorno della prima riunione dopo le ferie del Comitato nazionale per la salute, l’igiene, la sicurezza e le condizioni di lavoro il problema dei suicidi tra i dipendenti dell’azienda.
Sullo sfondo resta la difficoltà di inquadrare, sia a livello medico che giuridico, il disagio psicologico legato all’attività lavorativa. Nelle liste delle malattie professionali riconosciute non compare, e anche i medici del lavoro, che in Francia sono una figura centrale dell’assistenza sanitaria ai salariati, non hanno istruzioni su come individuarle e classificarle. L’anno scorso, l’allora ministro del Lavoro Xavier Bertrand aveva tentato di intervenire sul tema, partendo dalla proposta di un’indagine a livello nazionale sullo stress e i rischi psicosociali collegati, che individuasse i settori più colpiti e le motivazioni. Ma i metodi, e in particolare l’idea di realizzare «autopsie psicologiche» sui casi di suicidio sospetti, ritenuta troppo traumatizzante per i parenti delle vittime, non avevano convinto né i colleghi di governo né i partner sociali.