lettera a Plus 24, Il Sole 24 Ore, 6/6/09, 5 agosto 2009
MAL DI BUDGET - LA CRISI « FINITA»? RICOMINCIAMO A FARE I VENDITORI
Sono un bancario con circa dieci anni di esperienza e molti sogni in meno. In questa grande crisi che ha colpito dapprima mercati e banche e adesso i portafogli di tutti noi ho stranamente riposto fiducia e speranza. Già, ho sperato che potesse servire a cambiare qualcosa nella spavalderia e irruenza di certi banchieri e dirigenti bancari. Quando ho accettato questo lavoro, che da neolaureato mi pareva un sogno aver raggiunto, credevo, forse da ingenuo, che ci fosse un reale spazio per dimostrare professionalità e capacità. Oggi mi trovo a dover ammettere che, per andare avanti e rispondere sempre presente agli innumerevoli budget, resistere al monitoraggio quotidiano e alle pressioni, incidendo non soltanto sul piano professionale ma anche personale, non devo essere diverso da un qualsiasi venditore. Con tutto il rispetto per questa categoria.
La banca retail in Italia, che all’interno di questa crisi si è vantata di essere la meglio attrezzata per affrontarla grazie allo spirito italico contrario alla speculazione stile Usa, ha al suo interno un pericolo più insidioso; nascosto all’interno dei dossier titoli di clienti che di elevato hanno soltanto l’età oppure l’incompetenza finanziaria. Prendendo per esempio il mio istituto, si sono collocati sino all’altro giorno soltanto polizze, certificati di investimento e qualunque altra invenzione finanziaria che avesse come unica caratteristica inderogabile quella di staccare una maxi-commissione di almeno il 10%, e subito. Molti dossier titoli di clienti che non dovrebbero contenere altro se non BoT a tre mesi, sono invasi da questi prodotti che, nella migliore delle ipotesi garantiscono la restituzione del capitale dopo sette-otto anni. Nella peggiore, invece, infliggono a tale capitale perdite da speculatori. E adesso si ricomincia, la crisi è finita, come mi hanno comunicato nell’ultimo incontro i "cervelli" del mio istituto.
La mia domanda allora è: cosa può fare oggi, un bancario che sta vivendo una profonda crisi di coscienza? Non vendere ciò che la banca obbliga a vendere? Ci ho pensato e non creda che abbia scartato questa ipotesi per mero interesse personale. I bonus di cui tanto si parla sono poca cosa, le assicuro che non mi interessano e la carriera per me può anche fermarsi qui. Il vero problema è la quotidianità, il mobbing che sarei destinato a subire in seguito a una decisione del genere nonché il totale svuotamento della mia professione con relativa influenza sul piano personale. Perché? Perché oggi un bancario non è un consulente ma un venditore: e si è mai visto un venditore che non vende? Tempo fa, per esempio, un cliente doveva allocare circa 300mila euro: non sono andato oltre 20mila euro di prodotti "della casa", il resto obbligazioni governative. Coscienza pulita, cliente soddisfatto e tranquillo, diretto superiore che non ha usato mezze parole per manifestarmi il suo disappunto.
Volevo chiudere con una battuta per sdrammatizzare, ma la situazione è grave e il malessere diffuso, non soltanto tra i clienti. E i sindacati nulla fanno contro queste politiche aziendali e per difendere i propri iscritti che si trovano tra l’incudine (i clienti) e il martello (la banca).
Ho pensato alla consulenza fee only come possibile soluzione: il mutuo e il mercato non ancora maturo mi suggeriscono di ponderare bene questa scelta.
Un bancario in crisi - (via e-mail)
- Se in banca, come risulta dalla sua testimonianza e da quelle di colleghi e clienti, vi sono ripetuti episodi di consulenza distorta al fine di massimizzare i ricavi di breve periodo, mi aspetto che l’autorità di controllo individui i fatti illeciti e sanzioni gli amministratori dell’istituto. Uno dei pregi (molto pochi, secondo alcuni) del recepimento della direttiva Mifid sta nella piena tracciabilità del processo di consulenza. Dopo un periodo di avvio nel quale ha spiegato agli intermediari le modalità di applicazione della nuova normativa, ora la Consob sta passando a una fase meno tollerante, in cui verificherà con apposite ispezioni presso le banche la correttezza del processo di consulenza. Non ho idea di come andrà a a finire; ma se, come dice lei, ci sono documentati episodi di malaconsulenza, oltre a un caso di coscienza si dovrebbe porre anche un problema di responsabilità. Prima ancora di pensare a cambiare il suo lavoro (proposito rispettabilissimo: conviene sempre avere un "piano B" nella vita!) non smetta di credere che il suo lavoro possa cambiare. In meglio. (M.Lie.) -