Francesco Grignetti, La stampa 4/8/2009, 4 agosto 2009
L’ENFANT PRODIGE CHE SI TRASFORMO’ IN KILLER SPIETATO
Per lui, parlano i processi. «Il mio certificato penale - disse una volta Giusva Fioravanti - è composto da 27 pagine, mezza pagina riguarda Bologna. Io non nego nulla delle 26 pagine e mezzo. Ma quella mezza pagina non mi appartiene, né a me né a Francesca».
E qui c’è tutta la parabola di un enfant prodige che da bambino, nel 1968, era un divo dello spettacolo e dieci anni dopo era il più sanguinario dei terroristi neri.
Giuseppe Valerio Fioravanti, detto Giusva, era stato il piccolo protagonista della serie tv «La famiglia Benvenuti». Tanti buoni sentimenti al tempo dei monitor in bianco & nero. Sembra spalancata per lui una carriera nel cinema. Ma la sua vita stava cambiando: liceo privato a Monteverde, militanza politica sempre più accentuata nel Fuan, amicizie pericolose con giovani estremisti quali Franco Anselmi, Massimo Carminati e Alessandro Alibrandi, rapporto conflittuale con suo fratello maggiore Cristiano. Così partecipa a scazzottate, risse, spedizioni punitive. E nel giro di qualche mese, ecco una radicale trasformazione che lui stesso non ha saputo spiegare se non come frutto di una escalation pazza e irrazionale: il 28 febbraio 1978, in una piazza di Cinecittà, uccide il ventiquattrenne Roberto Scialabba, militante comunista, finendolo con un colpo alla nuca. L’omicidio di Scialabba, scelto a caso, vuole essere la risposta dei neri all’omicidio di due militanti del Fuan in via Acca Larentia, al Tuscolano, seguito dall’uccisione di un terzo militante negli scontri con la polizia.
A questo punto i Nar hanno avuto il loro battesimo del sangue. Ispirati allo spontaneismo di destra, il che significa un caos di violenze incontrollate ma anche molta confusione nell’attribuire le responsabilità, i Nuclei armati rivoluzionari guardano quasi con invidia al diffuso terrorismo di estrema sinistra.
I giovani neofascisti «sentono» di dover rispondere colpo su colpo all’offensiva dell’antifascismo militante e dello Stato. Si apre così una spirale perversa che insanguina le vie di Roma. Si conta l’assalto a mano armata a Radio Città Futura; una bomba contro il Circolo culturale femminista nel quartiere Prati; l’assalto alla sezione comunista dell’Esquilino dove si stanno tenendo due assemblee e sono presenti più di cinquanta persone. Si contano 25 feriti.
Nel tentativo di uccidere l’avvocato Giorgio Arcangeli, ritenuto responsabile della cattura di Pierluigi Concutelli, leader carismatico dell’eversione neofascista, Fioravanti sbaglia persona e ammazza un inconsapevole geometra di 24 anni, Antonio Leandri. Qualche mese dopo i Nar uccidono il poliziotto Maurizio Arnesano, 19 anni, per rubargli il mitra. I terroristi hanno sempre più bisogno di armi. Il 30 marzo assaltano il distretto militare di Padova, un sergente viene ferito e vengono rubati mitragliatori, fucili, pistole e proiettili. La Mambro firma la rapina con la sigla BR per depistare le indagini.
A giugno, Fioravanti, Mambro e Cavallini uccidono il sostituto procuratore Mario Amato che conduce l’inchiesta sui movimenti eversivi di destra. E’ subentrato al giudice Vittorio Occorsio, ucciso anche lui da terroristi neri.
Ad agosto c’è la strage a Bologna. Fioravanti e Mambro negano ogni responsabilità, ma c’è una sentenza passata in giudicato che li ritiene colpevoli. Un mese dopo, a Palermo, Mambro e Fioravanti con i complici Soderini, Vale e Cristiano Fioravanti, uccidono Francesco Mangiameli, dirigente del gruppo estremista Terza Posizione.
Sono braccati. Durante un controllo di routine, uccidono due carabinieri, Enea Codotto e Luigi Maronese. Fioravanti ha fatto finta di arrendersi, poi ha gridato alla Mambro, nascosta dietro un’auto: «Spara!». Fioravanti viene però ferito durante il conflitto a fuoco. Lo abbandonano in un covo e la notte stessa viene arrestato. La sua carriera di leader terrorista è finita.