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 2009  agosto 05 Mercoledì calendario

LA RETTIFICA NON PLACA IL DOLORE DI SILVIO


Guarda caso, il Cavaliere ha rinviato la visita a Milanello (dove un esercito di telecamere era già là ad attenderlo). E vedi la combinazione, non c’è uno dell’entourage che ammetta di avergli parlato di Barbara e dell’intervista a «Vanity Fair» dove la figlia prediletta rimprovera papi che dovrebbe dare il buon esempio, invece da uomo anziano ha frequentato giovinette, e comunque mamma Veronica è sempre stata una santa (lei sì) tutta dedita alla famiglia. Se i silenzi sono la spia dell’imbarazzo, quelli del clan berlusconiano suonano come un’implorazione di pietà: basta, per favore, basta così...
L’avvocato Ghedini batte ogni record. Confida di aver sentito il Capo quattro o cinque volte nell’arco della giornata, però «mai neppure una parola» su Barbara che pure pone questioni legali attinenti al divorzio, tipo la divisione del vasto patrimonio in competizione coi figli di primo letto: «Non so nemmeno se il Presidente abbia letto quell’intervista». L’ha letta, eccome se l’ha letta. Da Palazzo Chigi gli hanno inviato diligentemente tutti i lanci di agenzia in una giornata avara di notizie e sono rimasti in attesa di istruzioni che, tuttavia, mai sono arrivate da Arcore perché il premier c’è rimasto profondamente male, le parole di Barbara così schierata dalla parte della madre gli hanno inflitto un dolore, comprensibile: chiunque nei suoi panni lo proverebbe.
La parziale rettifica della figlia all’ora di cena ha curato l’ustione come un unguento («Non si strumentalizzino le mie parole, ho stima di mio padre»), chissà quante telefonate e di che tono l’hanno preceduta. Però la ferita rimane. Se credeva grazie al trionfo del G8 di essersi messo per sempre alle spalle Noemi, Patrizia e «veline», ora Berlusconi sa che è presto per cantare vittoria. Il pericolo non è ancora scampato. E proprio la sua famiglia rimane fonte potenziale di cataclismi, anche politici. Fu o non fu Veronica, annunciando in maggio il divorzio, a innescare lo «sputtanamento» più clamoroso che presidente del Consiglio abbia mai dovuto subire? Tra i personaggi più eminenti del Pdl circola la seguente teoria, che merita di essere riportata: fino a quando Silvio non riporterà le lancette indietro di un anno, ai giorni felici in cui lui e Veronica si sussurravano «amore» (l’ha raccontato Maria Latella su «A»), il quadro politico non troverà pace.
E’ il punto cui siamo arrivati, in quest’Italia. Ma Berlusconi recalcitra, oscilla, un giorno vorrebbe raccogliere i segnali che la moglie gli manda, e l’altro no, «con quella mai più». Un amico milanese gli suggerisce la formula magica per metter pace tra i due clan familiari, una divisione salomonica del patrimonio che assegni metà a Piersilvio e Marina, l’altra metà ai figli di Veronica in modo che nessuno possa prevaricare. Però lui non ci pensa nemmeno a spartire i beni, gli sembra prematuro, troppo presto per fare testamento. Tantomeno vuole decidere che cosa farà da grande. Politico santo o peccatore? Lascia intendere che passerà un’estate di affetti a Villa La Certosa con Barbara (che è già là ad attenderlo) e i nipotini, salvo poi ribellarsi al destino di nonno, e rinchiudersi come un lupo ferito ad Arcore tra diete, massaggi alla cervicale e incontri politici, «single» irrequieto e annoiato. «Dagospia» gli rinfaccia beffardo «le mille balle blu», dall’estate a Coppito, alla villa che doveva comprare in Abruzzo, al vertice di governo che a L’Aquila mai più si è fatto. In realtà non sono bugie: semplicemente sbalzi di un umore ancora mutevole e capace di regalare qualunque sorpresa.