Roberto Bongiorni, Il Sole-24 Ore 5/8/2009;, 5 agosto 2009
RINASCITA PALESTINESE A NABLUS
La cintura di sicurezza? Quasi a giustificarsi dell’insolita richiesta, Jamal, tassista, chiama in causa i colleghi: «A me hanno già dato due volte la multa perché non la indossavo. Ma non sono certo il solo. Fosse solo questo! La polizia ti multa se parli con il cellulare mentre guidi. Con il semaforo rosso, poi, sono guai. Nablus è cambiata, davvero». Cambiata lo è senz’altro. Fino a qualche mese fa la metamorfosi della seconda città della Cisgiordania sarebbe stata impensabile: oggi i ristoranti sono gremiti, i negozi aperti, anche la sera, le nuove Volkswagen Golf azzurre della polizia, donate dall’Unione Europea, vigilano sul traffico. Un grande centro commerciale di nove piani sovrasta il vecchio suq, dove è rinato il commercio. Dopo qualche ora si avverte un altro cambiamento: l’eco dei colpi di arma da fuoco, che accompagnava la vita dei cittadini come il canto dei muezzin, non si sente più.
Nablus è aperta. Il principale dei sei check point israeliani, alle porte della città, non esiste praticamente più. I soldati non chiedono nemmeno i documenti. Le interminabili file - ci volevano ore di attesa - e i severi controlli a cui era sottoposta la popolazione locale sono un ricordo. Da giugno si entra e si esce liberamente, anche in macchina. Verrebbe da pensare: si tratta della stessa città che ha partorito più delle altre tanti kamikaze, la roccaforte delle milizie di al- Aqsa, la città dei raid israeliani e delle sparatorie nelle vie del centenario suq? Nessuna città meglio di Nablus rispecchia la "nuova Palestina" voluta dal presidente palestinese Abu Mazen. Nablus è Fatah Land, o come qualcuno la chiama Palestina del Nord. Due termini ideati per mettere in risalto il contrasto con la Striscia di Gaza, battezzata da due anni - da quando Hamas ha estromesso Fatah - Hamastan, o Palestina del Sud.
Parlare di ricchezza è forse eccessivo. La disoccupazione resta elevata, intorno al 20%, ma qui si respira un’aria di normalità. Ed è già una novità. «Sembrano i tempi degli accordi di Oslo (1993, ndr) quando credevamo davvero che la nascita di uno stato palestinese fosse vicina ed eravamo entusiasti. Gli affari non andavano così bene da anni», racconta Thaer, proprietario di un negozio di vestiti, mentre addobba orgoglioso i suoi nuovi manichini appena arrivati dalla Cina. Anche nel municipio l’aria che tira è un’altra. I volti sono distesi. Dopo 15 mesi di detenzione, a Nablus è tornato anche il sindaco, Adly Yaish. Arrestato dall’esercito israeliano nel maggio del 2007 insieme a una quarantina di parlamentari di Hamas, perché, a suo avviso, era membro di una organizzazione di carità islamica. «La situazione - spiega - è migliorata. La chiusura di Nablus per otto anni e mezzo ha strangolato l’economia della città, 250mila persone (la popolazione del governatorato, ndr) sotto assedio, 60mila residenti quasi tutti businessman, ingegneri e intellettuali - hanno abbandonato la città. La vita era impossibile. Solo il 3% della popolazione aveva il permesso di uscire in macchina. Qualcuno che vivevaa sei chilometri da qui preferiva guidare per 40 km e andare a Ramallah a fare acquisti».
L’allentamento dei check point, conseguenza della pace economica voluta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, ha fatto rifiorire anche le città circostanti. In un rapporto diffuso due settimane fa l’Fmi ha evidenziato i progressi economici: in Cisgiordania la crescita del Pil nel 2009 dovrebbe aggirarsi sul 7%, sempreché Israele continui ad allentare le restrizioni alla circolazione di merci e persone. In caso contrario quanto è stata tumultuosa la crescita, tanto drastica risulterebbe la ricaduta.
I businessman non mancano di creatività. Tra le iniziative spicca il Nablus shopping festival, inaugurato dal premier palestinese Salam Fayyad il 15 luglio: concerti la sera, negozi aperti fino a mezzanotte, migliaia di turisti, soprattutto arabi israeliani, attratti dai prezzi convenienti delle merci. In occasione del festival è stato aperto, il 21 giugno, anche "Cinema City", il primo cinema a Nablus da oltre 20 anni. La moderna sala proietta quattro film al giorno. «La maggior parte dei clienti, ragazzi, non è mai stata al cinema. Eppure un tempo Nablus era la capitale del cinema palestinese», precisa il direttore Bashir Mazen. «L’investimento è stato di due milioni di dollari - racconta Farouq Masri, figlio di uno dei proprietari - ma è un progetto unico». Che dire poi del nuovo centro benessere? Adagiato su una collina che domina la città l’Ajat club è una struttura dotata di ogni comfort, piscina all’aperto, palestra, sauna, massaggi. Un’altra iniziativa degli imprenditori locali. «L’investimento - spiega Omar Barham, azionista - è stato di 3,5 milioni di dollari. Ma la seconda fase è un hotel a cinque stelle, forse a fine 2010. Abbiamo già 1.500 iscritti al club, tra cui qualche occidentale».
Qualche volto straniero in giro si vede. Tra gli occidentali illustri è ritornato anche Tony Blair, il capo del Quartetto per il Medio Oriente. «Il cambiamento si vede nell’attività economica della città. E questo perché i palestinesi stanno provvedendo bene alla sicurezza. La verità è che Nablus sta cambiando. Due anni fa non sarei potuto venire», ha dichiarato l’ex premier britannico. Due anni fa era la calda estate del 2007. A Nablus la situazione era tesa. In giugno Hamas aveva annientato le forze di Fatah divenendo signore della Striscia. Alcuni membri di Fatah furono giustiziati. A Nablus era subito scattata la rappresaglia di Fatah. Padroni della città i miliziani delle brigate dei martiri di al-Aqsa davano la caccia agli esponenti di Hamas: 25 uffici del movimento islamico vennero incendiati, qualcuno perse la vita, molti furono arrestati. Oggi le milizie non esistono più. La maggior parte dei combattenti fa parte delle forze di sicurezza. Una manovra inquadrata nell’amnistia voluta da Abu Mazen e coordinata con Israele. L’operazione che ha riportato la sicurezza a Fatah Land.
Di Hamas non c’è più traccia. Eppure nelle elezioni amministrative del 2005, a Nablus su 15 consiglieri comunali Hamas ne aveva piazzati ben 13. Il sindaco aveva ottenuto il 73% dei voti. «Io non sono di Hamas- si difende il sindaco - sono stato eletto in una lista di coalizione in cui figurava anche Hamas. Certo Hamas non può più svolgere attività politica». Il decalogo allora ideato dagli avversari di Hamas resta in vigore: è vietato esporre bandiere, sono banditi raduni pubblici tv e radio. «Se dicessi che mi piace Hamas, il mio business sarebbe distrutto. Rischierei perfino l’arresto. Meglio stare zitti e godersi il buon momento», confessa un simpatizzante.