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 2009  agosto 04 Martedì calendario

SOPRAVVISSUTI"

& CO. UN’EPIDEMIA CHIAMATA REMAKE-

L’avvio è soft: qualcuno si ammala, qualcuno muore. I governi sottovalutano, le notizie non circolano. Ma non la malattia. Che ben presto esplode a livello planetario. E mentre ancora c’è chi discute su come avvertire la popolazione, si scopre che A) non c’è rimedio al contagio: si salva chi si salva; B) solo alcuni rivedranno, casualmente, l’alba del giorno dopo. Londra è deserta e spettrale. Auto abbandonate, gente riversa dentro e fuori casa. Piccole scaramucce mortali per una scatoletta di carne o un litro di benzina. Meglio rifugiarsi in campagna, dove sopravvivere uniti in piccoli nuclei alla maniera che fu. Sono i sopravvissuti, Survivors, miniserie britannica, passata al Roma Fiction Festival e a settembre su Raitre, remake di un celebre telefilm Bbc degli Anni 70, prodotto da Terry Nation (già creatore di Doctor Who) e composto da 38 episodi in onda tra 1975 e 1977. In Italia arrivò con un minimo ritardo, con il titolo tradotto, e fu programmata solo parzialmente. Il timore ricorrente di pandemie (che si chiamino Sars, aviaria o influenza suina poco importa: è un tema particolarmente sentito nelle isole britanniche come dimostrano film quali I figli degli uomini o 28 giorni dopo) ha reso tragicamente attuale la vecchia serie e giustificato il suo remake.
Un’epidemia, quella del remake, che dilaga in tv. Non sempre però sono così nobili come nel caso di Survivors le ragioni e i precedenti. Talvolta solo ragioni di mercato e marketing spingono su questa strada: un titolo famoso, un più facile approccio con il pubblico che già «conosce» e «sa»; una certa crisi ideativa; la paura di mancare l’obiettivo audience in momenti in cui anche i grandi network Usa tendono al risparmio e quindi alla reiterazione delle serie di successo in corso o del passato. Un «a volte ritornano» che nelle ultime stagioni si è fatto più pressante. Di 90210, remake-sequel di Beverly Hills 90210 si è già molto detto e sollevato più di un dubbio: ben accolto negli Usa dove è stata subito pianificata la seconda stagione e avviato un Melrose Place 2.0, in Italia su Raidue è stato cassato alla chetichella dopo poche settimane per scarsi ascolti, che ne sarà si vedrà.
Intanto altri remake bussano: il primo ad arrivare sarà Knight Rider (Su Steel-Sci Fi dal 28/8 in prima serata), anche qui remake-sequel di Supercar, la serie che negli Anni 80 rece celebre David Hasselhoff pre-Baywatch: un’automobile senziente (Ford Mustang Shelby GT500KR: il canto del cigno per la casa di Detroit), meraviglia delle nanotecnologie e arma totale, e il suo «autista» nonché la figlia del progettista. Ma nella nuova versione uomo e auto non sono una cosa sola, bensì due entità ben distinte in cui è l’auto il cervello, nell’originale dotata della sensuosa voce di Val Kilmer. Con Hasselhoff che appare in un cameo in quanto padre del nuovo Knight Rider. Molto atteso, per qualità degli interpreti e rischio di toppate, è l’altro cult britannico, The Prisoner: n. 6, il prigioniero del titolo, con l’onesta faccia di Jim Caviezel (il Gesù di Mel Gibson) e n. 2, il sinistro capo del Villaggio in cui si trova kafkianamente recluso 6, con quella gloriosamente ambigua di Ian McKellen (il Gandalf del Signore degli Anelli). Ancora sul versante fantascienza V-Visitors, altro hit Anni 80, con gli extraterrestri che si celavano dietro amschere umane, previsto per il 2010 su Abc.
Alla ricerca di sicurezze qualche volta la tv si rivolge anche al cinema. Sta funzionando alla grande (quarta stagione negli Usa, in sordina su Joi) Friday Night Lights sul rude mondo del football nella provincia Usa, una dei migliori teen series degli ultimi anni. Solo nella stagione che verrà negli Usa si attendono Eastwick, dal celebre film sulle streghe con Jack Nicholson diavolone preso in mezzo da quelle assatanate di Susan Sarandon, Michelle Pfeiffer e Cher. In Tv la bellezza sfolgorante di Rebecca Romijn (Ugly Betty, Femme Fatale) fa ben sperare, mentre il resto del cast non è altrettanto noto. Divi a Go-gò (Maura Tierney, Bonnie Bedelia, Craig T. Nelson) invece, in Parenthood, dal film di Ron Howard. Il timore è che, più che il film, ricordi troppo Brothers & Sisters, il cui successo potrebbe indurre a certe debolezze. Per non sbagliare tra i protagonisti, uno specializzato in cose di famiglia complicate come Peter Crause. Sì, a volte ritornano.