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 2009  agosto 07 Venerdì calendario

E L’ITALIA SI FA POSTO TRA I BIG DELL’ENERGIA


L’Italia berlusconiana alla canna del gas? Magari fosse: almeno non avremmo problemi di approvvigionamento energetico. Invece dal 2006 rischiamo di passare l’inverno al gelo, causa le gravi tensioni tra Russia e Ucraina, per non dire delle guerre nell’ex impero sovietico. Ora Vladimir Putin ha fatto un passo avanti per aggirare l’ostacolo, e finalmente si è messo d’accordo con il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. Firma solenne ad Ankara degli accordi sul passaggio nelle acque territoriali turche del nuovo gasdotto «South Stream», che scorrerà sotto il Mar Nero e per quella via rifornirà l’Europa dividendosi in due bracci: uno punterà a nord, l’altro in direzione di Otranto e della Puglia. Nelle condutture potranno transitare fino a 30 miliardi di metri cubi di gas. L’evento è considerato l’«affare del secolo» dal quotidiano turco «Sabah», la cerimonia è stata seguita a Mosca in diretta tivù. A sorpresa, si è presentato Berlusconi, che ha mandato all’aria una visita a L’Aquila, già programmata.
Trattato ad Ankara come ospite di riguardo. Ringraziato pubblicamente da Erdogan per «la presenza e il supporto». Ammesso all’incontro riservato con Putin che, da bilaterale, è diventato trilaterale. Un’ora e mezza di colloqui, quindi il premier è ritornato in patria. Secondo il suo consigliere per gli affari internazionali, Valentino Valentini, «è la prova della centralità che ci viene riconosciuta nella vicenda». L’Italia già da due anni è in prima fila con l’Eni, che costruirà la lunghissima pipeline insieme a Gazprom (e quando iniziò l’avventura c’era ancora il governo Prodi). Ma se si dà retta al Cavaliere, gli ultimi passi avanti sono tutto merito suo. Frutto della mediazione personalmente avviata tre mesi fa nel vertice di Soci. Dunque «un grande successo della nostra diplomazia». Da una parte c’era la convenienza strategica di far passare il gasdotto italo-russo nelle acque turche. Dall’altra il governo di Ankara non disdegnava affatto un aiuto a completare l’oleodotto Samsum-Ceyhan che correrà dal nord al sud della Turchia per trasportare stavolta non gas, ma petrolio. Silvio ha trovato la quadra, così assicura Palazzo Chigi, coinvolgendo la Russia tanto nella costruzione di questo oleodotto quanto nella fornitura dell’«oro nero». Opera strategica sul piano energetico (oggi le petroliere aspettano settimane prima di varcare il Bosforo), ma pure su quello ambientale (se una nave cisterna colasse a picco nello stretto, sarebbe una catastrofe). Inutile dire che, pure in questo business, si segnala la presenza attiva dell’Eni.
Super-investimenti, super-affari. Figurarsi se il Cavaliere non ci si tuffava sfruttando i rapporti con Putin che tanto generano sospetto negli Stati Uniti, e i legami quasi familiari con Erdogan (nel 2003 volò a Istanbul per fare da testimone alle nozze del figlio). Così ieri, tanto che c’era, il presidente del Consiglio ha ragionato con Erdogan pure di una terza grande opera, il cosiddetto Interconnettitore Turchia-Grecia-Italia (Itgi), che vede stavolta l’Edison in prima fila. Non petrolio, ma metano. Proprio come il Trans Adriatic Pipeline (Tap), sponsorizzato da svizzeri e norvegesi. E soprattutto, come il «Nabucco»: 3.300 chilometri di gasdotto, dal Mar Caspio fino a Vienna, che transiteranno ancora una volta dalla Turchia, in concorrenza proprio con «South Stream». Facile intravvedere scenari geo-politici complessi, interessi corposi anche sul terreno della sicurezza dietro la costruzione di queste arterie energetiche, con l’Italia che gioca (al solito) dalla parte di Mosca e l’Unione Europea (per non dire di Washington) nel suo complesso a sostegno del «Nabucco».
Ma il Cavaliere ama rovesciare certi schemi. E in testa ha una sua precisa teoria, che Valentini (presente ai colloqui con Putin ed Erdogan), sintetizza così: «Tutte le strade del gas, e del petrolio, devono portare a Roma. Questo è l’obiettivo vitale». Per raggiungerlo, viva Putin, viva Erdogan e viva pure Gheddafi: il «filo nero» della nostra diplomazia si chiama petrolio.