Marco Zatterin, La stampa 4/8/2009, 4 agosto 2009
ITALIA: POCO LAVORO, MOLTE FERIE
Qualcuno sarà sorpreso. I romeni sono gli europei che lavorano di più, i francesi quelli con l’orario più corto. I tedeschi appaiono l’ombra della macchina produttiva che tutti s’immaginano e, se rispettano i contratti, se ne stanno al chiodo meno ore degli italiani e alla fine fanno più vacanze. Noi ci confermiamo i soliti figli del Bel Paese, battiamo la Germania ma non tradiamo lo stereotipo che ci vuole protagonisti meno della media e con scarsi rivali quando si tratta di andare in ferie. Ciò non toglie che ogni sera rientriamo a casa dopo aver concesso all’azienda più di quanto prescritto dagli accordi e dai contratti sindacali.
Mentre la crisi economica traccia un inquietante punto interrogativo sulle prospettive occupazionali nell’Ue, la Fondazione europea per il miglioramenti delle condizioni di vita e del lavoro (Eurofound) mette in fila una serie di numeri che delinea un profilo piuttosto omogeneo e confortante dei Ventisette, almeno per quando si tratta di sbarcare il lunario. L’integrazione coordinata da Bruxelles ha dato i suoi frutti: i comportamenti tendono ad armonizzarsi e le differenze quando si passa il confine si assottigliano. Si afferma un modo europeo di lavorare. Anche se con tutte le puntualizzazioni del caso.
Eurofound stima che in base ai contratti settoriali, dunque facendo la media di tutte le normative nazionali, gli europei sono tenuti a lavorare 38,6 ore alla settimana. Se si escludono i Paesi dell’Est, quasi tutti con un livello di riferimento indicato a 40 ore, i sistemi sono grosso modo in linea, con l’Italia a 38 ore, soglia più elevata rispetto alla Germania e naturalmente alla Francia che sulla carta avanza con le 35, almeno sinché dura e Sarkozy non riscrive tutte le istruzioni per l’uso di travet e operai transalpini. Sempre nella media, ciò implica che nella teoria contrattuale gli europei devono essere impegnati 2008 ore l’anno.
In realtà se ne stanno parecchio di più lontani dalla famiglia. In 17 Paesi dell’Unione chi ha un lavoro a tempo pieno vive una settimana lavorativa che supera nettamente quanto previsto dalle intese sindacali. I romeni, attivi per 41,8 ore sui 7 giorni, in un anno finiscono per lavorarne cento più di quanto dovrebbero. I tedeschi sono a 41,2 ore effettive d’impegno, gli italiani al ventiduesimo posto con 39,5 ore. Ultimi i belgi e i francesi, rispettivamente con 38,6 e 38,4 ore. Il dato che si ricava è interessante: gli italiani, come i francesi, hanno un’attività che supera del 10% quanto previsto dalla base contrattuale. «E’ il segnale di una scorretta distribuzione degli incarichi - spiega un funzionario Ue - almeno una parte del surplus potrebbe essere distribuito sul mercato del lavoro».
I piccoli scarti diventano pesanti col passare del tempo. Le cifre illustrano il ritardo del sistema sociale dell’Est dove gli orari sono ancora lunghi rispetto al resto dell’Ue. La conferma viene dall’analisi delle ferie, capitolo in cui le classifiche sono rovesciate. In testa gli svedesi (33 giorni contrattuali di riposo annui), i danesi (30), i tedeschi (30) e gli italiani (28). In coda l’Estonia (20), Cipro (20) e la Romania (21), regina del testacoda statistico, molto lavoro e poca villeggiatura.
Anche qui però, la realtà aziendale muta nei fatti. Se si frulla tutto insieme, si prende il totale delle ore lavorative contrattuali (senza gli straordinari) e si detraggono le festività nazionali, la graduatoria assume un’altra fisionomia. Quella definitiva, ai fini pratici. I romeni si confermano star dell’impiego con 1856 ore annue, segue il grosso dei paesi dell’Est. Sotto quota 1700 troviamo portoghesi e britannici, poi italiani e tedeschi che perdono posti nell’hit parade dell’impegno per colpa delle ferie abbondanti. Gli azzurri battono la Germania 1679 a 1650. Un bel match, al solito, sotto la media Ue di quasi due ore al giorno.