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 2009  agosto 07 Venerdì calendario

NICOLA DI BARI: "IO SOVVERSIVO? IN ARGENTINA MI AMANO ANCORA"


ROMA
Per scoprire che Michele Scommegna, in arte Nicola Di Bari, fosse un pericoloso sovversivo, c´è voluta la ferrea e forse poco informata censura della dittatura argentina. Tra le tante inoffensive canzoni finite nel mirino dei revisori militari, si è scoperto oggi, c´era anche Mia, cantata appunto dall´interprete che partì da Zapponeta, provincia di Foggia, per approdare a Milano in cerca di fortuna, portandosi dietro nello pseudonimo l´amata Puglia, col nome del santo patrono del capoluogo. Non si parla neanche di Vagabondo o Il mio cuore è uno zingaro, le sue canzoni più famose, ma accanto a pezzi di Battisti, Baglioni e Toto Cutugno appare la poco conosciuta Mia. «A me pare tutta una grande pacchianata» ci dice quando gli chiediamo spiegazioni su questo inverosimile elenco riesumato dal Comfer, il Comitato federale di radiodiffusione argentino.
Dica la verità, la canzone nascondeva significati reconditi?
«Non diciamo assurdità. Mia è una bellissima canzone d´amore che, tra l´altro, non ha neanche avuto particolare successo. Ora chissà, magari qualcuno andrà ad ascoltarsela».
Ha mai avuto il sentore di essere stato oggetto di attenzione da parte della censura in Argentina?
«Non è mai successo niente del genere in 45 anni, io in Argentina ci vado tutti gli anni, sono sempre stato ricevuto con un calore straordinario. Mai avuto il più piccolo sentore di una cosa simile, che mi pare assurda».
Eppure il suo nome nell´elenco c´è, come se lo spiega?
«Non me lo spiego. La canzone non ha niente di particolare, era all´interno di un album che uscì anche in Argentina, ma neanche la Rca locale mi ha mai detto nulla. Le mie sono tutte canzoni d´amore, né di protesta né di politica. E poi mi pare che anche le altre canzoni nominate siano dello stesso genere. Non ho capito "la maglietta fina", ma che censura si può fare, mi sembra ridicolo, e sono certo che neanche Baglioni ne abbia avuto sentore».
Per lei l´Argentina è come una seconda patria?
«Ma direi tutto il Sudamerica. Ho avuto successo dovunque. In Argentina ho dei ricordi speciali. Mi ricordo quando per caso incontrai un bambino che toccava il pallone con la sinistra come Mario Corso, e io che sono interista lo notai subito. Fu un mio amico che mi portò a vedere l´allenamento di questo ragazzino di 12-13 anni che giocava nella giovanile del Boca Junior. Dopo averlo visto giocare dissi che sarebbe diventato più grande di Pelè. Forse azzardai un po´, ma il tempo mi ha dato ragione. Quel ragazzino si chiamava Diego Armando Maradona».
In tutti questi anni il successo è rimasto inalterato?
«Sono appena tornato dall´Argentina. Sembrerà strano, ma lì ho più successo oggi di allora. Là c´è il culto dei cantanti, non li dimenticano come succede da noi, ma io non mi lamento, ho avuto tanto anche nel mio paese».