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 2009  agosto 07 Venerdì calendario

QUANDO SI ANDAVA A 70 ALL’ORA (E FORSE ERA MEGLIO)


Autostrade oggi e ieri. Oggi si parla molto di unità e disunità d’Italia ma ho l’impressione che la vera unità d’Italia fu proclamata cent’anni dopo la data ufficiale, intorno alla prima metà degli Anni Sessanta, quando il governo democristiano inaugurò l’Au­tostrada del sole. Prima si viaggiava meno, e sulle strade a due corsie si correva meno, si beveva meno, e si moriva meno. Se l’Autostrada del sole ha semplificato un itinerario che prima era spezzetta­to e tortuoso, questa semplificazione ha portato per il guidatore monoto­nia, un nastro d’asfalto sempre ugua­le davanti agli occhi, tendenza a pre­mere sull’acceleratore e dunque peri­colo maggiore.

L’incidente sull’autostrada è assur­do e più devastante della morte in una guerra perché questa almeno è nell’ordine delle cose prevedibili ed è riservata al singolo combattente, men­tre quella sull’autostrada colpisce im­prevedibilmente e a tradimento un’in­tera famigliola che se ne sta andando spensieratamente in vacanza. Quan­do per andare da Napoli a Milano si percorreva la Domiziana, e poi la Cas­sia con la curva di Radicofani, e dopo Firenze, la Futa, il viaggio era lungo e tortuoso, c’erano più svolte e risvolte, più dislivelli, solo due corsie, ma più attenzione, più paesaggi in vista, me­no incidenti. Non voglio fare l’elogio del bel tempo che fu perché è certo che oggi si fa più presto, c’è più como­dità e le distanze non creano proble­mi, ma tutto si paga.

Oggi il numero delle automobili è aumentato in modo eccessivo e anche la qualità. Una volta superare i cento chilometri orari era considerato un’az­zardo, oggi i centoquaranta sono sconsigliabili ma piuttosto abituali. Ho letto in un racconto di Faulkner che un personaggio andava «alla folle velocità di settanta chilometri al­l’ora ». Eravamo negli Anni Venti. Og­gi quei settanta all’ora fanno ridere. La percezione della velocità è cambia­ta, e rispetto a quei settanta si può di­re che è raddoppiata. Il sorpasso al­l’epoca delle due corsie era «una ma­novra », ci si «preparava» al sorpasso. Oggi il sorpasso è premere un po’ più il piede sull’acceleratore.

E poi i tir, gli enormi mostruosi schiaccianti tir stracarichi, col guida­tore che per rispettare i tempi è co­stretto a viaggiare per ore fino allo sfi­nimento, quei tir in fila interminabile e minacciosa, una volta non c’erano, non erano un incubo. Oggi sì, la fila interminabile, senza soluzione di con­tinuità si allunga minacciosa di lato al­la tua corsia. Sembra a volte che l’au­tostrada l’abbiano costruita per loro, per questi tir, privilegiando il traspor­to su ruote a quello ferroviario. E non parliamo di quello che i tir portano, chissà quali sorprese ci riserverebbe. Infine quello che è accaduto in questi giorni sulla forcella di Mestre non avrebbe potuto accadere.

Una volta erano rari l’ingorgo e la coda, non c’eran tante automobili tut­te dirette in una sola direzione in montagna o al mare, non c’era la coda per il solito incidente che bloccava tut­to anche quando la causa era irrilevan­te. Si, è vero, oggi l’Italia è diventata più corta, la lunghezza dello stivale non è più un così notevole svantag­gio rispetto alla forma geografica del­le altre nazioni europee, questo svan­taggio, anche economico è diminuito. Ma come ho detto in molti modi lo ab­biamo dovuto pagare.