Gian Luigi Paracchini, Corriere della Sera 07/08/2009, 7 agosto 2009
I BAGNINI DA LATIN LOVER A CONTESTATORI
Certo i tempi del mitico «Zanza», di cui si diceva amasse almeno 200 svedesi per stagione, o quelli del «Silens», altro poderoso attivista dell’integrazione straniera femminile sulla riviera adriatica, sono passati. Professionisti con un certo stile. Il primo non tradiva mai la bandiera scandinava. Il secondo, come da soprannome, non rivelava mai un nome. Ma quella era un’Italia più pacioccona, con estati scandite dai juke- box («Pe-er quest’anno non cambiare/stessa spiaggia stesso mare»), con il binomio bikini-straniere ad attirare sciami di aspiranti vitelloni con pacchetto di sigarette infilato nel costume.
A spuntarla però, in quella specie di «Ok Corral» della conquista era spesso il bagnino, il più abbronzato e muscoloso della spiaggia, servizievole al mattino, galante al tramonto. Sempre con discrezione: capace cioè di vedere, capire, agire e tacere.
Nell’era degli Internet cafè sulla spiaggia, dei palestrati in battigia, delle straniere attente a non farsi fregare sui prezzi, ma anche nell’era della crisi, per il bagnino sono cambiate le priorità. E non meraviglia che scioperi.
Questo è stato deciso, almeno per quanto riguarda una vasta area dell’Adriatico attorno a Rimini.
La canzone diceva «stessa spiaggia/stesso mare» ma non «stesso contratto», soprattutto se scaduto. Allora vertenza e sciopero annunciato, e poi parzialmente revocato per domani e totalmente il 16, dopo l’intevento del Garante per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici. In ogni caso quegli stabilimenti che non avessero servizio di salvataggio dovrebbero chiudere o pagare multe.
Resta lo shock per qualcosa cui non si era abituati. Certo, c’è la questione sicurezza. Ma uno sciopero dei bagnini in agosto è come una serrata delle gelaterie o come chiudere le discoteche alle 22.30.
Nell’immaginario di chi spende le ferie sulla spiaggia, il bagnino è una specie di amichevole istituzione, una certezza per come interpreta le nuvole, il vento o le onde in chiave meteo o anti-alga. Da Piero a Forte dei Marmi come ai Faraglioni di Capri, o all’Excelsior del Lido di Venezia, tanto per citare tre dei più famosi stabilimenti balneari, varie generazioni di habituè ricordano ancora i nomi dei bagnini della loro giovinezza. Mentre la spiaggia di Torvaianica parla delle imprese di Pio Schiano, classe 1919, recordman di salvataggi e testimone diretto nel 1953 del ritrovamento del corpo di Wilma Montesi, un grande e torbido giallo italiano rimasto insoluto.
Sono poi venute figure nuove come il pittore toscano Giampaolo Talani, figlio di bagnino e pure lui bagnino per hobby e come Marco Buticchi, figlio dell’ex presidente del Milan, titolare d’uno stabilimento a Lerici e romanziere di successo.
Anche Ronald Reagan e Sean Connery da giovani hanno fatto i bagnini ma il vero bagnino Made in Italy non si può assimilare a quei modelli né tantomeno ai ragazzoni in costume bianco e blu della serie televisiva Baywatch : troppo artificiali. Sulle coste del mediterraneo soltanto uomini veri: capaci di salvare ma pure di sostenere, se dotati di sorriso malandrino, le incertezze terrestri delle nordiche sconvolte da tanto sole e tanto sale.
Il ruolo del bagnino è poi gradatamente cambiato diventando qualcosa di simile a un amico-tutore, dispensiere di cerotti, creme, pinne e occhiali per tutta la famiglia.
La commedia italiana a sfondo estivo-marino ha valorizzato a fondo con tante caratterizzazioni ma pure con ottimi nomi questo ruolo strategico. Come non ricordare il versiliano Renato Salvatori, vero bagnino da giovane e finto ma credibile in «Poveri ma belli», con Maurizio Arena. O Walter Chiari nell’episodio «Bagnino lover» finto gay, in «La donna degli altri è sempre più bella». Più recentemente ecco Raul Bova in «Piccolo grande amore» e Giorgio Panariello in «Bagnomaria». Senza dimenticare l’attore ex pugile Ennio Antonelli, quello che dava del bischero a Jerry Calà in «Sapore di mare».