Varie, 6 agosto 2009
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Zandanel Nilo
• Cibiana di Cadore (Belluno) 8 novembre 1937. Ex saltatore con gli Sci • «Pagina 13 della guida Coni sulla squadra azzurra a Torino 2006. Sotto il titolo “Alfieri italiani ai Giochi Olimpici invernali”, c’è l’elenco dei diciannove portabandiera predecessori di Carolina Kostner. Relativamente all’edizione di Cortina 1956, come peraltro in qualsiasi altra analoga lista, viene riportato il nome di Tito Tolin (salto). L’asiaghese, allora ventenne, lanciandosi dal trampolino ampezzano, nell’unica gara olimpica che allora si disputava, si sarebbe classificato al 33˚ posto. Ma c’è un però. [...] a portare il tricolore, sarebbe stato sì un saltatore, ma non Benito Tolin detto Tito. “Non voglio far polemiche [...] nè mettere in cattiva luce Tolin [...] Ma, per rispetto della verità, voglio chiarire che l’alfiere azzurro a Cortina 1956 sono stato io. Mi scelsero perché ero giovane, avendo compiuto 18 anni tre mesi prima dell’inizio dei Giochi. E perché provenivo dalla zona olimpica”. Resta comunque difficile capire perché tutti gli elenchi ufficiali riportino da anni il nome di Tolin. “Credo che l’errore— sostiene Zandanel—sia stato ingenerato dal fatto che io a quell’edizione dei Giochi non presi parte [...] alla vigilia, in allenamento, caddi, mi infortunai e fui costretto a rinunciare. Così il mio nome nelle classifiche ufficiali non è mai comparso”. Diversamente da quanto sarebbe invece successo a Squaw Valley 1960, dove il bellunese si sarebbe piazzato 26° nel K90 e a Innsbruck 1964, dove sarebbe stato 25° nel K 90 e 37° nel K70. La stessa stagione [...] a Oberstdorf [...] volando per 144 metri, avrebbe centrato un record del mondo. “Camminai in testa alla delegazione— ricorda Zandanel riferendosi alla cerimonia di apertura dei Giochi di otto anni prima — fiero come non mai, lungo corso Italia e fino allo stadio, dove tenni in mano il tricolore lasciandolo solo nel momento della lettura del giuramento. Sono emozioni che non si dimenticano, che ti segnano per tutta la vita” [...]» (Andrea Buongiovanni, “La Gazzetta dello Sport” 10/2/2006).