Eliana Di Caro, Il Sole-24 Ore 7/8/2009;, 7 agosto 2009
TUTTI PAZZI PER GLI STATISTICI
Chi è colto dalla classica incertezza post esami di maturità su cosa fare della propria vita, ha una risposta: iscriversi a statistica e contemplare la partenza per gli Stati Uniti. Dove i laureati in quella facoltà li cercano come il pane e arrivano a guadagnare, al primo anno di lavoro, fino a 125mila dollari.
La spiegazione c’è, semplice e convincente: aumenta la digitalizzazione dei dati, di qualunque tipo, e di pari passo cresce la richiesta di analisti che li leggano e interpretino. Non è un caso che Ibm abbia creato, lo scorso aprile, un pool di oltre 200 matematici e statistici per l’analisi economica e l’ottimizzazione dei servizi. Un progetto che l’azienda proseguirà con il reclutamento di altri 4mila analisti.
Negli Stati Uniti, dove le tendenze si fiutano rapidamente, c’è un altro segnale che la dice lunga: i partecipanti alla conferenza annuale dell’American statistical association, che si è chiusa ieri a Washington, si stima siano stati oltre 6.400, mille in più che nel 2008. Un esercito di uomini e donne, giovani e attempati che per sei giorni si sono distinti in giro per la capitale più di qualunque altro gruppo di turisti. D’altra parte, a vedersela con dati, numeri e parametri di vario tipo non sono solo coloro che tradizionalmente hanno utilizzato queste competenze. L’archeologo e l’esperto di antropologia, il linguista e lo scienziato, tutte le professioni sono obbligate sempre più alle elaborazioni statistiche. Spinte dalla potenza di computer sofisticati e dalla mole di informazioni che il web mette a disposizione. Come ha raccontato al New York Times Carrie Grimes, che lavora per Google proprio nel campo dell’analisi dei dati, «la gente pensa che gli archeologi facciano una vita stile Indiana Jones, e invece gran parte dell’attività è di data analysis». La Grimes lo dice a ragion veduta: laureata ad Harvard in archeologia, è stata in Honduras dove ha mappato i manufatti che indicavano gli insediamenti dei Maya sul territorio. Già allora «computer e modelli matematici» erano parte importante del lavoro. Oggi ha 32 anni ed è uno dei 250 analisti del colosso californiano: il suo compito è accrescere l’efficienza del motore di ricerca, attraverso l’elaborazione statistica di una gigantesca quantità di dati.
Carrie ha fatto un dottorato in statistica a Stanford nel 2003, dunque è anche formalmente qualificata, ma si moltiplicano quelle figure particolari, che vantano conoscenze miste e tagliano trasversalmente diverse discipline (economia, matematica, informatica), reduci dalle esperienze più inusuali. Questo background, unito a tecniche avanzate di lettura dei dati, a volte conta più di una laurea. Anche perché deve affrontare le insidie della rete: il solo volume di dati veicolati dal web può facilmente sopraffare i modelli statistici.
troppo parlare di beautiful mind nell’era di internet, pur senza il genio del matematico John Nash? Sembra di no, a sentire l’entusiasmo di Hal Varian, chief economist di Google, 62 anni e una carriera brillante costruita sui numeri: «Non mi stancherò mai di ripetere che il mestiere più attraente per i prossimi dieci anni sarà quello dello statistico».