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 2009  agosto 07 Venerdì calendario

ROXBY DOWNS, LA CITTA’ DOVE NON SI NASCE E NON SI MUORE


A Roxby Downs non si nasce né si muore. C’è il cimitero ma nessuna tomba dentro. C’è l’ospedale ma non impiega nessuna ostetrica», racconta Tom Beever, l’assistente sociale di questa cittadina nata vent’anni fa nell’outback australiano con il solo scopo di dare alloggio a quanti lavorano a Olympic Dam, la miniera d’uranio, rame, oro e argento distante appena 12 km. «E questo, più d’ogni altro dato», prosegue Tom, «dimostra il senso di totale impermanenza di un luogo simile, cui nessuno sente di appartenere». Non s’invecchia neppure a Roxby Downs: l’ultimo censimento ha registrato solo 160 over 55 fra i 5 mila residenti di questa sperduta comunità a 560 km da Adelaide dove l’età media è fissa sui 27 anni. E anche in caso di estrema fatalità, «nessuno fa seppellire il proprio caro qui», conclude Tom, «lo rispedisce a casa, ovunque essa sia». Quanto alle nascite, «all’avvicinarsi della 36ima settimana alle donne viene detto di andare a Port Augusta, 250 km più a sud» dice Kristina Meredith, responsabile di RoxFM, la radio cittadina.
Per tutti gli altri è una vita vissuta nella transitorietà più totale, come rivela impietosa la statistica secondo cui ogni 5 anni cambia il 70% della popolazione. «La scena più ricorrente qui è quella dei camion per i traslochi» scherza ma non troppo Tom, che in ufficio ha una mappa del mondo trafitta da decine di spillini colorati: «Indicano le nazionalità presenti a Roxby: oggi sono 65». Un mix multiculturale spropositato per una cittadina così piccola: «Incontri gente di ogni dove; ci sono tecnici sudafricani, ingegneri cileni, manager tedeschi, operai indonesiani», sottolinea Kristina, salita fin qui da Adelaide due anni fa, «è meraviglioso; il problema però è che dopo due o tre anni se ne vanno».
Vanno perché il contratto è terminato o semplicemente la congiuntura peggiora e la miniera riduce la manodopera. «Solo qualche mese fa Roxby contava 500 abitanti in più», fa presente Tom, «ma per effetto della crisi la miniera ha deciso di lasciare a casa una buona fetta degli operai». «Ti licenziano e poi qualche settimana dopo si rendono conto che gli serve gente e ti riprendono» dice Judy, madre di cinque figli, «è dura vivere così». Soprattutto se all’instabilità lavorativa si associa la precarietà delle relazioni umane. «Si possono fare ottimi amici, sul lavoro così come nella vita privata», dice Casey, commessa e DJ in radio a tempo perso «ma poi ad un tratto scompaiono; creare relazioni stabili diventa difficile». Persino gestire un’attività - di quelle che offrono servizi agli abitanti - può diventare un piccolo incubo: quando il nuovo assunto ha finalmente imparato il mestiere, spesso lascia il paese, risucchiato da nuovi impieghi altrove o più semplicemente dai richiami di una città «vera» e non circondata solo dalla desolazione di pietre, arbusti e sabbia rossa che avvolge per centinaia di chilometri Roxby Downs. «Il senso di isolamento è forte, c’è chi si abitua e chi no», dice Tom, «Vivo a Roxby da otto anni - qui è praticamente un record! - e personalmente trovo una spiritualità nel deserto che mi compensa per tutto il resto che manca. Ma anch’io fra poco porterò la mia famiglia via da qui». Come fanno in tanti quando i figli debbono iniziare le scuole superiori (a Roxby si può studiare al massimo fino a quella che in Italia è la terza media inferiore).
Deus ex machina di questa comunità in totale balia di una miniera è - nella sostanza ma anche nella forma - BHP Billiton. Prima società mineraria al mondo e padrona di Olympic Dam, BHP gestisce Roxby al 50% con il Governo del South Australia attraverso un Consiglio Comunale non eletto e - proprio come il padrone in un consiglio di amministrazione - ogni anno ripiana il relativo deficit di bilancio. «Certo per molti di noi BHP è il Grande Fratello, che tutto vede e tutto decide» riconosce Tom, «ma d’altronde sarebbe difficile prevedere elezioni e una vita pubblica regolare in un luogo dove oggi qualcuno c’è e il giorno dopo può non esserci più».
Ma ora c’è qualcosa di più urgente nelle ansie di quanti vivono a Roxby: la prevista espansione di Olympic Dam, che potrebbe iniziare già l’anno prossimo. Perché non si tratterà di un semplice ampliamento. Se le cose verranno fatte secondo il volere di BHP, diverrà nel giro di dieci anni la più grande singola attività mineraria mai intrapresa dall’uomo. Un’impresa ciclopica, che oltre che a modificare migliaia di ettari di territorio circostante (il materiale di risulta della miniera, che diverrà a cielo aperto, potrebbe creare una catena montuosa lunga chilometri) richiederà una massiccia iniezione di manodopera. Si parla di migliaia di persone, che BHP deve decidere se convogliare tutte su Roxby o su una cittadina gemella, da costruire ex novo più in là, per ripartire l’impatto. In paese, anche per le implicazioni ambientali, sono in tanti a non esserne felici. Ma tutti evitano di dirlo: «Vedi», ammette John uscendo dal pub all’angolo della piazza, «Non è saggio lamentarsi in pubblico dell’unico datore di lavoro nel raggio di 250 km». Quando, lo scorso febbraio, le immagini del suo salvataggio durante i terribili incendi di Melbourne fecero il giro del mondo, la koala Sam divenne un eroe nazionale. Ora tutta l’Australia piange la sua scomparsa, avvenuta a causa di una malattia, la clamidiosi urogenitale, che colpisce oltre il 50% dei koala del paese. «L’infezione era troppo seria e non c’era più nulla da fare», ha dichiarato Peita Elkhorne, portavoce del Southern Ash Wildlife Shelter: «Tutti quelli coinvolti nella sua storia sono devastati per questa perdita». La koala Sam era tra i superstiti dei terribili incendi che lo scorso febbraio hanno provocato 173 morti e distrutto migliaia di abitazioni. Il pompiere Dave Tree salvò l’animale e gli porse una bottiglia d’acqua, una scena (nella foto) che sarebbe entrata nei cuori di tutti gli australiani. Anche il primo ministro Kevin Rudd ha espresso il suo dolore per la scomparsa di Sam, ricordandola come un eroe nazionale: «Ha dato al mondo la sensazione che il nostro Paese potesse farcela a sconfiggere le fiamme, - ha dichiarato - una tragedia che non sia più con noi».