Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  agosto 04 Martedì calendario

VIETATI I SONDAGGI SUL RE


C’era un tempo in cui i re per accertare cosa il popolo pensasse di loro erano costretti a indossare zimarre plebee, a infrottarsi pericolosamente nelle bettole e nei mercati. Oggi, per i pochi che restano, sembra tutto più comodo: c’è il sondaggio. Che in Occidente, in fondo, è diventato sovrano anche lui, sovrastando gli altri Poteri. Ma non è così in tutto il mondo.
I giornalisti del più importante settimanale marocchino «Telquel» hanno imparato a loro spese che in un paese dove il re non regna e governa bisogna esser molto cauti a utilizzare questi pericolosi strumenti di verifica del consenso.
Si erano chiesti cosa inventare per il numero dedicato ai dieci anni di regno di Maometto sesto: occasione ghiotta, vietato essere banali. Visto che il sovrano accudisce con metodo alla sua immagine di riformatore dinamico e modernista, una specie di Sarkozy con i discendenti che risalgono, su su, fino al Profeta, perché non lanciare un sondaggio sul re e il suo bilancio politico? Il primo della storia del Marocco. Rischi? Ragionevoli: il re non si è prestato a una seduta di foto in famiglia per un settimanale? Non è in fondo un indaffarato epicureo che ama il jet set e le piste da sci di Courchevel? Si proceda dunque. Si sono astutamente associati a Le Monde, pregevole copertura internazionale, e hanno sguinzagliato i sondaggisti del LMS-CSA, sezione magrebina dell’apprezzato istituto di ricerca francese. Il numero è venuto benissimo: prima pagina scintillante con il sovrano che saluta la folla in un’elegante grisaglia occidentale (e non con il barracano e il fez della tradizione che lo ingrossano), all’interno un sollucchero di dati e diagrammi. Perché i marocchini hanno risposto giudiziosamente alle domande: il 91 per cento ha un giudizio molto positivo o positivo del decennio di regno; il 69 per cento trova che sia un bene per il regno che Maometto sesto sia anche il primo operatore economico privato; il 37 per cento pensa che la situazione economica è migliorata altrettanti che è rimasta eguale e solo il 24 che è peggiorata. Solo sul nuovo codice di famiglia, tra l’altro la più bella riforma dell’era nuova, che assicura finalmente la eguaglianza tra i coniugi, la maggioranza (49 per cento) non è d’accordo. Rimbrotta il re perché concede troppo alla donna. Il che, a ben vedere, è in fondo un gran complimento. Insomma un plebiscito: e il direttore già pitoccava un invito a Palazzo.
Invece. Il ministro degli Interni Chakib Benmoussa ha dato subito l’altolà, ordinando che il settimanale nella versione francese e in quella in lingua araba fosse sequestrato direttamente nella tipografia e meticolosamente distrutto. Perché «la monarchia non può essere discussa nemmeno attraverso il metodo di un sondaggio». L’austriaco Metternich e il sabaudo Solaro della Margherita non avrebbero potuto dire meglio. Resta un dubbio virtuoso: proprio l’innocuo sondaggio decapitato in tipografia non finirà per far comprendere ai plaudenti e inchinevoli sudditi la scomoda verità? Che il re modernizzatore resta un personaggio segreto complesso e sconosciuto, che ha voltato la pagina dei gulag nel deserto più per cancellare la irritante ombra del padre che per esigenza di giustizia, che il paese fa passi avanti ma nei limiti di un procelloso dispotismo che si auto proclama illuminato e tollera solo gli «evet effendi», i «sissignore».